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I “vaccini omeopatici” – curarsi con l’omeoprofilassi

I vaccini omeopatici sono valide alternative, anche perché non presentano i rischi delle reazioni avverse alle vaccinazioni “classiche”. Ce ne parla la dottoressa Emma Pistelli, medico omeopata, in questo articolo pubblicato sul sito di ASSIS (Associazione di Studi e Informazione sulla Salute).

Cos’è l’omeoprofilassi

L’omeoprofilassi, anche detta profilassi omeopatica, può definirsi come l’impiego di rimedi omeopatici, opportunamente diluiti e dinamizzati, per prevenire la diffusione delle malattie infettive.

Nei libri di medicina, la malattia infettiva è l’insieme di sintomi e lesioni patologiche che si determinano a causa di un agente infettante esterno, virus o batterio, che si è reso capace di penetrare all’interno di un organismo e di moltiplicarsi, provocando alterazioni tali da compromettere lo stato di salute. Le malattie infettive si trasmettono da un individuo malato a un individuo sano, mediante il contagio, cioè un contatto che può essere diretto o mediato da un veicolo, come l’acqua, l’aria o il cibo.

Tuttavia la malattia infettiva non è la conseguenza automatica di ogni esposizione all’agente infettivo, ma dipende anche dalla capacità di difesa e di reazione dell’organismo oggetto del contagio. Nel determinare la malattia entrano in gioco due ordini di fattori, che interagiscono tra loro: la patogenicità e la virulenza dell’agente infettante da una parte e il grado di resistenza dell’individuo ospite. Le specie microbiche o virali, che abbiano sviluppato strategie di adattamento atte a parassitare e a infettare un determinato ospite, sono dette patogene. Ad esempio, il Vibrio cholerae è patogeno per l’uomo mentre altri microrganismi lo sono per altre specie.

Come funzionano le difese immunitarie

All’interno di una specie di microrganismi patogeni, si riconoscono ceppi più o meno virulenti. La virulenza misura la forza di provocare un danno. Per ogni agente infettante si riconoscono vari fattori di virulenza, cioè meccanismi in grado di assicurare loro la penetrazione e la moltiplicazione all’interno dell’organismo. Sono fattori che impediscono ai microrganismi di essere allontanati meccanicamente dalla detersione fisiologica delle mucose e della cute oppure che riducono la fagocitosi dell’ospite, producendo proteine sulla membrana cellulare oppure costruendo un guscio di polisaccaridi. In altri casi secernono enzimi come la coagulasi o la jaluronidasi, che ne permettono la diffusione nei tessuti dell’ospite. Un altro elemento da considerare è che non tutti gli agenti infettanti sono in grado di danneggiare tutti i tessuti, ma manifestano una sorta di tropismo particolare, come accade per lo Streptoccoccus mutans che attacca i denti, ma non danneggia la lingua.

L’altro attore, nella determinazione della malattia, è costituito dalla capacità di difesa dell’ospite, cioè dal suo sistema immunitario. Nel sistema immunitario si riconoscono due componenti: il sistema immunitario innato o non specifico, che costituisce la prima linea di difesa dell’organismo, e il sistema immunitario adattativo o specifico, che rappresenta invece la seconda linea difensiva. In entrambe le componenti intervengono meccanismi di difesa umorali e cellulari. Inoltre, ogni componente interagisce con l’altra.

Per dare un’immagine, potremmo dire che il sistema immunitario aspecifico o innato funziona come i fossati e le mura che proteggono un castello, mentre il sistema immunitario specifico o adattativo agisce in un secondo tempo ed è simile ai soldati che interverranno a difesa del castello, dopo che saranno state violate le mura. L’immagine è ancora più calzante se si pensa che gran parte dell’efficacia di questa componente del sistema immunitario risiede nell’integrità anatomica e fisiologica di cute e mucose.

I limiti del sistema immunitario

Quindi il sistema immunitario aspecifico o innato entra in azione molto rapidamente, senza tempi di latenza tra aggressione e risposta. Agisce accumulando cellule immuno-competenti nel sito dell’aggressione, grazie alla produzione di fattori chimici specifici come le citochine; attiva la cascata del complemento che aumenta la permeabilità dell’endotelio dei vasi, attira le cellule dell’infiammazione e neutralizza le cellule morte; elimina le sostanze estranee presenti nei tessuti mediante cellule della serie bianca del sangue; infine stimola l’attivazione del sistema immunitario specifico grazie ad un processo noto come presentazione dell’antigene.

Un limite del sistema immunitario aspecifico o innato è quello che, nonostante intervenga in ogni caso di aggressione, non è in grado di discriminare con cosa viene in contatto, non conserva una memoria specifica dell’agente infettivo e non è potenziato dalla successiva esposizione allo stesso agente. All’opposto, il sistema immunitario specifico o adattativo è antigene-specifico e reagisce solo con il microrganismo con cui è venuto in contatto in passato: ha, verso questo, una sorta di memoria e quindi la capacità di riattivarsi.

Non è mia intenzione approfondire i meccanismi d’azione del sistema immunitario. Semplicemente vorrei far notare la complessità degli interventi che il nostro organismo attua nel difendersi prima ancora di reclutare plasmacellule e anticorpi.

Il ruolo dei vaccini classici

Questa “prima linea” difensiva è fondamentale ma spesso è limitata dall’azione di farmaci che ne deprimono l’azione. Al primo posto ci sono i corticosteroidi, che inibiscono non solo i segni clinici dell’infiammazione, ma indeboliscono l’azione delle tante cellule e molecole predisposte. Anche i vaccini convenzionali, producono uno squilibrio analogo, dato che stimolano oltre misura la componente specifica e deprimono la componente aspecifica o innata. Tornando all’immagine del castello e delle mura, è come se la difesa fosse affidata a truppe scelte, dotate di armi tecnologicamente sofisticate, ma che, distrattamente lasciassero aperto il portone del castello e abbassassero il ponte levatoio.

Altra cosa da ricordare è che l’esposizione agli agenti patogeni dei vaccini è fatta seguendo vie innaturali, sia per l’agente infettante sia per l’organismo che riceve la vaccinazione. La natura aveva previsto altre vie di esposizione, come respiro o ingestione, che sono tranquillamente by-passate, mediante l’inoculazione parenterale, dai vaccini.

L’omeopatia agisce rafforzando il sistema immunitario aspecifico o innato ed è mediante quest’azione di rinforzo che i vaccini omeopatici agiscono nel dare protezione alle malattie infettive. Non producono un più alto livello anticorpale, ma stimolano le difese aspecifiche dell’organismo (1).

L’immunità naturale attiva e passiva

A questo proposito, esistono, nella letteratura scientifica, alcuni studi che, se ancora lontani dal descrivere esattamente il meccanismo d’azione dei vaccini omeopatici, sono però abbastanza incoraggianti. Una delle difficoltà, nei vari modelli sperimentali in vitro e negli animali, è riuscire a tenere conto della legge di similitudine, che è un elemento fondante dell’omeopatia. Nonostante ciò, sono stati condotti esperimenti e si sono saggiate soluzioni ultra-diluite di rimedi omeopatici che, in modi diversi, hanno manifestato di agire sulle cellule dell’infiammazione e quindi dell’immunità aspecifica, come i macrofagi, i granulociti, i fibroblasti e i linfociti. Una review di queste ricerche, insieme con osservazioni originali, è contenuta in alcuni studi di Paolo Bellavite (2) che da anni studia gli effetti delle ultra-diluizioni in vitro e negli animali.

Quando nei libri di medicina si parla di “immunità” nei confronti di una certa malattia infettiva, ci si riferisce solitamente alla presenza di anticorpi specifici per quella malattia. Si distingue un’immunità naturale attiva, quando si hanno sufficienti anticorpi dopo aver contratto una malattia ed esserne guariti. L’immunità naturale è passiva quando gli anticorpi passano dalla madre al figlio in gravidanza, per via transplacentare, oppure con l’allattamento. E questa è una ragione in più per consigliare vivamente l’allattamento al seno.

L’immunità artificiale

Esiste poi un’immunità artificiale ed è quella che si ottiene con i vaccini, così come sono concepiti dalla medicina convenzionale, e con la sieroprofilassi. Mentre la sieroprofilassi, come quella che si pratica nel prevenire il tetano, dà un’immunità in tempi rapidi ma solo temporanea, di solo qualche settimana, l’immunità dei vaccini, perché si realizzi, richiede da due a sei mesi e dovrebbe essere permanente, cioè durare tutta la vita.

La realtà delle cose purtroppo non è così. Ad esempio, sembra che il vaccino contro la pertosse fornisca una protezione minima nei confronti della malattia. Nel 20143 in California si è assistito a un’epidemia che ha colpito i bambini di una vasta area geografica, dove il tasso di vaccinazione è del 95%. La protezione sarebbe minima anche esponendo i bambini a richiami ripetuti. Il Centro statunitense per il controllo e la prevenzione delle malattie (CDC), raccomanda la vaccinazione ai bambini contro la pertosse prima di entrare all’asilo (5 iniezioni), e dopo un altro richiamo supplementare nel settimo anno di frequenza. Questi dati fanno riflettere. Perché se già l’idea di un vaccino può essere poco accettabile in ragione dei rischi, sicuramente non è accettabile correre questi rischi e non avere, come contropartita, una protezione permanente ed efficace verso quella malattia. Non esistendo una copertura permanente, a vita, c’è anche il rischio di essere contagiati in età adulta quando le complicanze di malattie, spesso innocue in età infantile, possono essere più gravi. Come accade per il morbillo, la rosolia o la parotite.

I limiti dei vaccini classici

La risposta immunitaria ai vaccini, cioè la capacità di produrre anticorpi, può dipendere da più fattori, in parte legati al vaccino e in parte all’ospite. In passato, più volte è capitato che alcuni vaccini siano stati ritirati dal commercio perché non in grado di conferire un’immunizzazione efficace e adeguata. Un caso (4) è quello di un vaccino esavalente, l’Hexavac, prodotto dalla casa farmaceutica Sanofi Pasteur. Il 17 novembre 2005 la Commissione europea ha sospeso l’autorizzazione all’immissione in commercio, su raccomandazione del comitato dell’Agenzia per i medicinali per uso umano (CHMP), a causa del sospetto d’inefficacia nell’indurre protezione a breve e lungo termine nei confronti dell’epatite, mentre l’11 aprile 2012 Sanofi Pasteur MSD ha volontariamente ritirato l’autorizzazione all’immissione in commercio del vaccino Hexavac. Nel caso di questo vaccino, si contestava l’inefficacia nel produrre immunità contro l’Epatite B.

Oltre ad un difetto di progettazione e di preparazione, il vaccino può non essere efficace perché non è ben conservato ed è interrotta la “catena del freddo”. Inoltre, un difetto d’immunizzazione può dipendere anche dall’ospite, ci sono infatti i cosiddetti “non-responder”. Questi sono soggetti non in grado di produrre un titolo di anticorpi sufficientemente alto da proteggerli dall’infezione. Sempre nel caso del vaccino anti-Epatite B, si è visto che la probabilità di essere un “non-responder” aumenta dopo i 25 anni d’età e/o se vi sono alcuni fattori associati, come età, obesità, malattie croniche e fattori genetici (molecole HLA). In questi casi, si consiglia di fare altre tre inoculazioni di richiamo, ma non sempre questa pratica è seguita dall’immunizzazione. In ogni caso, quando la risposta immunitaria al vaccino anti-Epatite B c’è, questa dura fino ai cinque anni, sebbene già dopo uno o due anni il titolo anticorpale scenda (5). Anche per altri vaccini, si è visto che il titolo anticorpale tende a diminuire.

Si dice che il poliovirus del vaccino abbia un’attività immunitaria sovrapponibile a quella del virus selvaggio, tuttavia numerosi studi epidemiologici rivelano livelli bassi o indosabili di anticorpi tra gli adolescenti. Si dice che la protezione conferita dai vaccini anti-morbillo, anti-rosolia e anti-parotite sarebbe duratura. Purtroppo la mia esperienza mi dice che non sempre è vero. Alcuni miei piccoli pazienti autistici hanno fatto il dosaggio per gli anticorpi contro il morbillo e questi anticorpi avevano un titolo bassissimo, incapace di alcuna protezione.

I punti di debolezza dei vaccini classici

Per concludere, potremmo dire che i vaccini convenzionali hanno molti punti di debolezza:

  • Espongono a gravi rischi sia nel breve che nel lungo termine: sono farmaci a tutti gli effetti e farmaci “pesanti” per la presenza, al loro interno, di molte sostanze tossiche;
  • Non danno una copertura “permanente”, che duri cioè tutta la vita: il rischio di ammalarsi in età adulta, con il rischio di complicanze gravi, è reale;
  • Spesso i vaccini non danno neppure un’immunità nell’età infantile a meno che non si attui una serie di richiami ravvicinati, come dimostra l’esperienza americana;
  • Mettono in squilibrio il sistema immunitario riducendo le possibilità di una difesa naturale dalle malattie. Più fonti confermano che i bambini non vaccinati, in assoluto, si ammalano meno dei bambini vaccinati;
  • Non esistono studi sugli effetti a lungo termine dei vaccini e quindi anche la scienza ufficiale ignora le conseguenze dopo venti, trent’anni;
  • I vaccini determinano una selezione naturale di certi ceppi virali o batterici, che da innocui o scarsamente patogeni, stanno diventando i protagonisti negativi di nuove e pericolose malattie, come sarà discusso in un altro capitolo di questo libro.

L’omeoprofilassi e i vaccini omeopatici

A questo punto, esploriamo in dettaglio l’Omeoprofilassi.

L’uso di vaccini omeopatici nelle epidemie infettive tiene conto delle due leggi fondamentali dell’Omeopatia: la legge dei simili e la legge della dose minima. La legge dei simili dice che per curare una malattia si deve usare un rimedio, cioè una sostanza opportunamente diluita e dinamizzata (6), che sia “simile” alla malattia da curare. La similitudine deve essere tra i sintomi della malattia e i sintomi che il rimedio produce nell’uomo sano. I rimedi omeopatici sono, infatti, sperimentati da donne e uomini sani, che volontariamente assumono il rimedio da testare fino a produrre una serie di sintomi fisici e psicologici, che, nel loro insieme, definiscono l’“immagine” del rimedio.

L’omeopata non fa altro che confrontare i sintomi della malattia con i sintomi del rimedio e sceglierà il rimedio che ha maggiore somiglianza con la malattia. Alla fine, si può dire che si cura la malattia con la stessa sostanza che è in grado di produrre quella stessa malattia. Il rimedio omeopatico, a differenza del farmaco allopatico che agisce quantitativamente, ha azione qualitativa; il che vuol dire che i farmaci allopatici o convenzionali, in ragione delle dosi ponderali determinano effetti fisico-chimici che caratterizzano la loro azione farmacologica ma anche effetti collaterali e reazioni avverse.

I rimedi omeopatici sono sostanze naturali, derivate dai tre regni animale, vegetale e minerale, in cui, con i processi di diluizione e di dinamizzazione, si potenziano gli effetti curativi, annullando gli effetti tossici, legati alla componente materiale che, secondo la legge di Avogadro (7), scompare del tutto dopo aver raggiunto la potenza 12CH. Con dose minima s’intende quella dose piccolissima ma sufficiente a stimolare una reazione.

Storia dei vaccini omeopatici

L’omeopatia nasce circa due secoli fa grazie alle intuizioni del medico tedesco Samuel Hahnemann. La prima prova dell’efficacia dei rimedi omeopatici nelle epidemie infettive l’ha data lo stesso Hahnemann nel 1798 durante un’epidemia di scarlattina. All’epoca non erano stati ancora scoperti gli antibiotici e la scarlattina mieteva vittime soprattutto tra i bambini. In base ai sintomi della scarlattina, Hahnemann scelse, sulla base della legge dei simili, un rimedio adatto, la belladonna, che si dimostrò efficace sia nel curare chi era già malato sia nel proteggere chi era sano.

La letteratura omeopatica è piena di esempi come questo e molti sono sostenuti da numeri e statistiche. Ad esempio, in pieno secolo diciannovesimo, l’inglese Dudgeon prescrisse sempre la belladonna in un’epidemia di scarlattina e ottenne i seguenti risultati: su 1646 bambini esposti al contagio solo 123 si ammalarono, cioè solo il 7.4% contro il 90% dei bambini non trattati con la belladonna. L’efficacia di questo “vaccino omeopatico” fu quindi elevata, arrivando al 92,9%. Sempre in quegli anni, l’americano Eaton fronteggiò un’epidemia di vaiolo con un rimedio, Variolinum, ricavato dalle secrezioni delle pustole di vaiolo e poi diluito e dinamizzato fino ad arrivare alla trentesima potenza. Il rimedio fu somministrato a 2806 persone, di queste 547 ebbero un contagio sicuro ma 14 soltanto svilupparono la malattia. La percentuale di efficacia fu del 97,5%.

I due tipi di vaccini omeopatici

Nel dare questi due esempi, si vede che i rimedi scelti nelle epidemie sono di due tipi: ci sono i rimedi scelti sulla scorta della similarità dei sintomi della malattia, come la belladonna, e i rimedi ottenuti da tessuti patologici prodotti dalla malattia, come Variolinum. In quest’ultimo caso, la similarità tra malattia e rimedio è massima, dato che il rimedio è ottenuto da un insieme di agenti infettanti e tessuti patologici. I rimedi di questo tipo sono detti “nosodi” e, possiamo dire, in omeopatia esiste un nosode per ogni malattia infettiva.

Nei due esempi dati, il rimedio omeopatico cura i pazienti malati e protegge i sani dall’infezione. È però una protezione a breve termine. Esiste, in omeopatia, anche la possibilità di dare una protezione più a lungo termine. Per ottenere questo, si può ricorrere a vaccini omeopatici scelti sulla base della legge dei simili oppure ai nosodi delle malattie, che somministrati, secondo tempi e scadenze precise, permettono di garantire un’adeguata difesa alle malattie infettive. In questo modo, i rimedi omeopatici possono essere un’alternativa ai vaccini convenzionali.

Altri vantaggi dei vaccini omeopatici

Un altro aspetto interessante e fondamentale è che i vaccini omeopatici non hanno rischi collaterali e dà una copertura, tra l’80% e il 90%, sovrapponibile ai vaccini convenzionali.

In tempi più recenti, sono state fatte esperienze su larga scala, soprattutto in Paesi del terzo mondo, dove non ci sono le risorse economiche per campagne vaccinali “all’occidentale” e dove c’è un reale interesse a indagare nuove strategie di profilassi. Qui di seguito, suddivisi per malattia, elenco alcune di queste campagne di omeoprofilassi moderne (8).

  • Chikungunya: la Chikungunya è una malattia virale acuta, tropicale, trasmessa dalle punture di zanzara infetta, con sintomi simili a quelli dell’influenza: febbre alta, cefalea, stanchezza e, soprattutto, infiammazione delle articolazioni con importanti dolori che talora costringono il paziente ad assumere una posizione piegata nel tentativo di alleviare la sofferenza (in swahili, “chikungunya” significa “ciò che curva” o “contorce”). Nel 2006, nella regione del Kerala, in India, un gruppo di medici somministrò, in via preventiva, il rimedio Eupatorium perfoliatum. I risultati dello studio dimostrarono che nel gruppo non protetto i casi superarono il 73 %, mentre nel gruppo protetto i casi che contrassero la malattia, furono il 17%.
  • Dengue: è una malattia infettiva tropicale causata da un virus trasmesso da una zanzara, si presenta con febbre, dolori articolari e muscolari, esantema simile al morbillo; in alcuni casi evolve verso una febbre emorragica che può portare a shock e morte. Nel 1996 Il Central Council of Research in Homoeopathy indiano, durante un’epidemia di Dengue a Delhi, dispose la somministrazione del nosode Dengueinum 30CH a 39.200 persone durante un’epidemia di Dengue. Dieci giorni dopo, fu osservato che solo 5 persone (lo 0.125%) avevano sviluppato sintomi lievi, mentre i restanti nessun sintomo.
    Solitamente, secondo le informazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, l’incidenza media è del 50%, con picchi fino all’80%. Nel 2001, nello stato di San Paolo in Brasile, fu somministrato Eupatorium perfoliatum 30 CH, durante un’epidemia, al 40% della popolazione. L’incidenza dell’infezione nel gruppo delle persone trattate, rispetto ai non trattati, scese dell’81.5%.
    L’uso dell’omeoprofilassi nello scongiurare le epidemie di Dengue è stato fatto a Cuba nel 2006, nel 2007 di nuovo nello stato di San Paolo in Brasile, nel 2008 nella contea di Macaé, vicino a Rio de Janeiro, sempre in Brasile. In quest’ultimo caso, l’incidenza della malattia, nei pazienti trattati con vaccini omeopatici, confrontando i dati delle epidemie precedenti, scese del 93%, mentre tra i pazienti non trattati salì del 123%. Negli anni dal 2008 al 2013 ci sono state altre campagne di prevenzione in Brasile, a Cuba e in India, usando vari rimedi e sempre con ottimi risultati.
  • Meningite da meningococco: riporto, per questa malattia, un esempio per tutti. Nel 1998 ci fu un’epidemia di meningite di tipo B in Brasile. Non essendoci alcun vaccino contro il meningococco di tipo B, per immunizzare 65.826 bambini, fu usato il nosode Meningococcinum. Altri 23.539 bambini non furono invece immunizzati. I due gruppi furono tenuti sotto osservazione per dodici mesi. L’efficacia di questi vaccini omeopatici fu del 95% dopo sei mesi e del 91% dopo dodici mesi. Di questa esperienza esiste un resoconto preciso pubblicato nella rivista omeopatica Homoeopathic Links (9).
  • Leptospirosi: è una malattia infettiva acuta sistemica di tipo vasculitico, causata da spirochete del genere Leptospira, che sono trasmesse all’uomo da animali domestici e selvatici. I sintomi possono variare da lievi come mal di testa, dolori muscolari e febbre a gravi con emorragia dai polmoni o meningite; a volte c’è ittero e scompenso renale e morte. Nell’agosto 2007, il Finlay Institute del L’Avana, Cuba, per affrontare le epidemie di leptospirosi che annualmente, dopo il periodo dei tifoni e il conseguente inquinamento delle acque, e incapace, per mancanza di fondi, di allestire una campagna di vaccinazione con vaccini convenzionali, ripiegò su uno dei vaccini omeopatici, distribuendo due dosi di Leptospirosis nosode, da prendersi a distanza di due settimane, a due milioni e mezzo di persone, cioè agli abitanti di due province dell’isola. Dopo due settimane dalla somministrazione, il numero dei contagiati scese dell’84%, mentre nelle province dove non si era praticata l’omeoprofilassi, rimase ai valori delle epidemie degli anni precedenti. L’effetto protettivo si mantenne anche nell’anno successivo, nonostante non si fosse ripetuto il trattamento con il rimedio omeopatico. Anche nell’anno successivo il numero dei casi scese dell’84%, registrando nessun decesso, mentre nello stesso anno, tra i non trattati, salì del 22%.
  • Poliomielite: il primo caso di utilizzo di vaccini omeopatici per la poliomielite risale all’Ottocento, quando il dottor Grimmer di Chicago trattò in via preventiva 5.000 bambini con Lathyrus sativus, un rimedio ottenuto dai semi di un legume, la cicerchia. La profilassi ebbe successo e nessun bambino si ammalò. Partendo dalla sua esperienza, in più occasioni, Lathyrus sativus fu somministrato per proteggere dall’infezione: nel 1850 in Sud-Africa furono trattati 82 bambini e nessuno contrasse l’infezione; negli anni dal 1956 al 1958, il dottor Eisfelder somministrò in via profilattica Lathyrus sativus a 6.000 bambini e di questi nessuno si ammalò o manifestò effetti collaterali.
    Altre due epidemie di poliomielite, questa volta nella città di Buenos Aires in Argentina, furono controllate sempre usando lo stesso rimedio. Nella prima, nel 1957, furono trattati migliaia di bambini e non si ebbe nessun caso d’infezione. Nella seconda, nel 1975, 40.000 bambini furono protetti con Lathyrus sativus e nessuno di loro fu contagiato.

L’elenco delle malattie oggetto di campagne di omeoprofilassi documentate, con cifre e statistiche, è lungo e comprende il colera, la difterite, l’influenza, la malaria, l’encefalite giapponese, l’epatite, oltre alla scarlattina e al vaiolo ricordati all’inizio dell’articolo. Per ulteriori informazioni rimando agli articoli citati.

Vaccini omeopatici a breve e lungo termine

L’omeoprofilassi, da un punto di vista della durata della protezione, può essere distinta in:

  • Omeoprofilassi a breve termine, quando c’è un pericolo immediato d’infezione e la necessità di ottenere una protezione in tempi brevi; gli esempi delle campagne di vaccini omeopatici descritte sopra riguardano essenzialmente questo tipo di profilassi, con qualche eccezione come nel caso dell’esperienza di Cuba contro le epidemie di leptospirosi. In quel caso la somministrazione del nosode omeopatico aveva controllato il contagio anche nell’anno successivo.
  • Omeoprofilassi a lungo termine, cioè una serie d’interventi atti a proteggere per lungo tempo.

L’omeoprofilassi a breve termine, oltre che in corso di epidemie, è senz’altro utile quando ci si reca in aree geografiche endemiche per certe malattie (11). In questi casi esistono vari tipi di “protocolli” da seguire prima della partenza. Gli interventi utilizzano o rimedi “simili” alla malattia o “rimedi nosodi” ottenuti dalle lesioni prodotte dalla malattia. Lo scopo è quello di “saturare” la suscettibilità individuale alla malattia e nel caso si contragga la malattia, questa avrà un andamento più lieve e la guarigione sarà velocizzata. Inoltre lo stesso rimedio, impiegato per la profilassi, può essere usato come cura della malattia.

Questi sono alcuni dei rimedi indicati:

  • Febbre Gialla, Dengue emorragico ed anche Ebola: Crotalus horridus
  • Febbre gialla: Nosode della Febbre Gialla
  • Epatite A: Phosphorus
  • Dengue: Eupatorium perfoliatum o Dengueinum
  • Tifo: Baptisia tinctoria oppure Thyphoidinum
  • Colera: Veratrum album, Cuprum metallicum, Camphora oppure Nosode Tossina del Colera.

Per quanto riguarda la Malaria, ci sono esperienze diverse. Ad esempio, si consiglia l’uso del Nosode della Malaria oppure la successione di singole dosi di vari rimedi distanziati da una settimana: Phosphorus, Arsenicum album, Natrum muriaticum e infine China officinalis.

Solitamente, tutti questi interventi dovrebbero essere completati almeno un mese prima della partenza, per poi prolungarli e mantenerli anche durante il viaggio o la permanenza nei luoghi “a rischio”, con una cadenza, all’incirca, di una dose ogni due settimane.

La potenza e la frequenza di somministrazione dei rimedi per l’omeoprofilassi devono tener conto di alcune variabili come il livello “energetico” della persona, delle sue capacità reattive e dalle probabilità di esposizione e dalla virulenza della malattia. Quindi di volta in volta si useranno dosi singole o frazionate di 200CH, 1000 o 10.000. La scelta del rimedio e della potenza non è un qualcosa che si può fare da soli, ma c’è bisogno dell’aiuto di un bravo omeopata.

Esiste poi l’omeoprofilassi a lungo termine, cioè che duri per un tempo più lungo: questo proposito, è importante l’esperienza dell’australiano Isaac Golden, autore di libri sull’argomento. È anche un attivo ricercatore ed ha raccolto le osservazioni di vent’anni di uso dell’omeoprofilassi (12). Ha messo a punto un programma di omeoprofilassi e ne ha valutato l’efficacia nei bambini da lui trattati. Il suo programma risulta possedere una copertura pari al 90,4%.

È indubbio che, prima di proporre un’alternativa alle vaccinazioni convenzionali, sarebbe da considerare la reale necessità di proteggersi da certe malattie non letali, come la rosolia o il morbillo.

Tuttavia, si deve considerare che ci sono situazioni in cui può essere utile proporre un’alternativa. Ci sono pazienti, bambini e adulti immuno-depressi, che non sosterrebbero una vaccinazione convenzionale ma che potrebbero avvantaggiarsi con una protezione verso certe malattie. Penso ad esempio, agli over-65 cardiopatici o diabetici, cui ogni anno si prospetta la vaccinazione anti-influenzale. Oppure ai bambini già danneggiati dai vaccini cui può essere utile dare un’alternativa e una protezione per malattie che, poco pericolose per la gran parte dei soggetti, potrebbero essere per loro molto impegnative. Infine, l’omeoprofilassi può essere proposta a quei genitori che, anche se schierati contro le vaccinazioni, ancora temono certe malattie per i loro figli.

Molti esponenti della “scienza ufficiale” criticano l’efficacia dell’omeoprofilassi, asserendo che non sono mai stati condotti trials clinici randomizzati. Si potrebbe contestare che, in sé, i trials clinici randomizzati non sono una prova certa, tanto è vero che molti farmaci, che avevano superato questo tipo di valutazione, sono stati poi ritirati dal mercato perché inefficaci o, peggio, dannosi, in quanto causa di molti effetti avversi. Lo stesso problema si ha anche per i vaccini convenzionali che, superati questi test, poi all’atto pratico non manifestano grande efficacia di copertura oppure provocano molti e gravi effetti avversi.

Per concludere, posso dire che i dati raccolti in più di due secoli di pratica omeopatica, che molto brevemente ho illustrato, insieme con l’assenza di rischi ed effetti collaterali, fanno dell’omeoprofilassi una valida alternativa alle vaccinazioni convenzionali.


di Emma Pistelli
Dottoressa


Bibliografia e note

1) R. Verspoor, Homeopathy and Immunization: the Principled Basis for the Use of Medicine for Disease Prevention in Hahnemann’s Medical System, Hahnemann Center for Heilkunst, 2002

2)  P. Bellavite, A. Conforti, F. Pontarollo, R. Ortolani, Immunology and Homeopathy. Cells of the Immune System and Inflammation; Department of Scienze Morfologico-Biomediche, Department of Medicina e Sanità Pubblica and Association for Integrative Medicine ‘Giovanni Scolaro’ University of Verona, 2006

3) P. Bellavite, R. Ortolani, A. Conforti, Immunology and Homeopathy. Experimental Studies on Animal Models, Department of Scienze Morfologico-Biomediche, Association for Integrative Medicine ‘‘Giovanni Scolaro’’ and Department of Medicina e Sanità Pubblica, University of Verona,Italy http://www.medscape.com/viewarticle/835898
http://www.naturalnews.com/articoli/vaccino-hexavac-parlamento.php, 2014

5) J. Reichen et al. Hepatitis B Virusinfektion: Diagnose, klinische Folgen, Therapie und Prophylaxe. PRAXIS, 2002

6) Per “dinamizzazione” s’intende uno scuotimento energico alla soluzione.

7) Il numero di Avogadro, è il numero di particelle (solitamente atomi, molecole o ioni) contenute in una mole. La mole è un’unità di misura della quantità di sostanza. Tale numero di particelle è pari a circa 6,022 × 1023 [mol-1]. Per cui se diluisco per un numero di volte pari a 1024 o a 100 12 , come accade alla potenza 12 CH, la sostanza materiale, i suoi atomi o le sue molecole, non sono più chimicamente dosabili.

8) F. Sheffield, “Homeoprophylaxis: Human Records, Studies and Trials” in www.fransheffieldhomeopathy.com, 2005 – 2013 (aggiornato al dicembre 2013)

9) C. Mroninski, E. Adriano, G. Mattos, Meningococcinum: Its protective effect against meningococcal disease, Homoeopathic Links Winter Vol 14(4), 2001, pp. 230-4

10) www.homeopathyresource.wordpress.com

11) “Vaccine Free Homeopathic Alternative to Vaccination”

12) I. Golden, The Complete Practitioner’s Manual of Homeoprophylaxis, Emryss, 2013

Commenti (4)

    • Magonzo Genovese

    • 4 anni fa

    Sei da denuncia per le stronzate che hai scritto! Vergognati. Spero almeno che tu sia uno dei tanti turlupinatori che girano in rete e non un medico, altrimenti ci sarebbe da toglierti seduta stante la laurea…

    • Gasby

    • 4 anni fa

    Cioè qualcuno paga per fare al proprio bambino un vaccino omeopatico ? già non funzionano bene i vaccini normali figuriamoci dargli acqua fresca…

    • FRA.BISC.

    • 3 anni fa

    GRAZIE davvero molto per essersi dedicata ed aver scritto su questo argomento che purtroppo sembra venga ostacolato.

    • Elisabeth

    • 11 mesi fa

    Grazie per questo articolo. purtroppo l’ ignoranza nei commenti si legge e non ha limiti.

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