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epigenetica gravidanza salute bambino

L’epigenetica ci spiega come sia possibile che le nostre abitudini di vita incidano sul nostro stato di salute non solo secondo il modello causale che ben conosciamo (sedentarietà e alimentazione sbilanciata > obesità > coleserolo e trigliceridi alti, iperglicemia, ipertensione > eventi cardiovascolari; solo per citarne uno tra i più noti), ma anche per azione diretta sui nostri geni. Non si tratta di mutazioni a danno dei geni, come avviene nel caso di un danno radioattivo, per fare un esempio molto vistoso (ci sono anche quelle beninteso, ma qui stiamo parlando di altro), ma di meccanismi (detti epigenetici, appunto) di regolazione dell’espressione genica.
In questo articolo la dottoressa Fabiana Pompei, specializzata in Scienza dell’Alimentazione, spiega perché le abitudini di vita che una donna ha in gravidanza possono condizionare la salute del bambino proprio attraverso meccanismi epigenetici di regolazione: questi meccanismi, attivati dall’ambiente in cui la donna vive o dalle sue scelte di vita, agiscono non solo sul DNA materno ma anche su quello del bambino, andandolo a segnare temporaneamente o permanentemente. I segni lasciati sul DNA fetale daranno poi manifestazione di sé nel periodo di vita prenatale, nell’infanzia o quando il bambino sarà grande, nella sua età adulta insomma, arrivando a condizionare, secondo alcuni studiosi, anche le generazioni successive.

I termini maschili usati nel testo sono da intendersi per persone di ogni genere.

La genetica e l’ambiente nell’insorgenza delle malattie

Dopo la scoperta della molecola di DNA avvenuta nel 1953 per opera di Watson, Crick e della Franklin, siamo stati portati a pensare che se alcune malattie sono geneticamente determinate, altre invece sono causate dall’ambiente a cui ci esponiamo (alimentazione, inquinamento, fumo, alcool, ecc.).
Col tempo, spinti dalle nuove evidenze scientifiche, ci siamo persuasi del fatto che molte malattie presentassero una doppia componente causale: quella genetica e quella ambientale. Laddove ci fosse insomma una predisposizione genetica, questa da sola non sarebbe sufficiente a garantire lo sviluppo della malattia, perché, affinché questo accada, è necessario che in aggiunta alla genetica intervenga anche l’ambiente.
Facciamo un esempio. Ci può essere una familiarità per obesità (una componente genetica, si è soliti dire), ma per diventare obesi è necessario che la nostra dieta sia ipercalorica e sbilanciata e che la nostra vita sia sedentaria. La sola predisposizione genetica non basta, e questo vale per la maggior parte delle malattie: cardiovascolari, tumorali, neurodegenerative, ecc.

Cos’è l’epigenetica

Più recentemente poi, abbiamo aggiunto un nuovo tassello a quello che fin qui sapevamo: parlo della scoperta dell’epigenetica, cioè di quell’insieme di meccanismi biologici che avvengono a carico del DNA e che ne modificano l’espressione, pur non modificando il DNA.
Senza interferire con la composizione del nostro genoma, senza cioè procurare una mutazione del DNA, i meccanismi epigenetici intervengono comunemente sul DNA di una cellula definendola nel suo destino di cellula adulta e specializzata.
Vediamo come.
Innanzitutto, il DNA è la molecola in cui è trascritta l’informazione genetica utilizzata dalle nostre cellule per nascere e svilupparsi in una cellula “adulta” differenziata (una cellula della retina oculare, una cellula muscolare, una renale, un neurone, ecc.). Il DNA è lo stesso per tutte le cellule del nostro corpo: tutte le cellule insomma condividono la stessa identica informazione genica.
Ma allora come è possibile che si formino tante cellule diverse nel nostro organismo?
Questo avviene grazie ai meccanismi epigenetici di cui le cellule umane si sono dotate nel corso dell’evoluzione. Una cellula retinica si sviluppa con le competenze di una cellula retinica all’interno dell’occhio e non con quelle di una cellula muscolare, per esempio, perché al momento della sua nascita e differenziazione alcuni geni del DNA di quella cellula vengono silenziati, mentre altri vengono attivati. È qui che l’epigenetica interviene: il silenziamento e l’attivazione dei geni avviene grazie ai meccanismi epigenetici di cui la cellula è biologicamente provvista.
I geni attivati per la cellula retinica sono evidentemente diversi da quelli attivati per una cellula muscolare, ed è così che ognuno di noi possiede la moltitudine di cellule che in effetti ha, le cellule giuste nell’organo giusto.
La differenziazione in cellula retinica e cellula muscolare è mantenuta anche nelle “generazioni” cellulari successive: questo avviene perché i meccanismi epigenetici che hanno reso possibile la differenziazione della prima cellula vengono trasmessi alle cellule successive, di modo che la retina si mantenga retina e il muscolo si mantenga muscolo, in ogni sua cellula, per tutto l’arco della vita.
Vale la pena ripetere che questi meccanismi di accensione e silenziamento dei geni non vanno a modificare la sequenza di DNA, non creano cioè una mutazione sulla molecola di DNA, ma agiscono su questa lasciandola inalterata. A fronte insomma di un DNA integro e senza mutazioni, esistono meccanismi biologici che ne modificano l’espressione procurando l’attivazione di alcuni geni e l’addormentamento di altri. Questi meccanismi sono chiamati epigenetici, dove il prefisso “epi-” viene dal greco e significa “oltre”, cioè oltre la genetica, oltre il DNA.
S’intende che il DNA non è il solo responsabile della sintesi di tutti i caratteri di quella cellula, della sua definizione in cellula adulta specializzata (cioè in una cellula retinica invece che muscolare), ma ci sono meccanismi biochimici che orchestrano e guidano il DNA e che forniscono a questo i segnali di cosa fare, dove farlo e quando farlo.
I processi epigenetici scoperti sono numerosi e le modifiche che possono apportare all’espressione del DNA possono rivelarsi, come abbiamo visto, significative.
Facciamo un altro esempio, che non riguarda la specie umana, ma che vede le stesse leggi: in una farfalla, nel bruco da cui è nata, nel suo bozzolo, in tutti gli stadi evolutivi della sua vita insomma, il DNA posseduto da quell’insetto è sempre lo stesso, quello che si modifica è il controllo epigenetico che viene esercitato su quel DNA a seconda dello stadio in cui l’insetto si trova.
Quando quindi parliamo di un DNA la cui espressione può essere regolata da fattori che vanno aldilà della sua sequenza genica, parliamo di un fatto molto potente e non di qualcosa di collaterale al DNA, parliamo cioè di qualcosa che lo va a integrare in maniera essenziale per la vita.

L’ambiente agisce da attivatore epigenetico

Come abbiamo accennato, i meccanismi epigenetici sono meccanismi che le cellule di molti animali (i mammiferi certamente) hanno appreso nel corso dell’evoluzione e che regolano fisiologicamente molti stadi della vita cellulare di quell’animale.
Questi meccanismi possono essere innescati da innumerevoli fattori ambientali che, in questo modo, interagiscono con il DNA procurando modifiche epigenetiche alla sua espressione.
Alcuni di questi fattori ambientali sono:

  • l’alimentazione
  • l’attività fisica
  • il fumo
  • il sonno
  • i farmaci assunti
  • lo stress
  • l’ambiente sociale in cui interagiamo (il livello di cure ricevute, un’esperienza affettiva ricca o povera, un accudimento amoroso o carente, sono questi importantissimi fattori epigenetici nel bambino nei suoi primi anni di vita)
  • l’inquinamento ambientale (l’inquinamento dell’aria è uno tra i più potenti fattori epigenetici noti)
  • alcune condizioni metaboliche, un esempio: il diabete gestazionale

L’ambiente in cui viviamo può insomma agire in questo senso: attraverso meccanismi epigenetici, può spegnere o accendere alcuni geni piuttosto che altri, dicendo alla cellula cosa sintetizzare e cosa non, come differenziarsi, quando farlo, come rispondere a un insulto ambientale, ecc.
Dunque, fin qui l’esposizione a un fattore ambientale piuttosto che a un altro può condizionare l’espressione del nostro DNA; se a esporsi a quel fattore ambientale è però una donna incinta allora i condizionamenti epigenetici ricadranno anche sul DNA fetale oltre che su quello materno.

Epigenetica e gravidanza: l’epigenetica condiziona la salute dei nostri figli da prima della nascita

Abbiamo detto all’inizio che i meccanismi epigenetici che agiscono sul genoma materno possono modificare l’espressione dei geni del nascituro, condizionandone la salute in utero, alla nascita e da adulto. Ciò vuol dire che l’ambiente a cui la donna si espone in gravidanza può arrivare fino al genoma del bambino e agire su di esso, lasciando segni che possono essere momentanei e passeggeri, definitivi o di lunghissima durata, in una specie di ereditarietà ambientale.
Secondo alcuni scienziati questo condizionamento epigenetico agito dall’ambiente e dalle scelte di vita materne sul genoma del figlio si esprimerebbe non solo sul nascituro, ma addirittura anche sulla sua prole, cioè fino alla terza generazione: una vera e propria ereditarietà epigenetica, frutto dell’azione dell’ambiente sui geni.
Per capire meglio di cosa stiamo parlando, facciamo ancora una volta un esempio: una donna incinta che ha l’abitudine del fumo anche in gravidanza potrebbe procurare sul DNA del bambino modifiche epigenetiche. Il genoma del figlio verrà, come dire, “segnato” dall’abitudine al fumo della mamma e tali marcature potrebbero rimanere sul suo DNA anche in età adulta, e anche laddove quel figlio, diventato grande, non fumasse mai.
L’evidenza scientifica a questo proposito è forte: le abitudini di vita di una donna incinta si possono ripercuotere sulla salute del bambino in maniera permanente, proteggendolo o esponendolo a un maggior rischio di ammalarsi.
Quello che invece non trova d’accordo tutti gli scienziati è se questa trasmissibilità epigenetica possa valere anche per le generazioni successive, fino alla terza. Molti scienziati, in virtù dei meccanismi biologici che regolano l’embriogenesi, lo trovano improbabile, ma altri lo ritengono possibile. Ulteriori studi saranno necessari.

Epigenetica, gravidanza e salute del bambino: alcune evidenze finora note

  • Alcune ricerche hanno dimostrato che l’abitudine al fumo da parte della mamma espone il feto a cambiamenti epigenetici duraturi che si protraggono fino all’adolescenza e oltre, indipendentemente dall’esposizione postnatale del bambino al fumo. Questi sono associati a un aumentato rischio cardiovascolare e metabolico del figlio in età adulta.
  • Indagini sull’epigenetica hanno messo in luce che se il fumo e l’inquinamento dell’aria sono due tra i più potenti fattori ambientali a innescare meccanismi epigenetici che condizionano negativamente la nostra salute e quella dei nostri figli, i broccoli, l’uva, il tè verde e la frutta ricca in vitamina C sono invece tra gli alimenti che possono contrastare meglio i loro effetti epigenetici.
  • Altre ricerche hanno mostrato che, se la donna incinta è affetta da obesità, il bambino sarà più suscettibile in età adulta a malattie metaboliche e in particolare al diabete di tipo 2: l’obesità materna infatti favorisce l’avvio di meccanismi epigenetici che causano questa predisposizione nei figli. Una sana alimentazione e una regolare attività fisica praticata dalla mamma in gravidanza proteggono i bambini di queste donne dal rischio di diabete (anche laddove la donna rimanesse comunque affetta da obesità per tutto il corso della gravidanza).
  • Altri studi ancora supportano l’evidenza che l’esposizione prenatale a persistenti o ripetuti eventi stressanti (carestie, violenze, lutti, ma anche stati d’ansia prolungati, ecc.) può indurre modifiche epigenetiche che influenzano in ultimo lo sviluppo neurologico e psichico del bambino già dai primi anni di vita e per tutta l’età adulta (disturbi del comportamento, disturbi nell’apprendimento, nella sfera delle emozioni, fatica a tollerare situazioni di stress).

Tendenzialmente, le indicazioni da seguire in gravidanza sono sempre le stesse e ben note, ciò che cambia, alla luce di quanto detto, è la portata di queste indicazioni: mangiare bene in gravidanza, non fumare, muoversi regolarmente, astenersi dall’alcool, avere una buona igiene del sonno, non solo proteggono il bambino nell’utero o alla nascita, ma anche in età adulta.
Non sono più soltanto eventi puntuali che agiscono in quel momento della vita fetale del bambino, al parto o da neonato, ma sono eventi che possono modificare l’espressione dei geni del bambino, a lungo termine e in maniera permanente.


di Fabiana Pompei
Laureata in Medicina e Chirurgia e specializzata in Scienza dell’Alimentazione. Dopo anni passati in ambulatorio, ora scrive di ciò che più le interessa: nutrizione, educazione alimentare, pedagogia e genitorialità.

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