Dicono che tutte le mamme hanno il latte. Ma i numeri, sembrano dire qualcos’altro. Le percentuali delle donne che allattano in modo esclusivo al momento della dimissione dal punto nascita e al terzo mese di vita del bambino non confermano questa affermazione. A questo argomento ho dedicato un libro, pochi anni fa, e ho intervistato tante, tantissime donne che avrebbero desiderato allattare ma poi non ci sono riuscite. Attenzione, non stiamo parlando delle mamme che, fatte le loro riflessioni, per motivi loro personalissimi, hanno deciso di non allattare. In questo caso è stata una scelta consapevole che non è argomento di questo articolo. Stiamo parlando di quelle tante, troppe donne che ci hanno provato, hanno attaccato al seno il loro piccino appena nato, e nei giorni successivi si sono trovate alle prese con “poco latte”, ragadi, “bimbo che non cresceva”, ingorghi, pianti inconsolabili, e via così. Quelle mamme che hanno concluso, spesso con grande dispiacere, di non avere latte o di non averne abbastanza.
Però. Dato che le mamme che non stanno più allattando dopo il terzo mese di vita del bebè sono la maggioranza e non un’eccezione, c’è da chiedersi cosa sta succedendo al nostro corpo. Se l’allattamento è stato per secoli, anzi no, per millenni, la garanzia di sopravvivenza della specie, com’è che ora le nostre ghiandole mammarie non funzionano più? Quelle stesse ghiandole che funzionano ancora normalmente in tanti altri paesi del mondo? Ci stiamo forse involvendo? Non trovate che ci sia qualcosa di strano, in questa situazione? E se così fosse, perché gli esperti di salute non sono in allarme? Se a un certo punto della storia, 6 donne italiane su 10 avessero una parte del corpo (tutte la stessa) che non funziona, se la maggior parte di noi – che so – non producesse più saliva o lacrime, non esiteremmo a cercare una spiegazione scientifica, una soluzione, una cura.
Ma torniamo a noi. Alla mamma che avrebbe voluto allattare e non ce l’ha fatta. Ipotizziamo che il suo corpo avrebbe potuto produrre latte a sufficienza. E facciamo il passo successivo: avrebbe potuto farlo se…?
Semplice: se avesse ricevuto le informazioni giuste e un sostegno adeguato. Quindi non è il suo corpo che non funzionava bene, non è la mamma che non si è impegnata abbastanza, non è il bambino che era troppo grande/piccolo/pigro/vorace.
Il problema non è la mamma o nella mamma. Il problema è fuori dalla mamma, tutto intorno a lei. Il problema è chi avrebbe dovuto darle indicazioni corrette e le ha detto sciocchezze. Chi avrebbe dovuto incoraggiarla e l’ha fatta dubitare di se stessa, chi avrebbe dovuto aiutarla perché tutto funzionasse al meglio e non è stato capace di farlo. In ospedale, a casa, in famiglia, nella comunità. E facciamo un ulteriore passo. E qui cito una breve riflessione dal libro “Latte di mamma… tutte tranne me“: “Allattare è un diritto di madre e bambino. Un diritto che viene negato ogni volta che la donna non riceve il sostegno necessario. Un diritto di cui, spesso, neppure abbiamo consapevolezza. Ed è una vergogna che questo diritto ad oggi sia affidato al caso: se la donna partorisce in un ospedale che ha provveduto a formare il proprio personale, viene aiutata e molto probabilmente inizia ad allattare felicemente, se la donna partorisce in un ospedale che non ha provveduto a formare il proprio personale, riceve indicazioni errate o inadeguate e molto probabilmente allatta con grande fatica e per un periodo più breve di quanto avrebbe voluto”. E una volta tornata a casa, quali suggerimenti riceverà dal pediatra? Dipende. Da pediatra a pediatra. Ci sono professionisti eccezionali, aggiornati, competenti e motivati a promuovere e proteggere l’allattamento. E altri che purtroppo, non sono così. Per niente. E in famiglia? Ci sono nonne ben informate e positive o parenti che mettono i bastoni tra le ruote, creano dubbi, accrescono le incertezze? E il neopapà? È pronto a sostenere e incoraggiare? È convinto dell’importanza per la sua famiglia – per il suo bambino, per la sua compagna e per lui – dell’allattamento?
E concludo con le parole di Latte di mamma… tutte tranne me: “È un problema sociale, questo. Altro che mamme “poco volenterose”. Altro che sensi di colpa”.
Giorgia Cozza