Secondo l’associazione degli avvocati matrimonialisti, ogni anno in Italia 160.000 coppie si separano, 100.000 divorziano e 20.000 coppie di fatto decidono di incamminarsi ognuno per la propria strada. Sono stati coinvolti nel 2009 nelle separazioni 66.406 minorenni, e 25.495 minorenni nei divorzi.
I coinvolti, negli ultimi 10 anni, sono 1 milione e 400.000 figli, pari al numero di tutti gli abitanti della città di Milano.
Queste proporzioni e numeri biblici assumono un aspetto vagamente apocalittico, se si tiene conto di qualche semplicissima verità che più nessuno osa pronunciare con chiarezza. Soprattutto da quando la cultura dominante tra i cosiddetti psicologi della famiglia e della coppia o i mediatori familiari, sostiene una «vulgata» presentata come un dogma: se una famiglia attraversa un momento di crisi, è meglio che ognuno vada in modo presunto indolore per conto proprio, piuttosto che mettere i figli di fronte a tensioni conflittuali e litigi.
Purtroppo le cose non stanno esattamente così e questo pensiero unico del politicamente corretto che sacrifica l’unità, un tempo sacrale, della famiglia, sull’altare della presunta ricerca della felicità personale, nasconde alcuni fatti semplicissimi.
Il primo è che non ho mai conosciuto un solo bambino che non abbia vissuto la separazione dei propri genitori come un vero e proprio dramma, e in qualche caso come un’autentica tragedia. Così come non mi è mai capitato di incontrare un adolescente in crisi, anche dopo la sofferenza della dissoluzione famigliare, che non sognasse più o meno segretamente o dichiaratamente il ritorno insieme dei propri genitori.
Le cosiddette famiglie di tipo nuovo, «multistrato o ricomposte» con figli del papà, della mamma, della nuova compagna del papà e del nuovo compagno della mamma, con tanti nonni e zii annessi, magari non lasciano i bambini soli. Ma confusi sì, con questa turba di adulti che scarica su dei piccoli totem aspettative e doni risarcitori. Ma per ricchi o poveri il quadro non è idilliaco come spesso lo descrivono i film della nouvelle vague italiana, ma rischia di diventare cupa come certi bianco e nero scandinavi stile Ingmar Bergman.
Ce lo ricordano ogni giorno i dati sempre più critici sulla salute mentale dei ragazzi e delle ragazze. Sia che si tratti di disturbi alimentari o tentativi di suicidio, di consumo di alcol e sostanze stupefacenti o di depressioni, di bullismi o di paure, è molto difficile non cogliere il nesso tra questi numeri in costante crescita e la crisi delle famiglie di provenienza.
Vero è che la vecchia famiglia, indissolubile per legge, era un luogo dove spesso abitavano falsità, ipocrisia e repressione. Ma un mondo in cui i genitori, eterni adolescenti, condividono inquietudini sentimentali e travagli eterno adolescenziali con i loro figli, non è certamente il migliore dei mondi possibili.
In un bel racconto citato dal Cardinale Spidlik in una catechesi, una piccola bambina tedesca di qualche decennio fa viene interrogata sul mistero della Santissima Trinità. Il Padre è Dio, Gesù Cristo è Dio, lo Spirito Santo è Dio. Sono tre in uno. «Com’è possibile?», rispose la bambina in un lampo di candore. «Forse Dio sarà il nome della famiglia».
Peccato che oggi questa famiglia, che poteva legittimamente evocare il mistero tra i misteri, sia stata sostituita progressivamente da un’entità labile e capricciosa come la coppia. Un «non luogo» dove due individui pretenderebbero che gli stessi meccanismi psicologici che li hanno fatti incontrare, li mantenessero euforicamente insieme nel trascorrere del tempo. Ma se quel desiderio, passione e curiosità, non evolve in intimità e tenerezza, e poi in un grande progetto comune, che include l’accoglienza della vita e l’educazione dei figli, e poi persino in un grande sogno di crescere e invecchiare insieme guardando oltre la vita, non c’è speranza. Per entrambi, ma soprattutto per i figli.
C’è una galassia danzante di monadi individuali e di solitudine che si spengono in un attimo come scintille di fuoco nell’acqua fredda. L’esatto contrario di quella tensione naturale che l’amore, anche il più giovanile e ingenuo, ha verso l’infinito e l’eterno intramontabile.
Quella voce del cuore che sente ragioni che la mente non capisce e che gli uomini e le donne sembrano non sapere ascoltare più, con quella immensa città di Milano di un milione e mezzo di bambini che forse rimpiangono persino le asprezze rassicuranti del mondo dei loro nonni.
Fonte: Il Giornale.it
Francesca
Sono orfana di mamma da quando avevo 12 anni e mia sorella ne aveva 7. Sono passati esattamente 30 anni da quando mia madre è morta e nel frattempo ho avuto modo di elaborare una mia teoria basata solo sull”osservazione e sui sentimenti, non certo su pratica e statistiche. Si tratta di una mia idea che coincide quasi totalmente con quanto è stato scritto in questo articolo. I figli vogliono che i genitori stiano insieme e insieme a loro, sempre. Mia madre è morta e quindi nessuno me la potrà riportare per formare di nuovo la mia famiglia.
Osservando e ascoltando quanto dicevano i figli di genitori separati mi sono resa conto che comunque il loro pensiero ed i loro comportamenti erano sempre rivolti alla ricerca della possibilità di far tornare insieme i propri genitori. Essendo figlia il mio pensiero, irrealizzabile, era sempre stato quello di poter riavere mia madre per poter avere di nuovo la mia famiglia. I figli di genitori vivi invece hanno la possibilità di veder ritornare insieme i loro genitori proprio perché sono vivi. Da poco ho avuto una bambina e so cosa significa adesso stare anche dall”altra parte e sono convinta che, pur di non lasciare mia figlia in balìa di separazioni, butterei giù anche i bocconi più amari. Il problema è che, come si sostiene nell”articolo, le coppie non sono più disposte a rinunciare al proprio egoismo, nascondendosi dietro all”ipocrisia di scelte fatte in nome della felicità dei figli oltre che della propria felicità personale ed individuale. Non c”è la coscienza di unione di intenti e di destini al di là di ogni difficoltà pur di portare avanti la propria famiglia ma anzi, in nome della presunta felicità dei molti si immola e si demolisce la felicità dei figli… Sono convinta che essere genitori sia molto difficile e sono consapevole che i figli sono persone uniche e diverse da noi ma che dalla “sanità” e dalla salute della propria famiglia prenderanno spunto per essere adulti consapevoli, indipendenti e amati.
Sono sicura che l”amore dei figli e della loro crescita armoniosa e felice nelle scelte di separazione non sia in nessuna maniera la vera e imprescindibile priorità.
Mimì
provengo da una famiglia dove, fin dai miei primi ricordi, non si sono viste altro che urla, litigi, botte e pettegolezzi spesso falsi non appena l”altro chiudeva la porta. queste persone non si sono mai separate sia per convenienza economica sia perchè abitando in un paese piccolo sarebbe stato uno scandalo, ma ancora oggi entrambi sperano che l”altro muoia per potersi dare alla bella vita. ora passo la maggior parte del tempo fuori da quella casa e torno solo a dormire perchè non posso permettermi altro ma la mia infanzia è stata distrutta da un ambiente del genere e soprattutto da un”educazione fatta di odio e di uso dell”altro come un oggetto. mi chiedo per quale ragione simili parentele non possano essere sciolte come si fa per i matrimoni sbagliati, che almeno avvengono per una libera scelta di due adulti.
claudia
” non ho mai conosciuto un solo bambino che non abbia vissuto la separazione dei propri genitori come un vero e proprio dramma” recita così l”articolo inserito, “inghiottirò anche i bocconi più amari pur di non separarmi” questo il concetto espresso dal commento inserito. Che origine e che conseguenze hanno simili osservazioni? Questa mistica del dolore e della sopportazione vi sembrano l”ambiente più stimolante per far vivere quel momento di esaltante scoperta del mondo che è l”infanzia. Lo dico perchè della mia infanzia mi ricordo bene, come ricordo i miei genitori, entrambi amatissimi, che litigavano fino a che io stessa a 12 anni ho proposto loro la separazione, sostenendo che se la loro unione era ancora in vita per i figli noi avremo preferito un clima più sereno per vivere e la possibilità di goderceli entrambi seppur separati. Non so se sia stato l”effetto di questo discorso, ma si sono appunto separati (pur mantendo tra loro un buon rapporto) donandoci due genitori più sereni e più equilibrati. Non entro in merito a tutti i passi dell”articolo citato che non condivido profondamente, ma mi si lasci una considerazione: non credevo di leggere un simile scritto in questa sede, scritto che penso sia il prodotto di un un clima più generale di regressione sociale e dei costumi che caratterizza attualmente questo paese