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Educazione dei bambini: modelli a confronto

educazione bambiniUn articolo, quello tradotto dalla nostra preziosa Laura Tenorini, che non mancherà di farci discutere.

Una giornalista americana eleva i genitori francesi a modello di educatori, in virtù dell’urbanità e della disciplina dei loro pargoli.

Leggete l’intero articolo (titolo E se i genitori francesi fossero i migliori?) e diteci la vostra!

 

E se i genitori francesi fossero i migliori?

È un piacere difficile da ignorare con i tempi che corrono. Un complimento da parte di una donna americana, e che fa il giro del mondo! I francesi sono brontoloni e attaccati ai loro privilegi? Forse. Ma c’è un settore in cui non hanno rivali: l’educazione dei bambini.

È questa la teoria – lusinghiera e basata su diversi anni di ricerche – di Pamela Druckerman, giornalista di lunga data del “Wall Street Journal” e residente a Parigi da nove anni. Ma anche mamma di tre figli nati in Francia: esperienza che l’ha portata a osservare i nostri usi e costumi.

E a giungere alla conclusione che funge da titolo della versione inglese del suo libro: French Children Don’t Throw Food (“I bambini francesi non lanciano il cibo”)*.

Un’opera in vetta alle vendite negli Stati Uniti e commentata in tutto il mondo. Certo, è difficile crederle subito dopo aver raccolto i cereali gettati per terra dal piccolo di casa… Ma c’è del vero in questo elogio.

Il bambino francese “fait ses nuits”, ovvero dorme tutta notte

Si tratta di un’espressione tipicamente francese e una delle prime regole che hanno stupito Pamela Druckerman in Francia. Mentre di notte i bambini anglosassoni fanno impazzire i genitori per almeno due anni, qui la questione viene generalmente risolta prima dei 6 mesi.

“I francesi utilizzano un termine inglese per spiegare questo miracolo”, si stupisce la giornalista: ‘fair au feeling’, ovvero andare a sensazione.”

E dicono che arriva un momento in cui la necessità o il desiderio di riprendere fiato e ritrovare una vita normale prendono il sopravvento. In quel momento viene stabilita “la pausa”: non ci si precipita più al minimo pianto, si offre al bambino la possibilità di riaddormentarsi e si interviene solo se le urla raddoppiano.

Così facendo, afferma la giornalista, i bambini francesi imparano ad aspettare sin dalla culla.

Mangia – di tutto – quattro volte al giorno

Un secondo miracolo avviene in generale abbastanza velocemente: i pasti seguono degli orari fissi, più o meno le 8, mezzogiorno, le 16 e le 20… Tutto ciò sembra naturale ai genitori francesi, i quali a poco a poco danno priorità all’organizzazione della vita famigliare piuttosto che all’appetito della loro progenie.

Il risultato di questa regola “impensabile negli Stati Uniti” è che il bambino francese arriva a tavola affamato perché non ha sgranocchiato nulla né alle 10 né alle 18, mangia di gusto tutto quanto (con grande orgoglio dei suoi genitori) e… non getta il cibo per terra (un’azione che agli americani pare tanto fastidiosa quanto inevitabile).

Inoltre, così facendo si abitua a bere l’acqua a tavola e a mangiare in famiglia.

Non interrompe due adulti che parlano

Secondo quanto sostenuto dalla giornalista americana, a New York o a Londra è impossibile sedersi in un giardinetto a chiacchierare tra mamme senza dover costantemente rispondere ai bambini o corrergli dietro.

“Il bambino francese reagisce immediatamente ai no e alle occhiatacce”, si stupisce la giornalista. “È opinione comune che non ci debba essere invasione, che esista un tempo per i bambini e un altro per gli adulti. Le mamme non si sentono in colpa di lasciare il bambino a un compleanno, girando i tacchi per andare dal parrucchiere.

Negli Stati Uniti tutto ciò viene mal visto perché il bambino viene considerato una priorità.”

Dice “buongiorno signora”

Le sole parole magiche che vengono insegnate ai bambini al di là dell’Atlantico sono “thank you” e “please”, le quali esprimono un’idea di scambio piuttosto che di gentilezza.

Non si obbliga mai un bambino di 4 anni a salutare uno sconosciuto in ascensore. Pamela Druckerman si è quindi stupita nel vedere delle madri insistere affinché i loro bambini di 18 mesi non si scordassero di dire “buongiorno e arrivederci”.

I genitori francesi integrano spontaneamente i propri figli nella vita sociale. In questo mondo, sottolinea la giornalista, i bambini imparano che non sono soli al mondo e che bisogna fare attenzione agli altri.

Imparano la vita in collettività

Per una mamma anglosassone, iscrivere il proprio figlio al “day care” (asilo nido) o alla “nursery school” (scuola materna) significa sacrificarsi e….sentirsi in colpa. Che sorpresa vedere i genitori francesi darsi un gran da fare per ottenere un posto all’asilo nido!

Soprattutto non si tratta di sottoporre i bambini a forme di apprendimento precoce e di trasformarli in piccoli geni, ma di permettere loro di “risvegliarsi” e “sbocciare” in collettività. Alla fine, i bambini fanno un po’ ciò che vogliono nel famoso ambiente imposto.

 

(*) Bringing up Bébé, One American Mother Discovers the Wisdom of French Parenting (traduzione del titolo: “Crescere il bebè: una madre americana scopre la saggezza dei genitori francesi”), edito da Penguin Press.

 

Traduzione dal francese di Laura Tenorini
tratto da www.leparisien.fr

Commenti (5)

    • paola

    • 13 anni fa

    Mah… a parte il fatto che qui si sta generalizzando parecchio, ma questo di mettere come una cosa negativa il fatto che gli Americani danno priorità ai bambini lo trovo davvero strano… Perché la priorità dovrebbe spettare all’adulto e non al bambino? Perché, invece, non considerare i bambini come PERSONE, con iloro bisogni, i loro diritti, così che ci sia un’equa distribuzione delle priorità? Ovvero, quando il bambino è troppo piccolo e i suoi bisogni sono impellenti, urgenti e vitali, al priorità sarà per forza lui, ma piano piano imparerà da questo che ci sono anche i bisogni degli altri. NOn credo che farne un piccolo soldatino obbediente sia “educarlo”.

    • Giulia

    • 13 anni fa

    Quoto Paola…..direi che i bimbi devono venire IN PRIMIS……hanno esigenze, bisogni che gli adulti non hanno…il senso del tempo non ce l’hanno, hanno urgenze da soddisfare (fame, sete, freddo, voglia di coccole e di vicinanza)….come mai non ci si stupisce mai del fatto che moglie e marito dormono insieme e non in due stanze separate, mentre il bimbo dovrebbe dormire ininterrottamente (cosa non impossibile certo, ma difficile, data la fisiologia del sonno dei bambini che ben ha illustrato anche Alessandra Bortolotti in “E se poi prende il vizio?”) nella sua stanzetta? il mio Stefano di 18 mesi è “ancora ” (direbbe qualcuno) allattato al seno, dorme nel lettone con noi anche se poi per lavoro sono costretta a mandarlo al nido. Ma mentre prima di mandarlo ero terrorizzata che, dopo 14 mesi con me e papà potesse essere traumatizzato da questa esperienza, ora lo vedo ben ambientato, contento, affettuoso verso compagni e maestre e sono più serena pure io. Ma da lì a lasciarli piangere, volerli ammaestrare come animali da circo, forzare la loro naturale curiosità e voglia di muoversi, gridare a squarciagola nonna nonna nonna in un crescendo da soprano……io non lo farei mai!

    • Alexandra

    • 12 anni fa

    Mah, questo articolo dà l’idea che i genitori francesi siano delle specie di addestratori militari, o quasi.
    Non è così, e “faire au feeling” significa seguire l’intuito del momento, sentire quello che “dice” il bambino.
    La chiave è proprio il fatto di considerare sin dall’inizio il bambino come una persona, che interagisce con altre persone, e che viene ascoltato e rispettato così come ci si aspetta di lui che ascolti e rispetti gli altri. Questo, grandemente facilitato dal fatto che le famiglie sono spesso di 2, 3 o più figli.
    Forse incide anche il fatto che i figli si fanno a 25 anni, e che genitori giovani in pieno della costruzione della loro vita hanno meno tendenza a “covare” i figli, e più a “portarli con sé” nella grande avventura, instaurando regole molto spontanee di convivenza tra tutti, e creando (lo so per esperienza) un esempio entusiasmante e stimolante per i bimbi che hanno davvero voglia di crescere.
    Non li si ammaestra, si vive con loro, e si impara anche a “fregarsene” un pochino, giusto quel pochino che basta per lasciarli liberi di essere bambini, e non oggetto di osservazione maniacale perenne.
    Quanto al cibo, forse non lo buttano perché invece di proporre loro pappette uniformi di brodo e farina, introducendo alimenti nuovi al contagocce con tempi lunghissimi, si facciano quasi subito assaggiare sapori e consistenze diversi, dando largo campo al piacere della scoperta del gusto.

    • Naimi

    • 12 anni fa

    Vivo in Francia da due anni, e confermo il modello educativo descritto… I bambini sono spesso molto educati, diligenti e rispondono alle esigenze degli adulti. Ma credo che bisognerebbe analizzare anche il risvolto della medaglia.
    Personalmente ho un bimbo di sei mesi e da almeno tre la prima domanda che mi si fa è “il fait ses nuits?”. La mia risposta è no, non ancora, probabilmente perchè prende solo il seno, niente biberon. E spesso la reazione è di consigliarmi di dargli un bel biberon di latte artificiale la sera, ben concentrato, “cosi’ verdà che dorme”. Sicuramente i bambini francesi sono molto disciplinati, ma a che prezzo? Citando la Montessori “un bambino silenzioso e fermo non è disciplinato, è annientato”.
    Ora, non voglio dire che i bimbi francesi siano tutti annientati, ma sicuramente la disciplina abbastanza ferrea a cui sono sottoposti non fa parte del mio modello (e a scanso di farne una questione di età ho avuto il mio bimbo a 27 anni, non a 40).
    Forse bisognerebbe andare oltre, e vedere che adulti diventano questi bambini, che rapporti affettivi sono in grado di sviluppare crescendo e qual’è il loro grado di libertà emotiva e intelletuale.
    Certamente il “benessere” dei genitori è maggiore ma qual prezzo pagano bambini mandati nella maggior parte dei casi all’asilo a 3 mesi, obbligati al biberon ad orari fissi ed abituati da subito ad un distacco affettivo? Io credo che per crescere abbiamo tutta la vita ma l’amore che riceviamo nei primi mesi di vita, anche e soprattutto attraverso un contatto carnale, non possiamo recuperarlo più.

    • Alexandra

    • 12 anni fa

    Distacco affettivo? no no! ma quando mai! Mi è venuta una gran nostalgia per la mia madre patria la scorsa estate, vedendo famiglie francesi di 3 – 4 bambini in cui MASCHIETTI di 8, 10, anche 13 anni venivano senza il minimo scrupolo a farsi coccolare tra le braccia del PAPA’, il quale parlava loro in termini estremamente affettuosi, anche se il tono è meno “bimbesco” di quello che si usa in Italia.
    Mi raccontava un io amico che la moglie italiana si era buttata per terra dalle risate quando a scuola francese hanno insegnato ai bimbi di prima elementare “Liberté, Egalité, Fraternité”: eppure così siamo educati sin dall’infanzia: la libertà per tutti significa il rispetto di tutti, e anche i bambini partecipano di questo rispetto e di questa libertà. Non può esserci libertà senza autodisciplina, ma non è un ubbidire cieco, è un imparare a stare insieme, e anche il bimbo più piccolo capisce benissimo la differenza. Anche perché (mi sembra, o almeno così è stato per me) c’è molto meno timore di “viziare” i bambini manifestando loro apertamente tenerezza. Disciplina serena e rispettosa + affettività aperta e illimitata = connubio educativo ottimale. Perché non c’è bisogno di essere permissivi oltre misura se non vi è neanche l’ombra di dubbio o limite sulla tenerezza.
    Dici no a bimbo, bimbo piange, lo abbracci teneramente dicendogli “amore, capisco che sei contrariato ma non posso permetterti questo perché [spiegazione chiara e semplice]”, e poi, quando è più grande: “ma sei sicuro che vale la pena fare scenate per questo?”
    E poi c’è anche una componente di lasciare il bimbo avere un pò il suo mondo, le sue relazioni dirette con altri bimbi, senza ingerenza degli adulti, momenti in cui nessuno gli dice cosa deve o non deve fare, e reciprocamente, molto naturalmente, capirà ché anche gli adulti possono avere voglia di star tranquilli per conto loro, senza per questo che nessuno si senta respinto.

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