Detta anche mielomeningocele, la spina bifida è una malformazione del sistema nervoso centrale, che in Italia colpisce circa un neonato su 1500. Alla base di questa malformazione c’è un’imperfetta saldatura del midollo spinale nel feto durante le prime settimane dal concepimento. In particolare la spina bifida è dovuta a una mancata chiusura della cute e degli archi posteriori delle vertebre, con una conseguente esposizione all’esterno del tessuto nervoso spinale e delle meningi: nel nascituro questo provocherà paralisi degli arti inferiori, incontinenza della vescica, ritardo psicomotorio e deformità scheletriche. Attualmente non esiste alcuna cura.
Le cause della spina bifida possono essere di natura sia materno-ambientale, sia genetica. Al momento, l’unico gene noto come responsabile di questa malformazione si chiama VANGL1 e contiene le informazioni per una proteina fondamentale per lo sviluppo del sistema nervoso durante la vita embrionale: quando è difettoso, il tubo neurale non assume infatti la forma corretta.
Analizzando una popolazione di 773 individui italiani e americani affetti da difetti del tubo neurale, Capra e collaboratori hanno individuato dieci nuove mutazioni in questo gene, metà delle quali localizzate in zone della proteina VANGL1 importanti dal punto di vista funzionale. Prossimo passo sarà capire nel modello animale – il pesce zebra in questo caso – il ruolo di queste mutazioni nell’insorgenza della spina bifida.
Nel frattempo le informazioni emerse da questo studio potranno dare un contributo importante alla diagnosi della patologia. Al momento, infatti, lo screening diagnostico per la spina bifida viene effettuato mediante amniocentesi o ecografia prenatale. L’intenzione dei ricercatori è di offrire in futuro alle persone malate e ai loro familiari anche un test di screening di tipo genetico, che individui eventuali mutazioni nel gene VANGL1.
Fonte: Molecular Lab