La notizia è di pochi giorni fa. Il Parlamento francese si è pronunciato ufficialmente contro le punizioni corporali, diventando così il 52esimo Paese nel mondo che ha messo al bando la sculacciata. La prima nazione a pronunciarsi in questo senso era stata la Svezia, nell’ormai lontano 1979. La legge accoglie le raccomandazioni degli esperti dell’età evolutiva che da tempo sottolineano il fatto che il ricorso a sberle e sculaccioni non abbia un’efficacia a livello educativo e sia anzi dannoso. In pratica, i bambini non crescono meglio se i genitori alzano le mani. Tutt’altro.
La notizia della risoluzione francese non ha mancato di suscitare reazioni forti, come sempre accade quando si solleva questo argomento delicato. Delicato perché è un tema che riguarda tutti, che ci tocca nel profondo, come figli ancor prima che come genitori.
C’è chi entra subito in sintonia con questa nuova visione dell’educazione che non comprende le punizioni corporali, chi “sente” che questa è la strada giusta, la migliore per la propria famiglia, e c’è chi non riesce o non vuole accettare la critica agli sculaccioni.
Ma perché facciamo fatica ad accogliere la proposta di un’educazione non violenta che metta al bando definitivamente la possibilità di alzare le mani sui bambini? Credo che il problema sia che ci sentiamo toccati in prima persona.
Innanzitutto come figli che, molto probabilmente qualche sberla, l’hanno ricevuta. Se si ammette che la sculacciata è sbagliata, allora c’è la possibilità che noi non siamo cresciuti bene? Abbiamo forse qualcosa che non va? Qualcosa di meno rispetto a chi non è mai stato picchiato? Questi dubbi, che possono sorgere a livello più o meno consapevole, non sono pensieri piacevoli. Non è un caso se la risposta che nasce istintiva in questi casi è che “siamo cresciuti bene comunque”. Ed è vero che siamo cresciuti bene comunque, sia chiaro. Non sono in discussione il nostro valore o la nostra persona!
La seconda resistenza forte riguarda i nostri genitori. Il divieto alla sculacciata può infatti essere vissuto come una critica a chi ci ha cresciuto con impegno e amore e, sì, anche qualche sberla. Anche qui sorge spontanea la risposta: “la mia mamma/il mio papà, ogni tanto me le dava, ma era un ottimo genitore”. Oppure sentiamo il bisogno di sottolineare che abbiamo preso qualche sberla, ma i nostri genitori ci volevano bene. Non possiamo certo sopportare il dubbio di non essere stati amati.
Ma a questo punto è bene fare chiarezza. Ciò che viene criticato è un metodo educativo, non le singole persone che lo hanno applicato. Non le famiglie.
I nostri genitori sono stati ottimi genitori e ci hanno voluto (e tuttora ci vogliono) un bene dell’anima. Molto semplicemente, hanno fatto ricorso alla sculacciata perché quella era la norma, l’unica strada conosciuta (sperimentata da secoli) e socialmente condivisa.
Quello era il metodo con cui erano stati cresciuti, quello era il metodo che hanno riproposto una volta diventati genitori. Il pensiero comune era che le sberle fossero utili, giuste, efficaci.
Oggi, però, ne sappiamo di più sullo sviluppo psicologico ed emotivo del bambino. Molti studi sono stati compiuti e il progresso delle conoscenze deve tradursi in un progresso delle modalità con cui si interagisce con i piccoli. Non dobbiamo avere paura di fare un passo avanti, di allontanarci da una strada che si è dimostrata non essere la migliore.
In passato era assolutamente normale anche che i maestri ricorressero alle punizioni corporali, ma oggi chi sosterrebbe la validità delle bacchettate sulle dita per favorire l’apprendimento o l’impegno scolastico?
E se torniamo ancora più indietro, un tempo era considerato accettabile che il marito alzasse le mani sulla moglie quando secondo lui si comportava in modo inadeguato…
Quando si capisce che si può fare di meglio, è il momento di “buttarsi”, di avere coraggio. Di cambiare.
Oggi sappiamo che le punizioni corporali minano l’autostima del bambino, lo inducono ad obbedire per paura, offrono un cattivo esempio (difficile spiegare ai figli che la violenza è sbagliata se i genitori quando sono in collera alzano le mani).
E se fino ad oggi anche noi abbiamo fatto ricorso agli sculaccioni? Lo abbiamo detto, non significa che ci siamo comportati male, abbiamo fatto quello che potevamo sulla base delle conoscenze in nostro possesso. Ora però siamo chiamati a metterci in discussione. È il momento di farci delle domande e di trovare le nostre risposte.
E infine l’ultimo grande dubbio. Dire addio alla sculacciata significa che dobbiamo rinunciare a educare i piccoli?
No, ci mancherebbe. I genitori sono chiamati a svolgere un fondamentale ruolo di guida, a mostrare il cammino ai propri figli, prima di tutto con l’esempio (insegniamo ai nostri figli, semplicemente vivendo) e poi con le parole. E quando il nostro bambino non ci dà ascolto? Certo una sberla potrebbe troncare sul nascere ogni resistenza, ma cosa avremmo ottenuto? Un’obbedienza momentanea, dovuta al dolore, alla mortificazione, alla paura. Sicuramente non è questo il nostro obiettivo.
È compito nostro individuare dei “capisaldi educativi” che riteniamo importanti, e spiegarli in modo semplice, adeguato all’età dei nostri bambini. Attenzione, spiegare e rispiegare. Ancora e ancora. Perché per i bambini il mondo è tutto nuovo e da imparare, ed è necessario che i concetti vengano ripetuti per comprenderli bene e interiorizzarli. Serve tanta pazienza, è vero. Qualche volta forse perderemo ancora la calma. Siamo esseri umani, possiamo sbagliare e possiamo scusarci. Un bellissimo insegnamento per i nostri figli.
Siamo la generazione di passaggio, i primi genitori chiamati a crescere i loro bambini senza punizioni corporali. Non è un compito facile, ma è un compito importante che ci rende protagonisti attivi della costruzione di un mondo di pace. Un mondo dove non ci sia più spazio per la violenza (neppure a “piccole dosi”), ma solo per il dialogo, la comprensione reciproca, l’amore.
Con noi si apre un nuovo capitolo. Non è poco, vero?
Giorgia Cozza
Per approfondire questo tema vi consigliamo queste letture:
-
La sculacciata, di Olivier Maurel
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Amarli senza se e senza ma, di Alfie Kohn
Andrea
Questo è bellissimo! Da portare a scuola per poi dare a ogni genitore, un mondo migliore siamo noi! Grazie, Andrea Botteon.
elisa
Speriamo! Sono convinta che non salveremo mai le donne finché continueremo a prendercela con i bambini