Titolava il New York Times: «Per alcuni genitori gli strilli sono la nuova sculacciata», sottolineando l’esistenza di numerosi studi sugli effetti delle sculacciate e, al contrario,pochissime ricerche sulle conseguenze delle urla di mamma e papà.
Il più recente, pubblicato sul Journal of Marriage and Family , risale all’ormai 2003. Su 991 genitori intervistati, l’88 per cento ammetteva di aver strillato almeno una volta nell’anno precedente.
Succede anche in Italia ma non tutti i genitori sono disposti ad ammetterlo. «A volte basta una sciocchezza per farmi alzare la voce — dice Monica Fraschetti, architetto, tre figli di cui due gemelli di 10 anni e una bimba di 9 —. Poi me ne pento subito perché so che non serve a nulla. E infatti resisto perlopiù, resisto anche a lungo, cerco di mantenere la calma. Ma di fronte all’ennesima lite su chi deve fare per primo la doccia, sbotto». È la trattativa continua che snerva, secondo Monica, «quel contrattare su tutto. Una gran fatica».
Del resto, concorda Diana Floro Flores, avvocato, una figlia adolescente, «fare i genitori oggi non è semplice come una volta, per noi che stiamo dietro a tutto, che vogliamo controllare tutto, che cerchiamo sempre il meglio per i figli. È un lavoro, che produce così tanto stress da farci sbottare. Dopo le urla mi assale sempre il senso di colpa».
Ci vogliono regole, e l’autorevolezza per farle rispettare, dice sicura la psicoterapeuta della famiglia Monica Micheli: «Io ho l’impressione che il genitore oggi non si senta autorizzato a usare le regole. Non crede che le regole aiutino, meglio parlare, spiegare. Invece le regole sostengono noi e i nostri figli, senza regole i ragazzi non sanno come comportarsi e i genitori, abituati a trattare su tutto, sono sovraffaticati».
«Quando si tratta di cose importanti non urlo mai, mi basta uno sguardo — dice Maurizio Pulcuni, consulente aziendale, padre di due bambini di 8 e 10 anni —. Ma ammetto che qualche volta sono stanco la sera e urlo su cose banali, tipo: ‘Ora si va a letto’».
Afferma Monya Ferritti, presidente dell’associazione «Genitori che»: «Il punto focale è che non riusciamo a sopportare le frustrazioni e vorremmo evitarle ai figli. Non solo, li vogliamo bravi, perfetti, se sanno disegnare li iscriviamo subito a un corso. Vorremmo che i ragazzi ci ascoltassero, che obbedissero, ma dobbiamo ascoltarli noi, non aspettarci che facciano sempre le scelte giuste».
Allora come evitare di trasformarsi in “urlatori”? «Perdere il controllo è sempre sbagliato — risponde la psicologa Maria Rita Parsi —. Tutti i sistemi per evitarlo vanno bene, aspettare, contare fino a cinque, andare in un’altra stanza. Io consiglio l’ironia. Sdrammatizzate: ‘In questo momento mamma farebbe macelleria, farebbe volare teste e spaccherebbe sedie’. Allora il figlio pensa: ‘Questo sì che è un genitore capace, che mi sa governare, che mi sostiene».
Fonte: Corriere.it