Il tema che si affronta è quello del trasferimento della residenza della prole in regime di affido condiviso.
La Suprema Corte si è pronunciata sulla questione con la sentenza 21 aprile- 4 giugno 2010, n. 13619 (Presidente Luccioli – Relatore Cultrera), riconoscendo la legittimità della condotta materna che aveva provveduto a trasferire, insieme alla propria, la residenza della figlia minore, affidata ad entrambi i genitori ma collocata in via prevalente presso l’abitazione di essa madre
.
Il caso è questo: due coniugi si separavano consensualmente innanzi al Tribunale di Bari prevedendo, conformemente alla normativa in tema di affido condiviso, che la bambina fosse affidata ad entrambi i genitori ma conservasse la residenza anagrafica e la dimora abituale presso la madre, permanendo presso il domicilio paterno con le modalità dettagliatamente concordate.
Senonchè, poco dopo l’omologazione dell’accordo di separazione la madre, avendo necessità di trasferirsi, per impellenti esigenze lavorative, decideva unilateralmente, e contro la volontà del padre, di allontanarsi da Bari per fissare la propria residenza a Venezia, ove iniziava con la figlia una nuova vita.
Impugnava a quel punto l’accordo di separazione il padre, chiedendo che il Tribunale di Bari, in modifica degli accordi intercorsi in sede di separazione, disponesse la collocazione della figlia presso di sé, con diritto a regolare frequentazione dell’abitazione materna.
Il Tribunale di Bari, accogliendo il ricorso confermava l’affidamento della bambina ad entrambi i genitori, mutandone però la collocazione e stabilendo che la minore facesse ritorno alla Città di origine e assumesse la dimora abituale presso l’abitazione paterna, incontrando la madre con ampia libertà.
La decisione veniva impugnata dalla madre innanzi alla Corte d’Appello di Bari che, con decreto n. 288 del 29 luglio 2009 ne disponeva la revoca, stabilendo che la bambina rimanesse a vivere con la madre nella nuova abitazione Veneziana.
Avverso il decreto della Corte d’Appello di Bari il padre proponeva ricorso per cassazione, affidato a due motivi di impugnazione, resistiti dall’intimata con controricorso.
Risolveva il gravame la Suprema Corte di Cassazione, Sezione I Civile con la sentenza citata n. 13619 del 4.6.2010, con la quale confermava la decisione della Corte territoriale, argomentando:
- che il diritto della madre di trasferire la propria residenza costituisce un diritto costituzionalmente garantito;
- che, costituendo espressione di un diritto costituzionalmente garantito, il comportamento della donna, di trasferire la propria residenza per esigenza lavorative non poteva essere sanzionato nei termini stabiliti dal primo giudice;
- che, in particolare, nel caso in esame “il collocamento presso il padre avrebbe pregiudicato la minore che ormai, per effetto dell’avvenuto trasferimento, si era già inserita nella nuova realtà”.
I giudici delle leggi hanno considerato fondate le ragioni della madre, la quale aveva dato prova che la figlia si era ormai ambientata armoniosamente presso la nuova abitazione, coadiuvata e assistita peraltro anche dall’affetto dei nonni materni; di conseguenza, ha ritenuto il Collegio, che sradicare la minore dal domicilio materno imponendole la collocazione presso il padre, nel Paese di origine di Bari, avrebbe gravemente pregiudicato la bambina, costringendola ad abbandonare le consuetudini di vita pregresse e il contesto emotivo e ambientale che le era ormai famigliare.
Dal tessuto motivazionale della decisione del Supremo Collegio si evince il principio secondo cui, nella scelta del genitore collocatario, occorre sempre tenere in considerazione l’interesse preminente del minore, con particolare riguardo alle consuetudini di vita già acquisite dal medesimo.
Ai sensi dell’art. 155 c.c., infatti, per l’individuazione del genitore collocatario, deve preferirsi colui che risulti maggiormente idoneo a garantire la crescita e il miglior sviluppo della personalità del figlio, alla luce di una serie di condizioni tra le quale rientrano – come ha qui espressamente riconosciuto la Corte – anche le consuetudini e le abitudini di vita acquisite dalla minore, in quanto indici di continuità e di stabilità affettiva.
Nel caso in esame la piccola risultava, dall’istruttoria esperita, ormai radicata e armoniosamente inserita presso l’abitazione materna ove viveva circondata anche dall’affetto e dalle cure dei nonni materni, con la conseguenza che un ulteriore spostamento avrebbe comportato un rischio troppo alto di intaccare le sue abitudini di vita e gli equilibri famigliari e sociali che si era ricostruita dopo la separazione dei genitori.
Si tenga presente che, precedentemente alla decisione sopra esaminata, la giurisprudenza tanto di merito che di legittimità si era orientata in altra direzione, sostenendo che la scelta della residenza del minore debba essere assunta congiuntamente da entrambi i genitori.
Il genitore collocatario, che senza il consenso dell’altro genitore ed in assenza di un provvedimento autorizzativo del Giudice, trasferisse la residenza del figlio minore in altra regione, si riteneva violasse i principi basilari su sui si regge la disciplina dell’affido condiviso – che impone, infatti, ai genitori di assumere congiuntamente le decisioni fondamentali relative alla prole minorenne – dimostrando fra l’altro un comportamento irresponsabile e inadeguato al ruolo di “collocatario” della prole, al punto da legittimare provvedimenti sanzionatori da parte del Giudice.
Ritengo, in conclusione, che sia importante non fraintendere il portato del pronunciamento della Suprema Corte, che lungi da voler incoraggiare il genitore collocatario ad assumere in modo arbitrario e libero le decisioni di maggior importanza per i figli, fissa con condivisibile ragionevolezza dei paletti, giungendo a salvaguardare una libertà di spostamento del genitore collocatario ogniqualvolta il trasferimento di residenza sia funzionale a garantire al figlio un miglior benessere e non già nella misura in cui lo spostamento sia preordinato a pregiudicare o a rendere estremamente difficoltosa la relazione fra il genitore non collocatario e i figli.
Avv. Paola Carrera
Avvocato del foro di Torino, membro del Direttivo A.I.A.F. Piemonte e Valle d’Aosta – Associazione Italiana degli Avvocati per la Famiglia e per i Minori
vale
assurdo!!!!!!speriamo che questa schifezza di legge cambi al piu’ presto!!
Pippo
Ma è una vergogna….come è possibile che una sezione della cassazione dica prima che è reato portare la figlia in maniera unilaterale e poi un’altra sezioni giustifichi questo comportamento?! Ma quando arriva l’affido condiviso Bis, ma quando se ne vanno a casa certi giudici?
vale
..mi sembra inoltre che la legge non prevede assolutamente la figura del “collocatario”,pura invenzione dei magistrati…!!
Piero
Aiuto
Sto vivendo una simile storia ma mio figlio ha 22 mesi! E la mia ex moglie non ha prodotto nessun contratto di lavoro o busta paga!
Io vivo in Sardegna e lei con il piccolo nel Lazio!