Conservati con modalità che rispondono a fini commerciali, i cibi in scatola per i piccoli cominciarono a diffondersi nel primo Novecento. La produzione si allargò tra industrie concorrenti e invase il mercato, modificando i costumi fino a renderli indispensabili: non potete fare a meno
di noi!
Facilitanti per l’adulto, omogeneizzati e pappe pronte limitano invece il bambino sotto vari aspetti. In questo articolo tratto dal libro Aiutami a mangiare da solo!, Grazia Honegger Fresco spiega perché evitarli a favore di un’alimentazione naturale.
Omogeneizzati e pappe pronte: cosa contengono?
Intanto che cosa c’è in quelle scatoline dall’aria innocua? Conviene leggere con attenzione le etichette: legumi e altri vegetali, insieme a carni (bovini, suini, agnelli, polli, conigli, pesci di vario tipo), nonché latte, grassi, sale, zucchero. Insomma, di tutto un po’ ridotto in crema semisolida.
Per conservare a lungo il loro contenuto (finché sono ben chiuse) sono sottoposte a temperature molto elevate, 135 gradi e oltre (anche il latte UHT a lunga conservazione è trattato così); il guaio è che questa “cottura” uccide ogni elemento vitale che invece gli stessi alimenti, crudi o cotti per breve tempo, conservano.
Veicolo di intolleranze e allergie?
Questi cibi in scatola, dal costo non indifferente, possono provocare intolleranze e perfino allergie come qualcuno afferma?
Intanto non è possibile dirlo con sicurezza: di certo si sa che sono due disturbi di origine diversa. I cibi industriali (per bambini come per adulti) possono veicolare involontariamente i cosiddetti allergeni, sostanze di per sé non pericolose, ma che rischiano di esserlo per individui più sensibili
per via genetica. Quando si appartiene a una famiglia in cui qualcuno soffre di dermatiti, asma e disturbi analoghi, occorre prevenire nei modi opportuni, evitando anche una sola scatola, nemmeno quella di salvataggio in casi del tutto eccezionali (un viaggio, una gita, un’emergenza
qualsiasi).
Aiutami a mangiare da solo!
L’alimentazione dei bambini da 0 a 3 anni
Quali preziosi consigli darebbe Maria Montessori sull’alimentazione dei bambini?
Una guida per rendere il momento del pasto un’occasione per aiutare i più piccoli a “fare da soli”.
La pappa pronta per gestire l’emergenza
Se si è previdenti, anche nelle situazioni speciali è possibile nutrire il bambino con cibi preparati nella cucina di casa, congelati, scaldati a bagnomaria o conservati per poche ore in piccoli thermos.
L’abuso di cibi in scatola è comunque sconsigliabile a tutti; anche le salse e i legumi precotti in lattina o i celebri formaggini, avvolti in carta stagnola, di contenuto scadente rispetto ai formaggi stagionati come il parmigiano o il pecorino. A maggior ragione non sono da usare nei pasti quotidiani di un bambino.
L’aggiunta che dà sapore
Molti adulti, convinti di fare il bene dei loro figli, commettono un altro errore: quello di aggiungere piccole quantità di omogeneizzati a semolini e minestrine già a partire dal 4°-5° mese.
“Ma sono buoni di sapore!”, dice una mamma. Può darsi, ma non abbiamo alcuna certezza che “l’aggiuntina” precoce sia bene accetta da un organismo così giovane da non avere ancora
un corredo di enzimi in grado di assimilare molecole complesse di proteine, zuccheri e grassi, che invece ragazzini e adulti digeriscono senza difficoltà.
Il problema sta nell’ossessiva, perniciosa abitudine a voler anticipare le tappe (e non solo nell’alimentazione), saltando i tempi previsti da Madre Natura per lo sviluppo dell’essere umano.
Invece delle pappe industriali
I cibi in scatola, anche se hanno colori e sapori un po’ diversi (l’arancio della carota o della zucca, il verde dei piselli, il bianco del pesce), non permettono al bambino di conoscere quello che sta mangiando.
Si potrebbe dire che la stessa cosa accade anche con i passati fatti in casa ma le nuove guide
sullo svezzamento hanno eliminato l’introduzione di pappe e passati, favorendo invece la libera scoperta da parte del bambino degli stessi cibi che mangiano gli adulti.
Fin da subito il bambino impara a conoscere lo spicchio di mela o di pera, le schegge di parmigiano, i cubetti di pomodoro, alcune listarelle di carote o di pane raffermo o lievemente tostato; potrà associare a essi anche i gusti (il dolce e l’aspro, il saporito e l’insaporo) ed esprimere più chiaramente le sue preferenze.
Inoltre, ogni alimento ha un nome e i genitori, invece di dire “appa” e “bumba” o “dedde”, diranno acqua, latte, zucchine, perché il piccolo non ha bisogno di essere imitato, ma di sentire le parole esatte per poterle a sua volta perfezionare, e arricchire così il suo vocabolario.
di Grazia Honegger Fresco
dalla Prefazione al libro Aiutami a mangiare da solo! L’alimentazione dei bambini da 0 a 3 anni.