I risultati di una indagine nei reparti di ginecologia degli ospedali e delle cliniche italiane, pubblicati sull’ultimo numero della rivista ‘Acta Anaesthesiologica Italica’, descrivono gli ospedali italiani come estremamente carenti sulle metodiche di umanizzazione del parto.
In poco più della metà degli ospedali italiani (57%) esiste un servizio di parto analgesia, con prevalenza assoluta della tecnica peridurale nel 76% dei casi, seguita dal parto dolce o in acqua (44%).
I dati dello studio confermano che l’analgesia epidurale in travaglio da parto e’ offerta 24 ore su 24 a costo zero solo nel 16% delle strutture. Nel 27% degli ospedali le tecniche analgesiche sono applicate saltuariamente e con limiti organizzativi. Per il resto nessun tipo di parto senza dolore viene garantito alle donne che accedono ai reparti di ostetricia. Inoltre e’ emersa una certa differenza tra quanto avviene al Nord e il Centro-Sud, dove la percentuale dei punti nascita con servizio di analgesia epidurale 24 ore su 24 e’ molto inferiore.
Gli autori dello studio, la dottoressa Adriana Paolicchi e il dottor Alessandro Bardini dell’azienda ospedaliera Universitaria di Pisa, hanno individuato in base ai risultati del questionario inviato a tutti i punti nascita italiani, fattori socio-culturali e strutturali (limitate dimensioni delle unita’ ostetriche). “Siamo ancora lontani da una vera umanizzazione del parto e dalla liberta’ di scelta consapevole. A fronte di questo vuoto nell’offerta del sistema sanitario nazionale, che ha ricevuto il colpo di grazia dalla cancellazione da parte del governo dei nuovi LEA (livelli essenziali dell’assistenza sanitaria), si conferma per il nostro Paese il primato di parti chirurgici in Europa (nell’indagine si evidenzia che un quarto delle ostetricie italiane prese in esame effettua oltre il 40% di parti cesarei sul totale dei parti espletati)”. Va presa in seria considerazione la necessità di disporre in più ospedali possibili di un servizio di parto analgesia (epidurale o parto dolce e in acqua) per ridurre il ricorso al taglio cesareo, di cui deteniamo il triste primato in Europa. Secondo un rapporto Istat le donne non scelgono preferenzialmente un taglio cesareo per partorire e l’87% di esse preferirebbe dare alla luce il proprio bambino con un parto spontaneo.
Per scaricare l’indagine in originale (formato .pdf)
ornella nicolosi
Non mi meraviglio, e Pisa non esula, anche se usa l”anestesia peridurale. Vorrei precisare che usando la suddetta anestesia si deve parlare di parto medicalizzato.
Mi è stato insegnato, e mi sono personalmente formata su questo argomento,che per partorire viene usata una parte del cervello molto arcaica e che “esclude” l”uso della corteccia cerebrale,quindi viene esclusa il più possibile la razionalità. Tutto quello che richiama la donna verso il razionale,la preoccupazione e la tensione è da sconsigliare perchè può bloccare o rallentare il travaglio e/o il parto;si dovrebbe favorire l”oscurità, il silenzio,le sole visite necessarie,compresi i monitoraggi; sono da sconsigliare tutte quelle posizioni che impediscono al corpo di aprirsi per favorire il percorso del neonato fra le quali si comprende il decubito supino durante il periodo espulsivo che non favorisce certo la nascita del bambino ma la rallenta causando spesso complicazioni per la compressione che il feto esercita sui grossi vasi addominali.Non parliamo poi dell”episiotomia che non serve se non in particolari casi e,che è comprovato che non ha significato nel momento che si vede già la testa del nascituro.Non parliamo poi della sfiducia che tutto questo causa nelle donne e che,unita all”ignoranza che esiste sull”allattamento,provoca la cessazione del suddetto nei primi mesi di vita.Secondo me le donne possono e devono informarsi su questi argomenti per poter rovesciare questa situazione di “ignoranza”(proprio nel senso di mancanza di conoscenza)incresciosa.