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Ostetriche e nascita in ospedale: tra medicalizzazione e amore

Schermata 2016-01-05 alle 16.13.21Oggi vorrei partire da questa citazione per invitarvi ad una riflessione:

“Quando il parto fu spostato da casa all’ospedale Madre Natura non fu invitata”. David Chamberlain***

Al giorno d’oggi sono stati fatti dei passi avanti rispetto all’epoca a cui probabilmente si riferisce tale riflessione, ovvero il culmine della medicalizzazione dell’evento nascita negli anni ’70-’80.

In quegli anni la Nascita divenne del tutto un atto medico del quale il professionista era detentore assoluto. La futura madre altro non poteva (o doveva) fare che affidarvisi, l’obiettivo era preservare la salute di madre e figlio a qualsiasi costo e nei tempi più brevi, con qualsiasi mezzo farmacologico e non, tralasciando completamente quegli aspetti psico-emozionali tanto importanti che oggi sappiamo essere in effetti il vero fulcro attorno al quale ruota la nascita in quanto evento per buonissima parte psicologico, emozionale e governato dagli ormoni, così tanto legati proprio a questi ultimi aspetti!

Ma la riflessione oggi non vuol essere questa, ne tantomeno relativa ai motivi che spinsero il parto fuori dalle mura domestiche verso le asettiche sale ospedaliere e nelle mani del medico, o inerente al motivo per cui l’ostetrica andò mano a mano perdendo il proprio ruolo e la propria autonomia professionale nell’evento nascita.

No, oggi la mia riflessione vuol spingervi altrove.

Partendo dal fatto che non è giusto generalizzare, vorrei spezzare una lancia in favore di tutte quelle (tante per fortuna) colleghe ostetriche che tutti i giorni in ospedale si dedicano alla Nascita e alla Maternità con amore, dedizione e passione ponendo sempre la Donna e le sue necessità ed emozioni al centro, assistendole ed accogliendole con il rispetto dei tempi e degli spazi.

Non è vero che oggi Madre Natura in ospedale non viene invitata. Diciamo che non viene invitata da tutti, ecco, che non viene invitata ad ogni parto, questo sì…purtroppo. Lo dimostra il fatto (tristissimo a parer mio) che prendendo a campione un dato ospedale e la sua relativa unità di ostetricia troveremo feedback decisamente positivi e altri decisamente negativi da parte delle Madri che vi hanno partorito. La struttura è la medesima, i protocolli anche. Come si spiega che una donna descriva il suo parto naturale come una meravigliosa esperienza, ringraziando l’ostetrica dolcissima e rispettosa ed un’altra invece descriva la propria esperienza come traumatica, o che si sia sentita abbandonata a se stessa, non compresa o addirittura “aggredita” da interventi farmacologici o strumentali o manovre non giustificati? Quanti cesarei ingiustificati avvengono? Episiotomie? Manovre di Kristeller? Induzioni? Visite vaginali troppo ravvicinate? Tante, troppe. Quante donne si sentono derubate della propria esperienza? Quante lasciate sole? Senza una spiegazione, una giustificazione? Quante ancora si sentono come un mero contenitore? Ancora troppe…

Com’è possibile, mi chiedo, che oggi si debba contare sulla fortuna quando si sceglie l’ospedale di riferimento per il parto? La fortuna di trovare in turno l’ostetrica o il medico che rispetteranno quel parto, quella donna, quel bambino, i loro tempi e i loro spazi…

La fortuna di non trovare il professionista che pretende il monitoraggio continuo per tutto il travaglio, che effettua troppe visite vaginali o che addirittura accompagni le spinte espulsive con le dita in vagina. La fortuna di non trovare chi impone una particolare posizione in travaglio o pretende l’episiotomia….

La fortuna di trovare il professionista che conosce la fisiologia del parto e si fida di Madre Natura e di quella Donna e del suo Bambino. La fortuna di trovare chi invita Madre Natura al Parto.

Emanuela Rocca

***David Chamberlain è medico e psicologo perinatale, presidente di APPPAH (Association for Pre and Perinatal Psychology and Health)

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