Lo sport è un valore, riconosciuto dalle Nazioni Unite come diritto fondamentale dell’individuo, che deve essere coltivato sin dalla tenera età, sotto forma di gioco, per poi trasformarsi, nell’età adulta, in un impegno sano e continuativo.
Dalla teoria alla pratica.
Nel nostro ordinamento, l’attività sportiva del minore è stata sino ad ora considerata, nei casi di famiglie separate, come spesa di carattere straordinario e, come tale, subordinata al preventivo consenso di entrambi i genitori.
E’ evidente, però, che nei casi di più elevata conflittualità, l’obbligo della preventiva concertazione delle spese c.d. straordinarie, finisce per lasciare ampio spazio a reciproci ricatti e prese di posizione, tanto inutili quanto dannosi per il benessere psico-fisico del minore.
Recentemente, con l’ordinanza 30 luglio 2015, n. 16175, la Cassazione Civile. Sezione VI°, è intervenuta proprio su questa annosa questione, affermando un principio generale innovatore, a mente del quale, la preventiva concertazione delle spese straordinarie può diventare superflua, laddove il Giudice verifichi:
a) la corrispondenza di quella spesa all’interesse del minore: il giudice dovrà, pertanto, esaminare in concreto se la spesa anticipata da uno dei genitori, senza il preventivo consenso dell’altro, sia effettivamente utile e nell’interesse del minore;
b) la compatibilità di quella spesa con i mezzi economici di cui i genitori dispongono: il giudice dovrà, quindi, valutare anche se la spesa anticipata dal genitore possa considerarsi proporzionata al tenore di vita dei genitori.
Questo orientamento, in passato già invero abbozzato da Cass. 19607/2011, ha trovato, con questa recentissima pronuncia della Suprema Corte, una conferma importante ma, trattandosi di un arresto molto recente, occorrerà verificare se sarà confermato da altre decisioni giurisprudenziali; solo in quel caso potremmo considerare definitivamente superato il precedente orientamento, in base al quale il genitore che chiedeva il rimborso della spesa straordinaria anticipata per il figlio, doveva dimostrare non solo di aver informato preventivamente l’altro genitore ma anche di averne ottenuto l’assenso, a pena di farsi carico in via esclusiva dell’esborso.
Nella fattispecie, con l’ordinanza di luglio testé citata, la Corte aveva rigettato il ricorso di un padre separato, che si era rifiutato di pagare il 50% delle spese straordinarie per la cameretta nuova della figlia e per uno stage all’estero finalizzato all’apprendimento della lingua.
Nel suo percorso motivazionale, la Corte ha affermato che: .
La speranza è quella che l’intervento della Corte aiuti a fare chiarezza su una materia che, essendo quasi sempre regolata per legge solo attraverso il richiamo a categorie generali (spese scolastiche, spese sportive, spese extrascolastiche, spese ludico/ricreative etc), non sempre è chiara; ma la speranza maggiore è che la decisione della Corte contribuisca a disincentivare quelle pratiche, tanto diffuse quanto dannose, di genitori separati che, aprioristicamente rifiutano di prestare il consenso a qualsiasi spesa, dimenticandosi dell’interesse dei figli e, cosa ancor più grave, omettendo di considerare che i figli continuano ad avere le medesime esigenze anche dopo che i genitori si sono divisi.
Avv. Paola Carrera (Avvocato civilista in Torino).