Sono un’insegnante di scuola superiore e se c’è una cosa che so bene è quanto la moderna educazione sia imbevuta di dati e informazioni tratte dalla ricerca. Gli insegnanti raccolgono ed esaminano dati in valutazioni didattiche (per vedere se gli studenti stanno imparando) e in valutazioni conclusive (per vedere se l’apprendimento è stato esaustivo).
Confrontiamo i dati relativi ai voti delle verifiche dell’anno corrente con quelli dell’anno precedente. Studiamo quello che dice la ricerca a proposito dei metodi didattici più efficaci. Ci si aspetta persino che raccogliamo dati per determinare e comunicare come poterci migliorare sul piano professionale.
In ambito educativo le locuzioni “fondato sulla ricerca” e “estrapolato dai dati” non fanno che risuonare ovunque. Ci viene ricordato a ogni piè sospinto che l’istruzione deve fondarsi sulla ricerca e sulla rilevazione dei dati.
Tranne quando evita di farlo.
Quando si tratta della ricreazione, dell’importanza del gioco e dell’attività fisica, troppe scuole ignorano i risultati della ricerca. Anziché trattare la ricreazione come una parte importante, anzi cruciale, della giornata scolastica, molte scuole si comportano ancora come se la ricreazione fosse un privilegio conferito agli studenti ben educati e condiscendenti. Viene utilizzata come strumento di contrattazione e preclusa quando si vuole comminare una punizione.
Noi genitori tendiamo ad accettarlo; dopo tutto, molti di noi ricordano di aver saltato la ricreazione ogni tanto per aver chiacchierato troppo o non aver finito i compiti.
Ricordo di essere rimasta più di qualche volta in classe del maestro Lovelady, in quarta elementare, a scrivere: “Non si parla in classe”, finchè non mi doleva la mano. Detestavo dover rinunciare alla ricreazione, ma sono sopravvissuta. Quindi perché preoccuparmi se mio figlio o altri bambini di tanto in tanto la saltano?
La differenza è che noi di ricreazioni ne avevamo tre. Nel complesso, avevamo più di un’ora al giorno per giocare, correre, chiacchierare e stare con gli amici. Molti bambini oggi sono fortunati ad avere venti minuti.
La ricreazione è necessaria allo sviluppo del bambino
La ricerca parla chiaro: secondo l’Accademia Americana di Pediatria (AAP), la ricreazione gioca un ruolo vitale nello sviluppo del bambino e i benefici sono di ordine emotivo, fisico, sociale e accademico. L’AAP ritiene che la ricreazione sia una componente cruciale e necessaria dello sviluppo infantile e, come tale, non dovrebbe essere negata per ragioni punitive o didattiche.
In altre parole, ai bambini la ricreazione serve e non dovrebbe mai essergli sottratta per punirli se si comportano male, se non hanno finito il lavoro assegnato o se hanno commesso degli errori.
La ricreazione non è un privilegio
Non si ripeterà mai abbastanza: la ricreazione non è un privilegio, non è una ricompensa. Nessun bambino dovrebbe mai essere costretto a “guadagnarsela”, né dovrebbe rinunciarvi come punizione. Poiché è una parte tanto necessaria per lo sviluppo dello studente, negarla ai bambini sarebbe come negar loro lo studio della matematica, la lettura o lo spelling. Non li aiuta a diventare studenti o persone migliori.
Perché dunque esistono ancora tante scuole che utilizzano questa forma di punizione?
Una soluzione semplice
Forse appare come una soluzione semplice per i comportamenti indesiderati. Il problema è che la punizione è spesso meno efficace nella correzione del comportamento rispetto ad altre forme di disciplina. Nel caso della ricreazione, è una punizione meno efficace anche perchè i bambini hanno bisogno di rilassarsi, socializzare e scorrazzare per riuscire poi a concentrarsi e comportarsi meglio in classe.
Più tempo all’istruzione
Un’altra ragione possibile per cui le scuole negano la ricreazione è che gli insegnanti lavorano con una quantità di tempo e di scelte limitata. La disciplina creativa sottrarrebbe tempo all’istruzione e agli altri studenti.
…l’infanzia è fugace e il tempo che i bambini dedicano al gioco durante il giorno è diminuito moltissimo negli ultimi anni. Le tendenze attuali dell’educazione hanno costretto molte scuole a limitare severamente, o in alcuni casi eliminare, la ricreazione.
Non è giusto e non è nell’interesse del bambino. Potrebbero volerci anni per ridare alla ricreazione il posto che le spetta nell’ambito dei programmi scolastici, ma il primo passo verso il suo ripristino è riconoscere che non si tratta di un privilegio riservato solo agli studenti modello.
Traduzione dall’inglese di Michela Orazzini
tratto da Huffingtonpost