Questa settimana non voglio parlarvi di diritto, di aule di giustizia e di decisioni dei Giudici: voglio parlarvi di me e della mia esperienza, straordinaria, con l’allattamento al seno. Non sono mai stata così orgogliosa di me come in questo momento, perché pochi giorni fa – esattamente il 15 febbraio – ho festeggiato un compleanno speciale: sei anni di ininterrotto allattamento…….Chi l’avrebbe detto!
La strada dell’allattamento era partita molto in salita: una setticemia a fine gravidanza, riconosciuta in ritardo, mi aveva costretta ad un parto cesareo d’urgenza e, subito dopo la nascita di Benedetta – 15 febbraio 2008, ore 9:42 – mi ero trovata sola, separata dalla bambina, in una stanza del reparto di terapia intensiva, con flebo, drenaggio e catetere per giorni.
Era un venerdì mattino e quello che doveva essere un momento di gioia sublime, si trasformò in paura viscerale, in un dolore sordo, in una sofferenza prolungata per non poter avere vicina la mia piccolina. Furono tre giorni di isolamento, mi portavano la bambina pochi minuti al giorno e pregavo mio marito di restare con lei, al nido, tutto il tempo possibile.
Il sabato sera chiesi ad un’infermiera, che era venuta ad assistere la mia vicina di letto, se avesse potuto provare a tirarmi il latte, benché non sentissi ancora il minimo stimolo dal mio seno. La risposta fu secca e priva di qualsiasi solidarietà: certo che no, perché “Lei è piena di antibiotici, mica può pensare di allattare in queste condizioni?”.
L’umiliazione crebbe ma non mi arresi e, finalmente, la domenica pomeriggio mi mandarono in reparto e mi ricongiunsi, seppure ancora solo a singhiozzo, con la mia bambina: quella notte non me la lasciarono in stanza perché il corredo di flebo e di altre attrezzature non meno invalidanti mi impedivano anche solo di prendere la bambina dalla culla e poi, d’altra parte, mi rassicurarono che la piccola non aveva bisogno di me, perché prendeva il latte artificiale senza problemi e dormiva tutto il tempo; insomma, non dava fastidio a nessuno e poteva anche stare al nido.
La domenica pomeriggio volli fare il primo, timido tentativo per attaccarla al seno: ero sola, non sapevo da dove partire, non ebbi aiuti se non un frettoloso consiglio da un’infermiera di turno che mi disse di non preoccuparmi perchè, prima o dopo, ce l’avrei fatta. Passarono i giorni e io non allattavo, non ero capace, mi procurai immediatamente ragadi che dolevano da morire e che mi toglievo il coraggio di insistere e di continuare a provare: la bambina era un fiore, succhiava il biberon che io vedevo, però, come un aggeggio estraneo.
Lottai con ogni forza e, ottenni un congedo il martedì pomeriggio:, non ci potevo credere che sarei tornata a casa, con Lei, la mia signorina bellissima e già allora competente ma, l’arrivo a casa fu una tragedia perché la montata lattea – “quella sconosciuta” – arrivò senza preavviso la notte e il mercoledì mattino avevo un seno gonfio, così doloroso, così inguardabile, che il coraggio di attaccare la piccola anziché arrivare se ne stava andando del tutto.
Ebbi una crisi emotiva forte, ero scoraggiata, mi sentivo terribilmente in colpa, l’ingorgo mammario mi procurava un dolore atroce tanto da dovermi spremere il latte manualmente nel tentativo di avere sollievo. Piangevo, ero spaventata e mi sentivo terribilmente in colpa per non essere stata in grado né di partorire naturalmente né di nutrire mia figlia; le sensazioni erano altalenanti, un po’ avrei voluto allattare ma, in quei momenti di sconforto e di disorientamento, prevaleva la debolezza e la voglia di arrendersi al biberon.
Avevo bisogno di essere deresponsablizzata e la visita domiciliare della mia ginecologa, per togliere i 42 punti del cesareo, fu determinante: conoscendomi bene, ormai da anni, mi rassicurò, mi disse che si poteva essere una buona mamma anche senza allattare ma mi incoraggiò a non arrendermi e, pur prescrivendomi il farmaco per far andare via il latte – anche quella era una strategia per sgravarmi di responsabilità – mi invitò a provare ancora ad attaccarla prima di prendere quella decisione; mi chiese di darmi tempo fino alla domenica successiva (era mercoledì sera) e mi suggerì di attaccarla solo per coccola, approfittando dei momenti magici della notte, quando il mondo si spegne e si accendono solo le emozioni del cuore.
Ebbene, quell’incoraggiamento ebbe su di me effetti miracolosi perché, da quella notte, io e Benedetta riuscimmo ad iniziare l’avventura meravigliosa che ci ha regalato, negli anni, momenti di fusione, di amore incondizionato, gettando le basi di una relazione straordinariamente forte, empatica, quasi simbiotica.
Essendo una libera professionista, dovetti riprendere il lavoro molto presto, quando la piccola aveva poco più di tre mesi di vita ma questo non mi scoraggiò e la allattai esclusivamente al seno per i primi sei mesi e mezzo, e anche dopo lo svezzamento l’allattamento è proseguito, fin quasi ai quattro anni, quando fu lei a farmi capire che non aveva più bisogno di attaccarsi per sentire il mio amore e la mia vicinanza.
Per i primi due anni e mezzo di vita si è attaccata al seno instancabilmente: non appena varcavo la soglia di casa, al rientro dalla giornata di lavoro, la notte, al ristorante, per strada, in auto, in spiaggia e ovunque ci trovassimo e, persino, durante il travaglio che mi accompagnava alla nascita di Edoardo, nato con parto naturale l’11 ottobre 2010. Ricordo ancora le contrazioni sempre più forti e lei che succhiava voracemente fino ad abbandonarsi al sonno, felice, sorridente e serena come ogni sera.
Con Edoardo l’allattamento fu un’autostrada: non avendo mai smesso di allattare, da una gravidanza all’altra, il piccolino si attaccò subito e, mentre gli altri neonati succhiavano 5, 10 gr di latte materno, lui faceva pasti da 60 gr al secondo giorno di vita e poi dormiva pacioso e sereno come un angioletto.
Alla nascita Edoardo ebbe una tachicardia parossistica sopra ventricolare e dopo pochi minuti di vita extrauterina fu costretto ad entrare in una specie di culletta termica per essere monitorato al cuore; ma quella volta fui una leonessa ed ebbi il coraggio di chiedere ai pediatri di allattarlo fin da subito e, fortunatamente, trovai una pediatra straordinaria che mi capì e mi sostenne. Con un’operazione atletica riuscii ad infilare il seno in una bocca della culletta termica che conteneva il mio piccolino e lui si attaccò così bene che iniziò subito l’avventura dell’allattamento.
Edoardo non prese mai un biberon e anche lui arrivò al sesto mese senza aver assaggiato altro che latte di mamma e ora che ha compiuto tre anni continua ad essere un accanito fan del latte di mamma: si attacca ancora ogni sera, la mattina (soprattutto nel week end) e nei momenti in cui ne sente il bisogno.
La sua passione è sedersi sul divano al mio fianco, attaccarsi al seno stando seduto per riuscire, nello stesso tempo, a vedere un episodio di qualche cartone animato o ad ascoltare le favole che leggo per loro.
Spero di non avervi annoiato ma, il messaggio è quello di non arrendersi mai e di affidarsi al cuore e all’istinto che ogni mamma ha, perché, allattare non significa soltanto nutrire, è qualcosa di molto più coinvolgente, è un viaggio meraviglioso di sensazioni e di emozioni che i nostri figli porteranno con sé tutta la vita. Non abbiate timore di “viziare” i vostri figli perché l’amore e l’accoglienza sono gli ingredienti migliori per farli sentire sicuri di sé, autonomi e aperti alla vita.
Paola Carrera
Michela Clini
grazie per aver condiviso questa esperienza fantastica!! la mia bimba ha 20 mesi e l’allattamento va alla grande e siamo contentissime… e sinceramente non riuscirei ad immaginare di smettere ora.. e la tua storia mi ha incoraggiata a continuare a proseguire nonostante le tanti voci contrarie!! grazie michela