Al tempo in cui il nostro bambino soffriva di coliche, il mio adorato marito (che aveva trascorso 10 anni nell’Esercito e nella National Guard americana) di solito suggeriva che, poiché avevamo tentato tutto il possibile per aiutarlo, non ci restava che metterlo nel suo lettino e chiudere la porta (pensava che fosse un modo per aiutarmi a essere meno sconvolta per il fatto di non riuscire a fermare il pianto di nostro figlio).
Quando il piccolo aveva 8 mesi trovai infine un modo per riuscire a far capire sul serio a mio marito perché mi opponevo con tutte le forze all’idea che nostro figlio dovesse essere costretto a subire un abbandono al pianto secondo i metodi del cry-it-out (CIO – pratiche che per abituare i bambini ad addormentarsi da soli prevedono di lasciarli piangere in modo deliberato ndt).
Ecco come si svolse la nostra conversazione:
LUI: Pensavo che nostro figlio potesse piangere in braccio a te o nel suo letto, non fa differenza visto che niente sembra funzionare.
IO: Per me la differenza esiste eccome, e anche per nostro figlio. Tutto ciò che un neonato sa è se esiste o meno qualcuno che risponda ai suoi bisogni. Non vorrei mai insegnargli che è inutile chiedere aiuto perché tanto nessuno si farà vivo. Non si insegna neppure ai SOLDATI una cosa del genere! A loro si dice che ci sarà sempre qualcuno che arriverà in soccorso, nessuno viene lasciato indietro!
LUI: I neonati non sono soldati!
IO: E allora perché pretendiamo che siano più resistenti e forti di un soldato?
LUI: Mmm, non ci avevo mai pensato in questi termini. Ottima osservazione.
Grazie a peaceful parenting per avermi aiutata a giungere al punto in cui mi affido con grande sicurezza ai miei istinti di genitore.
FATELO VOI IL CRY IT OUT!
Traduzione dall’inglese di Michela Orazzini
tratto da I BAMBINI NON SONO SOLDATI
Di Melissa Cline – pubblicato su “peaceful parenting” – www.drmomma.org