Dopo aver parlato del primo trimestre, incontriamo ora la fase intermedia della gravidanza (che avevamo iniziato a chiamare con un nome forse nuovo ma importante da conoscere ed utilizzare: “endogestazione”): il secondo trimestre.
Abbiamo iniziato questo viaggio di avvicinamento all’educazione consapevole in endogestazione condividendo informazioni sul concepimento consapevole e su alcuni dei meccanismi e degli scenari psico-fisio-relazionali ad esso collegati.
Abbiamo poi proseguito lungo il primo trimestre di endogestazione, provando a “leggere” le prime settimane di gravidanza attraverso la lente della psicosomatica e dell’educazione prenatale.
Ed ora giungiamo al primo “giro di boa”, quello che oltrepassa la fatidica soglia delle 12 settimane di endogestazione.
Si tratta senza alcun dubbio di un apputamento importante nello svolgersi della gravidanza; un momento atteso, quasi un lasciapassare, un “via libera!” oltre il quale ci si sente più al sicuro e meno in ansia. Una fase di maggiore serenità e rilassatezza, di fantasia e di immaginazione.
La preoccupazione ed i malesseri delle prime settimane lasciano il posto ad una maggiore stabilizzazione delle emozioni, degli stati d’animo e dei vissuti corporei; i pensieri sono orientati all’attività immaginativa (“come sarà questo bambino?”) e ad una certa curiosità. Benessere, pace ed equilibrio sono i tre stati che si richiamano l’un l’altro in un circolo mai stabile ed in continuo aggiustamento.
C’è un certo scioglimento della simbiosi con il bimbo nel grembo perché grazie ai MAF (Movimenti Autonomi Fetali) la reale presenza di quest’ultimo si fa avanti e l’immaginazione materna e paterna trova terreno fertile e gioiosa conferma di questa vita che cresce e si fa strada nel ventre materno.
Quello spazio emotivo, quell’utero mentale che ha accolto (e magari non senza fatica) l’annuncio di una nuova vita, si trasforma ora ampliando i propri confini. Sono proprio i confini, del corpo e della mente, a modificarsi: si allargano e, a volte, si perdono.
È il momento della comunicazione prenatale, del dialogo io-tu-noi tipico della triade familiare (il padre-la madre-il bambino).
Thomas Verny identifica tre canali di comunicazione prenatale che si sviluppano simultaneamente:
1. canale fisiologico: si tratta del linguaggio biologico; ciò che la madre gravida beve, mangia, inala o percepisce passa al bambino attraverso il sangue e la placenta (“tutto ciò che la madre vive, il bambino lo vive con lei”),
2. canale comportamentale: azioni compiute, giochi, contatto, musica e suoni, carezze, massaggi… (non avete mai sentito parlare di “aptonomia”?),
3. canale simpatetico: emozioni (amore, paura, ansia…); il linguaggio dei sogni con le sue previsioni più o meno nette sull’aspetto o sul sesso del nascituro.
Cosa fare, allora, per vivere consapevolmente questa fase dell’endogestazione?
· Approfittare del riguadagnato benessere ed equilibrio per aver la massima cura possibile della madre, perché attraverso di lei ogni cura giungerà al bambino,
· frequentare un corso di Educazione Prenatale per approfondire e sperimentare i molti modi per comunicare col nascituro,
· abituarsi a considerare il bimbo nel grembo come una persona e cercare di ascoltarlo, sentirlo, osservarlo nei suoi movimenti, nel suo singhiozzo, nei suoi ritmi di sonno e veglia, nelle sue preferenze alla nostra posizione, alla musica che ascoltiamo, alla voce della mamma e del papà… col massimo rispetto possibile,
· instaurare o consolidare sane abitudini di vita nell’alimentazione, negli orari, nelle attività.
Come già detto nel precedente articolo, la psicologia e l’educazione prenatale si occupano di offrire aiuto per questi e per molti altri aspetti della gestazione. Se desiderate approfondire quanto letto sin qui, vi consiglio di visitare il Blog di Educazione Consapevole e le risorse ivi contenute.
Vi aspetto tra due settimane, proseguiremo il viaggio lungo la Gravidanza Consapevole.
Un saluto e a presto!
Maria Beatrice Nava