Mi chiamo Olga, sono la mamma di Sara, la mia gioia, nata prematura quasi nove mesi fa. L’abbiamo aspettata e desiderata tanto! Ogni giorno mi sorprendo che esista eppure mi sembra ci sia sempre stata.
Prima di lei abbiamo concepito un altro bimbo, ma l’attesa si è interrotta alla settimana settimana di gestazione: un dolore grande. Dopo poco tempo si è ammalata mia madre e in due mesi è volata via. Ci amavamo tanto, è stata dura. Mi hanno consolato l’amore di mio marito e di mio fratello.
Poi il miracolo della vita: mio fratello e la sua compagna aspettavano un bimbo. Che gioia! E dopo poco… anch’io! Sara stava arrivando! Lode a Dio! E grazie, mamma! Alla settima settimana di gestazione ho rischiato di perdere anche lei, ma ce l’ha fatta e da allora non ho più avuto paura e mi sono goduta una gravidanza serena.
A un anno dalla morte di mia madre è nato il mio nipotino e Sara stava crescendo sana. Come essere in lutto?
Mi mancava molto la mia mamma, avrei voluto diventasse nonna e avrei desiderato domandarle delle sue gravidanze. Ricordavo quello che mi aveva raccontato tante volte: ero nata prima del tempo, settimina, come mio padre, i primi di gennaio; pesavo 1740 grammi ed ero tornata dall’ospedale a fine febbraio. Quanti giorni! Io da sola in incubatrice e la mia mamma a casa ad aspettarmi, ci vedevamo solo attraverso il vetro della nursery.
Il mio ginecologo diceva che Sara sarebbe nata a termine, ma io mi attendevo un po’ di anticipo, forse perché la mia pancia era enorme, su di me piccina di statura e perché la bimba aveva un femore lungo, più simile al papà, alto alto. E infatti a un mese dalla “scadenza”… si son rotte le acque e Sara è uscita fuori! Un parto meraviglioso senza paura, che auguro a tutte le mamme del mondo, accovacciata come le donne di una volta, mio marito accanto a sostenermi.
Sara era piccina, pesava 2170 grammi, ma era lunga e soprattutto stava benissimo. L’ostetrica, una ragazza stupenda, mi ha appoggiato la bimba sul petto ancora attaccata al cordone. E appena ripulita, ci hanno lasciato soli, noi tre, famiglia, con la boccuccia di Sara al mio capezzolo.
Erano le nove di sera. Quella notte ci hanno separate, per farmi riposare mi hanno detto. Ma chi dormiva? Ero abituata a parlarle tanto, mentre era nella mia pancia. Al mattino ci siamo ricongiunte e sono seguite due notti insieme, abbracciate nel letto dell’ospedale. Al terzo giorno speravo ci lasciassero andare a casa, ma un po’ di ittero di Sara ci ha fermate e separate ancora per quasi ventiquattr’ore, io nella mia stanza e lei sotto la lampada a U.V.
Andavo ogni quattro ore a darle il mio latte, per pochi minuti. Ma alla sera Sara dormiva e non ciucciava, le avevano già dato il biberon. Me l’hanno tolta e mi han dato il tiralatte. Ricordo che sentivo i bimbi del nido che piangevano e mi pareva di riconoscere la mia piccina. Mi tiravo il latte e piangevo, pensando alla mia mamma che per quasi due mesi si era tolta il latte con quella macchinetta, senza di me. Non sapevo se piangevo per Sara, sola al di là del vetro o per me bimba, lontana da mamma per settimane.
Il giorno successivo ci hanno dimesso e siamo finalmente tornate a casa, col papà, di nuovo insieme! Da allora dormiamo tutti e tre nel lettone, nonostante le critiche di alcuni amici e conoscenti. All’inizio era proprio il desiderio di offrirle un contatto costante, pelle a pelle, il maggior numero di ore possibile, quasi a continuare la gestazione interrotta precocemente. Ora favorisce l’allattamento notturno, senza che io debba alzarmi e svegliare mio marito.
Nelle prime settimane ho dovuto procedere a un allattamento misto, seno e biberon. Ma io non volevo il biberon! Lo vivevo come un’intromissione di plastica nell’intimità fra me la mia bimba. Ricordavo mia madre che mi raccontava che una volta tornata dall’ospedale io ero abituata al latte artificiale e non ciucciavo il suo latte: “Non lo volevi!” diceva sconsolata. Aveva dovuto rassegnarsi, suo malgrado. Ma Sara invece poppava, lenta e debole, ma poppava volentieri ed io la tenevo per ore addosso.
Poi con fatica, tenacia, l’aiuto delle persone giuste e il sostegno mio mio marito, siamo riusciti a passare al solo latte materno. È stato un percorso lungo, ma la soddisfazione è stata grande! Ora la nostra bambina cresce serena, ride sempre ed io e mio marito siamo felici.
Ogni coccola a Sara è anche una coccola all’Olga piccina che tanto deve aver patito quel distacco precoce e prolungato dalla sua mamma. Ogni poppata per me è una gioia, mi colma di dolcezza e insieme consola il ricordo della sofferenza di mia madre. Sono felice di poter donare a Sara tutto il mio amore nella sua pienezza, perché possa ricevere una buona carica di affetto per ben partire e lanciarsi con forza nell’avventura della vita.
Olga Pia