«Da bambino mi venne detto che un uomo non piange.
Presi la lezione alla lettera e feci del mio meglio per rispettarla.» G.
Propongo questo articolo per un argomento che mi sta particolarmente a cuore, ovvero la difficoltà di coniugare sensibilità e “maschile” in una cultura in cui questo collegamento è spesso frainteso e misconosciuto. Ancora oggi risulta difficile essere ipersensibile in una cultura in cui l’uomo non può mostrare le proprie fragilità, non può emozionarsi in modo esplicito, non può essere cedevole o timoroso, in cui sentiamo ancora frasi denigratorie e ridanciane sulla confusione tra sensibilità e identità sessuale, in cui la virilità sembra esserne l’antitesi e si ritiene esclusivamente femminile tutto ciò che è delicato ed emotivo.
Queste considerazioni ci permettono di riflettere su quale modello di “maschile” vogliamo trasmettere ai nostri bambini, e quanto davvero riusciamo a lasciarli liberi di essere come sono, indipendentemente dai banali clichè.
I dati di ricerca a tal proposito parlano chiaro: «l’elevata sensibilità è presente nel 15-20% dei bambini, nella medesima proporzione in maschi e femmine» (E. Aron).
Ma, a parità di proporzione in potenzialità, l’influenza dell’ambiente genitoriale e culturale sul vissuto infantile sembra essere più forte tra gli individui altamente sensibili e, soprattutto, per quanto riguarda la parte maschile. Coloro che sono più sensibili al proprio ambiente saranno ovviamente più reattivi anche alle influenze negative; l’impatto più forte negli uomini assume un senso se consideriamo il contesto culturale relativo a un’educazione del maschile che sembra disincentivare ulteriormente la loro sensibilità. Molte volte gli uomini non immaginano di poter essere ipersensibili. Molti di loro hanno sepolto bene in profondità i tratti di alta sensibilità che li distinguevano, si trovano intrappolati in un dilemma tra “virilità” e sensibilità, e sono ancora più in balia di aspettative contraddittorie.
«E a volte l’adulto ipersensibile combatte nel bambino che condivide la stessa natura quegli aspetti di sè che non riesce ad accettare, e cerca di convincerlo ad abbandonarli. Lo può fare attraverso tattiche molto sottili, di cui lui stesso può non rendersi conto: cambiando inspiegabilmente umore o tono di voce, sottraendosi al contatto… e comportandosi così trasmette al bambino il rifiuto di se stesso» (R. Sellin).
Questo appare ancora più verosimile nel rapporto tra padri e figli maschi: la dottoressa Aron afferma come, in molti casi, i padri tendono ad avere sentimenti confusi, intensi e contrastanti rispetto alla propria sensibilità e, quindi, anche rispetto a quella dei propri figli.
Il primo bisogno dei bambini altamente sensibili è che la loro elevata sensibilità venga compresa e accettata dal proprio ambiente familiare e culturale, a discapito di una educazione alla «mascolinità», che sembra fraintenderla e disincentivarla costantemente. I colori “da maschio” e quelli “da femmina”, gli sport, i tipi di hobby, i gusti rispetto ai giochi, alla competizione, alla compagnia, alle attività. Tutto sembra seguire il bivio “da femmina / da maschio”: a causa di ciò, i bambini con una grande sensibilità spesso vengono fraintesi e presi in giro, incentivati a fare attività e sport “più da maschio”, ad essere più forti e competitivi, come una palestra di ruolo sociale. Ovviamente questo vale anche al contrario, e spesso le bambine che si trovano a preferire attività più “mascoline” fanno fatica ad esprimere la loro parte di forza e di competitività.
Se le sue senzazioni vengono considerate “eccessive / sbagliate”, il bambino ipersensibile corre il rischio di disconnettersi completamente da ciò che sente. Percependo invece con estrema precisione ogni reazione o malessere di chi lo circonda, per garantirsi il suo amore e il senso di sicurezza e appartenenza, sceglie di disconnettersi dalle sensazioni del corpo e della pancia. E, nel caso dei maschi, disconnettersi significa, soprattutto, estraniarsi dalla propria identità. Il bambino cercherà di identificarsi con il ruolo che sembra più adeguato alla maggioranza, rinunciando ad esprimere la propria sensibilità per paura di essere costantemente frainteso; invece, la sensibilità maschile è qualcosa di straordinario, è la sfumatura in grado di sviluppare nell’uomo una particolare profondità e una grande intelligenza emotiva, una spiccata capacità di osservazione, introspezione ed empatia, nonché una straordinaria delicatezza.
Dott.ssa Elena Lupo, Psicologa e Psicoterapeuta ad indirizzo Biosistemico, esercita l’attività clinica a Bologna. Curatrice del blog personealtamentesensibili.it, dal 2016 è la prima esperta italiana di Ipersensibilità nella lista internazionale di HSP Comfort Zone come: “Licensed Therapist HSP-knowledgeable”. Autrice del libro “Il tesoro dei bambini sensibili “.
Andrea Botteon
Peccato che mi avete lasciato scrivere un commento.
Continuerò a leggervi ugualmente.
Grazie.
Andrea