Il distacco tra mamma e bambino è un momento critico che può, però, rivelarsi meno traumatico di quanto siamo abituati a credere se preceduto da un buon attaccamento.
John Bowlby, nella sua teoria dell’ attaccamento, intuì come questo riveste un ruolo centrale nell’individuo, influenzando lo sviluppo della sua personalità fin dai primi anni di vita.
Nicoletta Bressan, educatrice perinatale e insegnante di massaggio infantile AIMI, in questo articolo ci invita a fare tesoro di questo tempo prezioso, subito dopo la nascita del bambino, affinché un buon attaccamento favorisca un sereno primo distacco.
Arriva il momento del distacco: l’asilo, la scuola, il lavoro
Il tempo fugge, come un bambino che ha appena imparato a correre.
Felice della scoperta, corre libero e non vuole essere fermato. È la sua natura, è il suo slancio vitale il moto interiore che lo fa scappare fino a che, esausto, non si abbandona alle braccia della mamma.
Ecco, il tempo scappa allo stesso modo, birichino, un istante rapidissimo, poi si ferma e ci illude di dilatarsi all’estremo, tanto che, facendo un bilancio tra prima e dopo, sembra non sia passato. Sono poi gli eventi importanti, quelli che rompono la quotidianità, a farci rendere conto di quanti battiti di cuore siano intercorsi tra un momento ormai passato e quello presente.
C’è una motivazione, se parlo di tempo.
Questo è il periodo degli inizi, dell’asilo, della scuola, del rientro al lavoro. Quest’anno ancora un po’ di più rispetto ai precedenti, perché l’incertezza ci ha colti e noi, sprovvisti di protezione, camminiamo verso nuovi inizi ancora pieni di dubbi, aggravando situazioni già di per sé impegnative. È il periodo del distacco.
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Attaccamento e distacco: la riuscita del primo favorisce il secondo
Nel mio lavoro quotidiano con i genitori ho imparato che non esiste buon distacco se non c’è stato un buon attaccamento: una relazione forte, una tessitura che possa stringere il legame oltre le situazioni, oltre il tempo.
Siamo sempre così affaccendati, sempre a correre come pazzi come palline in un flipper.
Ma ci sono delle verità profonde che si disinteressano totalmente della modernità e del suo tempo rapido e, come spesso accade, sono i bambini che nella loro innocenza ci dicono o lasciano emergere dai loro comportamenti la semplicità della questione.
Quando nasce un bambino, le difficoltà sono molte. Voglio però credere, ancora oggi, che le gioie siano immense.
A volte sovrastate dalla stanchezza, dalla fatica, dai dubbi, dalle incomprensioni, dai problemi reali e da quelli immaginati, le gioie sono come quei fiori che sbucano dal cemento, rivoluzionari, come gli squarci di luce da un cielo nuvoloso, belle, come la speranza. Siamo così immersi nel tran tran quotidiano da percepire così poca gioia e così tanta fatica, un po’ come chi quei fiori colorati tra l’asfalto grigio non li sa guardare più.
Peggio ancora: limitiamo lo sguardo per concentrarci su chissà quale teoria, quale rigore, con la paura del vizio, dell’errore, di crescere figli manipolatori o senza carattere.
Ma la presenza non porta a questo: dona sicurezza, quella che serve per affrontare il passare del tempo e i suoi eventi critici.
Amare un bambino profondamente, dedicargli le proprie giornate senza riuscire a fare nient’altro che giocare e accudire, è benefico non solo per loro: ci aiuta ad affrontare tutte quelle difficoltà che stiamo incontrando o che incontreremo nel cammino. Perché ci saranno, e noi lo sappiamo. Ancora di più ci aiuta ad affrontare il tempo che passa, il cambiamento, forti di aver costruito stabili basi da cuoi poter iniziare a cambiare, su cui costruire realtà multiple.
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Costruire un bagaglio di esperienze
Dovremmo costruirci giorno dopo giorno un bagaglio, una valigia piena di leggerezza, delle risate causate dalle pernacchie sul pancino, degli scherzetti che si fanno, delle situazioni assurde risolte rotolandosi sul pavimento, dei ti amo, dei bacetti, delle guance morbide e le labbra a cuoricino, delle facce angeliche di quando si addormentano e del ghigno luciferino di quando fanno le marachelle. Dei perché della vita, quelli che a volte lasciano anche noi senza spiegazione, ignoranti, spiazzati, imbarazzati per aver vissuto venti, trenta, quarant’anni della nostra vita su questa terra e non esserselo mai chiesti.
Dovremmo fare scorpacciate del piacere fisico, quasi sensuale, dato dallo stringere tra le braccia un corpo caldo e vivo, dal percepire il respiro e tutti gli atti corporali, dal sentire la vita in potenza vibrare tra le nostre mani.
Dovremmo assaporare la saturazione sensoriale e la pienezza della presenza, la sacralità di essere al cospetto di un bambino che oggi chiede tutto, ma domani, già domani, starà correndo libero per le strade della vita, senza volersi più fermare.
di Nicoletta Bressan
Educatrice perinatale e insegnante di massaggio infantile AIMI.