Il Dr. Richard Saul, neurologo comportamentale di Chicago, in un articolo del 14 marzo scorso pubblicato sul Time afferma di aver riscontrato più di 20 condizioni in grado di produrre i sintomi del Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività (ADHD – Attention Deficit and Hyperactivity Disorder), ognuno dei quali richiederebbe, però, un approccio specifico al trattamento: “Allevare una generazione di bambini – e ora di adulti – che non possono vivere senza assumere farmaci stimolanti non è la soluzione“.
“… il numero di adulti che prendono farmaci per l’ADHD è cresciuto del 53%, e tra i giovani adulti americani è quasi raddoppiato. Nonostante la statistica sia sbalorditiva e riguardi le giovani generazioni che sono sempre più dipendenti dall’uso di sostanze stimolanti, francamente non ne sono rimasto troppo sorpreso. In più di 50 anni di carriera e di esperienza nel trattamento di pazienti con disturbo da deficit di attenzione, è negli ultimi dieci anni che ho visto davvero un incremento drammatico di queste diagnosi.
“… Ma è davvero possibile raggruppare tutte queste persone sotto l’etichetta di un’unico disturbo? E se fossero molte e diverse le cose che rendono le persone incapaci di concentrarsi? Non nego che come popolazione oggi siamo molto più distratti di una volta. E non nego che alcuni di questi pazienti che sono distratti e impulsivi abbiano bisogno di aiuto. Ciò che nego è la definizione generalmente accettata di ADHD, che da tempo avrebbe dovuto essere aggiornata. In breve, sulla scorta dei decenni in cui ho trattato i miei pazienti, sono arrivato a credere che l’ADHD, così come definito dal Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (Statistical Manual of Mental Disorders – DSM), non esista.
“Sin dal 1937, quando il Dr. Charles Bradley scoprì che i bambini che mostravano sintomi da deficit di attenzione e iperattività rispondevano bene alla benzedrina, uno stimolante anfetaminico, abbiamo continuato a pensare a questo “disordine” più o meno nello stesso modo… Negli anni successivi, l’MBD ha cambiato denominazione diverse volte, tuttavia, al di là delle etichette, abbiamo continuato a somministrare ai pazienti diverse varianti del farmaco stimolante che serve a mascherare la sintomatologia. Verrebbe da pensare che dopo decenni di scoperte e sviluppi nell’ambito delle neuroscienze il modo di pensare subisse una trasformazione”.
“Oggi, alla quinta edizione del DSM, è necessario che siano presenti solo 5 dei 18 possibili sintomi per definire una diagnosi di ADHD… Quanti di noi possono affermare di avere difficoltà organizzative o la tendenza a perdersi le cose? Oppure di essere spesso distratti e sbadati, di dimenticare le cose e di non riuscire a prestare attenzione ai dettagli? Sulla base di criteri tanto soggettivi l’intera popolazione degli Stati Uniti potrebbe essere sottoposta a potenziale diagnosi.
“Tuttavia, esistono situazioni in cui i sintomi legati al deficit di attenzione sono abbastanza gravi da rendere davvero necessario un aiuto. Nel corso della mia carriera, ho riscontrato più di 20 condizioni in grado di produrre i sintomi dell’ADHD, ognuno dei quali richiede un suo approccio specifico al trattamento. Fra questi vi sono i disturbi del sonno, problemi alla vista e all’udito non diagnosticati, abuso di sostanze (marijuana e alcol in particolare), disturbo bipolare e depressione maggiore, disturbo ossessivo-compulsivo e persino disturbi dell’apprendimento come la dislessia, tanto per citarne alcuni. Chiunque abbia questi problemi rientrerà nei criteri diagnostici dell’ADHD definiti dal DSM, ma gli stimolanti non sono il modo corretto di trattarli.
“…i farmaci possono mitigare i sintomi caratteristici come la disattenzione grave e l’iperattività, ma comportano anche dei rischi come insonnia, inappetenza … assuefazione e allucinazioni… l’assuefazione agli stimolanti è piuttosto comune; la capacità di questi farmaci di creare dipendenza è evidente, basta osservare come molti pazienti siano costretti ad aumentare periodicamente i dosaggi se vogliono continuare a mantenere la propria capacità di concentrazione. Questo avviene perché il corpo smette di produrre livelli adeguati di quei neurotrasmettitori che sono rimpiazzati dai farmaci per l’ADHD – marchio distintivo di tutte le sostanze che creano assuefazione. Temo che un’intera generazione di americani non sarà più in grado di concentrarsi senza l’aiuto dei farmaci; è comprensibile che la Big Pharma, dal canto suo, non sia altrettanto preoccupata.
“In secondo luogo, esistono molti effetti collaterali dovuti ai farmaci per l’ADHD di cui la maggior parte delle persone non è consapevole: ansia, irritabilità, depressione, grave perdita di peso dovuta all’inappetenza, e persino istinti suicidi. Esistono poi conseguenze ancor meno note. Ad esempio, molti pazienti in cura con stimolanti riferiscono disfunzioni erettili.
“In terzo luogo, gli stimolanti funzionano bene per molte persone nel breve periodo, ma per coloro la cui distrazione è determinata da una condizione sottostante, nel migliore dei casi i farmaci servono da cerotti, mascherando e a volte esacerbando la vera causa del problema.
“Dal mio punto di vista, esistono due tipi di persone con diagnosi di ADHD: coloro che esibiscono livelli normali di distrazione e impulsività, e coloro che invece hanno altri disturbi o problemi che richiedono un trattamento individuale.
“Ai pazienti che appartengono alla prima categoria, raccomando di mangiare sano, di fare esercizio fisico più spesso, di avere una buona qualità del sonno notturno per otto ore, di ridurre il consumo di caffeina il pomeriggio, di non abusare del telefono cellulare durante il lavoro e, cosa più importante, di fare qualcosa che li appassioni. Come molti bambini che si comportano in modo impulsivo e inappropriato a scuola perché non sono abbastanza stimolati in classe, gli adulti il cui lavoro non è appagante o che non hanno un hobby con cui realizzarsi è comprensibile che diventino annoiati, depressi e distratti. Inoltre, aspettative sempre crescenti esercitano oggi una pressione molto forte su adulti e bambini ad aumentare la resa scolastica e lavorativa.
“Per il secondo gruppo di pazienti, adulti a bambini iperattivi con grave deficit di attenzione, chiedo una valutazione completa che individui la causa del problema. Di solito, una volta che la condizione all’origine viene individuata e trattata, i sintomi dell’ADHD scompaiono.
“È tempo di ripensare alla comprensione che abbiamo di questo disturbo, di offrire un lavoro diagnostico scrupoloso e aiutare le persone a trovare il trattamento più appropriato.
Tradotto dall’inglese da Michela Orazzini