N.B. Questo articolo è il 3° di una serie di contributi appositamente tradotti per approfondire le tematiche del best seller di Naomi Aldort (tra poco tradotto in Italia):
Se vuoi leggere il 1° contributo “Un nuovo libro per la collana del Bambino Naturale: Il best seller di Naomi Aldort!” CLICCA QUI
Se vuoi leggere il 2° contributo “Capire e comunicare coi bambini? I consigli di Naomi Aldort” CLICCA QUI
Se vuoi leggere il 4° contributo “Siamo genitori “bambinocentrici”? Se accudiamo ad alto contatto, prende il “vizio”? I consigli di Naomi Aldort ” CLICCA QUI
Nel libro di Naomi Aldort, che pubblicheremo a breve, uno sguardo molto sapiente è rivolto anche al significato e al ruolo di tutte le emozioni. Sappiamo che tante difficoltà di adolescenti e adulti, dall’aggressività alla ribellione, dalla depressione all’apatia, dall’uso di droghe ai disturbi alimentari, sono il risultato di un disagio, legato all’impossibilità del bambino di crescere con una vita emotiva sana. Il controllo, la negazione dei sentimenti, il giudizio e il peso delle aspettative, agiscono sulla psiche con esiti nefasti, anche se questi atteggiamenti vengono attuati con gentilezza e affetto, ciò che anzi rende i bambini ancora più confusi, insicuri e arrabbiati. Nella terza anteprima di questo nuovo titolo del Bambino Naturale, vi proponiamo uno stralcio di particolare acutezza su una verità dolorosa e perlopiù misconosciuta: il prezzo del controllo.
“Per quanto alcuni genitori sostengano che i metodi di controllo forniscono una struttura che incoraggia i comportamenti desiderati e sembra rendere persino contenti i bambini, ricordate che bambini cooperativi dall’apparenza felice e tranquilla non sempre sono davvero gioiosi e sereni; è possibile che si stiano solo sforzando di accontentare gli altri e essere all’altezza delle aspettative. Dietro le loro azioni si nasconde forse il timore di esprimersi in modo autentico. Quando agiscono con compiacenza per soddisfare gli altri, la loro felicità è solo quella di far piacere ai genitori, non di fare ciò che stanno facendo (aiutare, condividere, studiare). Questa apparente felicità rende difficile al genitore notare che la vera natura del bambino sta pian piano sfiorendo.
Una madre, per esempio, mi disse: “Quando mando mia figlia nella sua stanza o la sculaccio lei si calma e si comporta meglio.” Il punto è: “Meglio per chi?” Il bambino che si adegua spinto dalla paura non sta facendo meglio ma peggio. Ha rinunciato a essere guida di se stesso, preferendo restare al sicuro e accontentare i genitori. Per quanto punizioni, time-out, conseguenze e altri metodi vengano messi in atto con gentilezza e incontrino un atteggiamento “cooperativo” da parte del bambino, essi hanno un costo. Siamo spesso inconsapevoli del prezzo da pagare, finquando, magari anni dopo, quello stesso bambino mostrerà i segni di una scarsa autenticità, l’incapacità ad affermarsi, depressione, dipendenza da droghe, violenza, comportamenti autodistruttivi.
Un figlio non può sentire l’amore dei genitori fintanto che sia controllato da essi. Diventa, invece, dipendente e tuttavia isolato; in seguito sentirà egli stesso il bisogno di controllare gli altri in modi attivi o passivi. L’assertività (interpretata a volte come “ribellione”) è una dimostrazione di volontà e quindi di forza emotiva. La rinuncia del bambino obbediente è una dimostrazione di paura e di handicap emotivo. Come scrive l’educatore russo L.S.Vygotsky: “Le persone con forti passioni, che realizzano grandi imprese, dall’intenso sentire e dalla mente prodigiosa, la cui personalità è forte, di rado da piccoli sono stati bambini bravi e ubbidienti.” Il controllo, per quanto gentile, inganna sia il genitore sia il bambino. Un bambino che coopera con facilità, magari persino sorridendo, dopo aver subìto un time-out, delle conseguenze o altre varianti di questo genere di misure, è troppo insicuro per dar voce alla sua ferita, e spesso è alienato dai propri sentimenti. Deve credere che i genitori stiano facendo la cosa giusta e conclude perciò che il suo senso di disagio e di ingiustizia sia un errore di cui non fidarsi.
Persino il sistema definito da alcuni delle “conseguenze naturali” è perlopiù frutto di imposizioni unilaterali del genitore, causa perciò gli stessi danni e la stessa sfiducia delle punizioni. Se davvero è naturale, accadrà senza l’intervento di alcuno. Un padre, per esempio, mi raccontò che la conseguenza naturale del non finire le faccende di casa era che il figlio non sarebbe andato dal suo amico, ma sarebbe rimasto a casa a sbrigare le faccende. Se ci si aspetta che un figlio lavi i piatti e lui non lo fa, l’unica conseguenza davvero naturale è che i piatti restano sporchi. Disdire un appuntamento di gioco è una punizione imposta dal genitore contro la volontà del figlio. E il figlio ne avrà timore come di qualunque altra punizione. Per verificare la validità di questa osservazione, chiedetevi come vi sentireste se il vostro coniuge o compagno vi dicesse che, poiché non avete tagliato l’erba in giardino come deciso, dovete farlo ora e saltare la lezione di yoga. Potreste decidere di saltare la lezione, così come il ragazzo che ha trascurato i piatti potrebbe decidere, dopo che abbiate espresso i vostri sentimenti, di lavarli prima di andare dal suo amico; comunque, simili scelte devono essere il frutto di una comunicazione rispettosa fra le persone coinvolte, e devono fondarsi su preferenze sincere. Potete offrirvi gentilmente di lavare i piatti o trovare qualche altra soluzione rispettosa. Potreste anche chiedervi perché i piatti non sono stati lavati e magari scoprire che bisogna riorganizzare i carichi di lavoro o le aspettative. È l’aspetto legato al controllo che crea distacco e paura, non le decisioni e le soluzioni di per sé. Se offrite il vostro aiuto, il bambino imparerà ad aiutare senza condizioni. Il timore che abbia il sopravvento su di voi, già menzionato nel capitolo sull’amore, limita la vostra capacità di essere generosi e trasmette quella paura a vostro figlio.
Quando sono controllati, gli esseri umani si sentono umiliati e isolati. Se si applicano metodi coercitivi con la gentilezza, il bambino ne è solo confuso e potrebbe pensare che il suo senso di umiliazione sia inadeguato e vada soppresso: “I miei genitori sono così bravi, perché io mi sento così male? Dev’esserci qualcosa di sbagliato in me!” Dall’altro lato, il genitore è ingannato dalla compiacenza del figlio e crede che il controllo sia benefico, quando invece lo ferisce e lo confonde.
Nei nostri momenti di maggior disperazione è necessario ricordare che le misure disciplinari che generano la paura portano a un’obbedienza fondata sulla paura, non a bambini che crescono bene. Poiché ciò per cui tanto lottiamo si può ottenere anche senza ledere la dignità di alcuno, non c’è bisogno di ricorrere ai vecchi metodi che feriscono il bambino, vìolano la sua autonomia e danneggiano la nostra relazione con lui. Quando nostro figlio non avrà timore di poter essere se stesso, agirà con competenza, non perché vuole accontentarvi, ma perché vuole riuscire; sarà premuroso e gentile non perché vi teme, ma perché vi ama.”
Michela Orazzini (curatrice della rubrica “tradotti per voi”)
Tradotto da Michela Orazzini