Una nuova vita cresce dentro di me, il mio corpo cambia, nuove emozioni mi invadono, nuove paure, nuove domande.
Lo accolgo fuori dal mio corpo, tra i miei seni, nella mia mente, nella mia casa, le mie mani si muovono attente, lo tocco, lo annuso, studio i suoi lineamenti, il suo corpicino, una vita nuova da conoscere.
Apro la scatola, prendo la mia nuova fascia tra le mani e le chiedo aiuto, le chiedo di accogliere il mio bambino: è lunga, sembra morbida ma non so bene se lo sia abbastanza, scorro le mie dita sui sui orli, la accarezzo, una fascia nuova da conoscere.
Mi prendo del tempo per noi, creo la legatura, faccio spazio, lo visualizzo, inserisco il mio bambino.
Le chiedo di avvolgerci dolcemente ma mi accorgo di essere in apnea, mi impegno a respirare, a rilassare le spalle, a camminare, a sentire il mio bambino stretto al mio corpo, forse mi manca un po’ il fiato, forse mi sento un po’ troppo co-stretta, sento il suo corpicino che preme sul mio, ho anche paura di fargli male. Sento la difficoltà di una nuova esperienza, di un’esperienza che mi tocca nel profondo. Non mi sono mai legata addosso nessuno, non sono mai stata legata addosso a nessuno.
Mi accorgo di non avere ben teso il tessuto, un orlo risulta troppo morbido, il mio cucciolo pende un po’ verso destra, sento l’esigenza di sostenere la sua testina con la mia mano.
Il giorno seguente mi immergo nuovamente in questo rituale, manipolo con più energia il tessuto, tendo maggiormente gli orli, decido di legare più stretta la mia fasciatura, mi ricordo di fare un profondo respiro prima di inserire il mio bambino. Adesso lo sento più sostenuto, la sua testina è ben contenuta, sento che creiamo insieme un nuovo baricentro.
Riprendo in mano la mia fascia e il giorno dopo e il giorno dopo ancora. La mia fascia inizia a capirci, la addomestico, la maneggio con più sicurezza, sento che si ammorbidisce sotto il mio tocco, sento che le mie mani diventano più esperte, il mio corpo impara ad ascoltare come mi sento, so che può fare quello che le chiedo, che se lo lavoro ogni orlo risponderà, riconosco le pieghe nel tessuto, quelle che le mie mani hanno creato pettinandola giorno dopo giorno.
Il mio bambino cresce e io con lui, ormai lo maneggio con sicurezza, lo inserisco nella fascia e lui si accomoda naturalmente e ci rilassiamo insieme.
Utilizzare la fascia è sempre più semplice, ormai è morbidissima, si autopettina e io mi fido completamente di lei e di noi.
I mesi e gli anni passano, la nostra fascia è diventata parte della nostra famiglia, è stato il telo con cui abbiamo camminato insieme, la coperta che ci ha scaldato, la fune che ci ha fatto giocare, il nostro telo per il pic nic, ha il nostro odore.
Nel mio utero sta crescendo una nuova vita, il mio pancione si riempie, un nuovo bambino da conoscere. So che con lui farò un viaggio diverso dal primo ma ho già imparato a fidarmi delle mie mani, delle mie braccia, di quello che mi comunica il mio corpo.
So che questa volta ritroverò la mia fascia già morbida, si lascerà plasmare sotto il mio tocco esperto, le sue pieghe risponderanno sicure. I miei occhi le dedicano uno sguardo emozionato, pieno di gratitudine, ci siamo conosciute che eravamo diverse, entrambe inesperte, rigide, avevamo entrambe bisogno di ammorbidirci.
Ho avuto bisogno di tempo per conoscerla, come ho avuto bisogno di tempo per conoscere il mio bambino, ho avuto bisogno di tempo per imparare a toccarla, come ho avuto bisogno di tempo per imparare a toccare il mio bambino, ho avuto bisogno di tempo per imparare a fidarmi di lei come ho avuto bisogno di tempo per imparare a fidarmi del mio bambino, ho avuto bisogno di tempo per rilassare il mio corpo come la mia fascia ha avuto bisogno di tempo per ammorbidirsi.
Ci siamo incontrate quando eravamo entrambe “nuove”, avrei potuto acquistarne una usata, magari più pregiata e già ammorbidita ma credo di aver avuto bisogno di vivere la difficoltà con lei e di crescere insieme.
Adesso ne riconosco l’importanza e sono pronta a sperimentare, domani una mia amica mi farà provare una delle sue…la famiglia si allarga.
Margherita Chiappini e Sarah Cinquini