Che cos’è e come si fa l’homeschooling?
Sono in molti a parlare di homeschooling in questo periodo complesso: nelle chat, sui social, nei blog, nelle emittenti alternative. Dappertutto spuntano “esperti” di homeschooling mai sentiti prima, neanche fra chi pratica l’istruzione parentale già da anni. Ognuno dice la sua: tante teste, altrettante visioni, versioni, retroversioni, inversioni, attorcigliamenti.
Con Nunzia Vezzola, docente e socia fondatrice di LAIF, facciamo chiarezza e rispondiamo ai principali dubbi sull’homeschooling.
Facciamo chiarezza
Nella confusione generale, l’istruzione parentale viene fatta coincidere con la scuola privata, con la non-scuola improvvisata, con le lezioni a caro prezzo, con l’e-learning, con la Dad, con la Did a pagamento e chi più ne ha più ne metta.
Mamme intraprendenti si affrettano a imbastire “realtà homeschooling”, “progetti di parentale” o “gruppi informali” dai contorni decisamente vaghi e dall’identità non meglio precisata.
Genitori brillanti creano eventi informativi, ricreativi, innovativi, privati o riservati, meeting nazionali, regionali, presentazioni di “realtà amiche” o gruppi, organizzano feste dai nomi promettenti. Tutti impegnati a costruire la propria contea, piccola o grande che sia.
Pedagogisti, educatori, accompagnatori, tutor, avvocati si affollano, consigliano, propongono, suggeriscono, scrivono, si farciscono la bocca di bei discorsi, di idee affascinanti, di teorie innovative.
Improvvisamente pare che l’homeschooling sia stata inventata l’altro ieri, diciamo nel 2019, come alternativa alla scuola delle mascherine e dei distanziamenti. E che poi sia diventata l’incarnazione dell’istruzione antisistema.
Quel che è più grave è che questa percezione accomuna sia i rappresentanti delle istituzioni (scuola, comuni ecc), sia anche chi pratica l’istruzione parentale stessa.
Che peccato che la memoria sia così corta!
L’istruzione parentale non è un movimento recente: esiste in Italia da quando esiste l’Italia! Era regolata dalla Legge Coppino fin dal 1877 e, all’epoca, si chiamava “parentale” o “paterna”. È diffusa in moltissimi altri Paesi in Europa e nel mondo, dove è praticata legalmente da migliaia di famiglie da numerosi decenni.
Inoltre, l’homeschooling non può essere antisistema: è prevista dalla Costituzione della Repubblica e regolata da leggi nazionali, perciò è saldamente inserita nell’apparato normativo italiano ed anche in quello sovranazionale. Non è una forma di evasione dal dovere di istruire i figli e non è da confondere con la cosiddetta dispersione scolastica. Anzi, è un atteggiamento di presa in carico responsabile e matura proprio dell’impegno a educare e a istruire la prole.
Alcune idee di partenza
L’educazione e l’istruzione diretta dei propri figli è la modalità che la natura ha previsto anche per gli esseri umani, così come per tutti gli altri mammiferi, e non solo. È stata la pratica di istruzione ed educazione più diffusa nella specie Homo sapiens, attraverso le varie civiltà a noi note, per circa 200.000 anni. La scuola di massa pare infatti una “novità” dell’ultimo secolo o poco più.
Essendo così innata nella natura umana, l’istruzione parentale si basa sull’interazione figli-genitori nel contesto sociale ampio e non prevede per forza l’accompagnamento di “tecnici dell’apprendimento” come possono essere i docenti, i tutor, i formatori, gli educatori, gli accompagnatori. Non richiede necessariamente la frequentazione di gruppetti tipo classe, nemmeno di coetanei, né prevede la frequenza di corsi, in presenza o a distanza, o di lezioni.
Ogni bambino dispone infatti fin dalla nascita degli strumenti che gli servono per imparare quello di cui ha bisogno per sviluppare i propri talenti e diventare un membro attivo del gruppo sociale. A loro volta, i genitori, la famiglia, nella comunità globale, per natura hanno tutto quello di cui abbisognano per esporre il ragazzino a situazioni di apprendimento, per stimolare in lui la curiosità e la voglia di relazionarsi e imparare.
Molti genitori credono di non essere all’altezza del compito di occuparsi direttamente dell’istruzione del proprio figlio. Questo può essere vero solo se si pensa di doversi improvvisare insegnanti. Ma nello spirito più genuino dell’homeschooling, i genitori hanno il ruolo dei facilitatori, di coloro che offrono occasioni per apprendere, non di chi insegna e trasmette conoscenze preconfezionate.
Oltre la scuola e l’homeschooling
Riparare i danni della pandemia ed educare per il mondo che verrà
Una proposta di intervento educativo da realizzare nel contesto dell’istruzione parentale per gli allievi della scuola secondaria inferiore e superiore, ispirata al modello umanistico dell’educazione integrale (che coinvolge corpo, mente, anima e spirito), con il proposito di formare anime libere e capaci di sentire e di pensare.
Come funziona concretamente? Le FAQ sull’homeschooling
Esistono diversi approcci e stili, da quelli più informali a quelli meramente formali di tipo scolastico, passando per quelli non formali. Ne abbiamo parlato in questo articolo.
Esistono anche modalità che vanno sotto il nome di unschooling e di cui abbiamo già avuto occasione di parlare qui.
Stiamo utilizzando alcuni termini specifici. Ne diamo una breve definizione, per evitare fraintendimenti:
- homeschooling e istruzione parentale vengono qui usati come sinonimi, l’uno vale l’altro. Entrambi comprendono tutti i tipi di approcci indistintamente, anche l’unschooling;
- per unschooling, apprendimento autoguidato o naturale, si intende l’approccio prevalentemente informale;
- la scuola parentale può essere la scuola privata non legalmente riconosciuta, oppure una paritaria. La prima non può rilasciare titoli di studio, la seconda sì.
Fino a che età?
L’istruzione parentale si pratica come alternativa legale alla scuola dall’inizio della primaria fino alla maturità.
Naturalmente con stili diversi: nei primi 7-8 anni, l’approccio informale può essere predominante. Anzi, più prevale, più l’apprendimento è efficace, duraturo e di alta qualità.
Più tardi, gradualmente, si assiste a un’evoluzione spontanea e sempre più marcata verso uno studio autoguidato, tanto più facile da gestire quanto più i ragazzini sono abituati ad apprendere in autonomia, conoscono i loro principali centri di interesse e sanno organizzare le proprie conoscenze e le risorse di cui dispongono.
C’è un esame da superare?
Fino alla conclusione dell’obbligo di istruzione (fino ai 16 anni di età o dopo 10 anni di istruzione) si tende a parlare, non senza forzature, di un esame di idoneità per il passaggio alla classe successiva, nonostante ciò sia in evidente disaccordo con l’articolo 2 comma 7 del Decreto Ministeriale 13 dicembre 2001, n. 489 e con una lettura sistemica e logica dell’apparato normativo italiano. L’esame, comunque, deve essere strutturato dai docenti, nell’ambito della loro autonomia e professionalità, a partire dal progetto didattico-educativo che la famiglia ha presentato (D.M. 5/2021).
Quest’ultimo progetto didattico-educativo, a sua volta, deve essere in linea con gli obiettivi e i traguardi delle Indicazioni nazionali per il curricolo. Peccato che le Indicazioni nazionali, che sono legge dello Stato (D.M. 254/2012), non prevedano obiettivi e traguardi per ciascun anno di scuola. Ovvero, li prevedono soltanto alla conclusione della quinta classe della primaria e alla fine della terza media, con un’unica piccola eccezione. E non è una svista.
I lungimiranti redattori del testo hanno esplicitamente riconosciuto che i tempi dell’apprendimento sono lunghi: tutto il quinquennio della primaria e tutto il triennio della secondaria di primo grado. Perciò, com’è possibile costruire annualmente un progetto didattico-educativo che sia coerente con obiettivi e traguardi che non ci sono?
Resta aperto il dibattito su come risolvere la forzatura introdotta recentemente dalla presunta imposizione di un “esame annuale”.
Nel frattempo, alcune famiglie, coraggiose, ben documentate e intraprendenti, percorrono con successo forme di accertamento del dovere di istruzione diverse dall’esame di idoneità per il passaggio a una classe successiva che in homeschooling non c’è.
L’homeschooling è per tutti?
È per tutti coloro che hanno la voglia e il coraggio di mettersi in gioco, di uscire dagli schemi, o dalla loro zona comfort, che è poi l’approccio formale, quello dell’insegnante con il discente. Quindi è per chi si prende il tempo per leggere, per studiare, per documentarsi e non ha paura a esplorare nuove frontiere.
È per tutti coloro che scelgono di dare priorità al rispetto delle caratteristiche dei propri figli: a differenza della scuola, nell’apprendimento informale, non è il bambino che si deve adeguare all’adulto, ma il percorso di crescita si modula tenendo conto delle caratteristiche del fanciullo.
L’homeschooling è per tutti quelli che sono in grado di organizzare il proprio stile di vita in modo da ridurre la dipendenza dal lavoro e da ritagliarsi tempo ed energie per l’educazione e l’istruzione dei figli.
Ci vuole la laurea?
Fare istruzione parentale non richiede il possesso di titoli di studio!
Non solo è così per legge, ma è anche logico e pienamente coerente con lo spirito dell’homeschooling.
Chi insegna, paradossalmente, fa più fatica a liberarsi dall’approccio formale che gli è familiare e che lo condiziona, inevitabilmente. Più che un diploma, è richiesta la disponibilità ad aprirsi al nuovo, a esplorare percorsi di apprendimento diversi dall’insegnamento.
Quanto costa fare istruzione parentale?
L’homeschooling non è necessariamente una cosa da ricchi! Naturalmente dipende molto dalle scelte di fondo, sia da quelle educativo-pedagogico-didattiche che da quelle operative.
La scuola parentale, che è privata, può essere anche piuttosto costosa, soprattutto se le si aggiunge l’esame nella “scuola amica”.
Invece, un approccio informale e autodiretto può essere persino estremamente economico, anche meno caro della frequenza della scuola pubblica. E certamente molto ricco sul piano umano e relazionale. Di solito, i rapporti interni alla famiglia e al contesto sociale ci guadagnano.
C’è una trafila complicata da seguire?
Sul piano amministrativo, le incombenze non sono tante.
È necessario comunicare la scelta dell’istruzione parentale al Dirigente scolastico del territorio di residenza (Istituto comprensivo del comune, del quartiere o dell’ambito amministrativo). Per maggiore trasparenza, è consigliabile mandare la stessa comunicazione anche al Sindaco del comune di residenza. Non è prevista la modalità online (ecco il modulo).
Tale dichiarazione va inviata quando si attiva l’homeschooling per la prima volta (e questo può succedere in qualsiasi momento dell’anno) e poi va rinnovata di anno in anno a gennaio, entro la conclusione delle iscrizioni.
Contestualmente è richiesta un’autocertificazione di possedere le competenze tecniche o economiche per provvedere all’istruzione parentale (ecco il modulo).
Se il bambino era iscritto a scuola, la recezione di dette comunicazione dovrebbe avviare automaticamente la disiscrizione del ragazzino da parte della scuola. Purtroppo però non è sempre così. Per questo motivo è consigliabile allegare anche una lettera di ritiro dalla frequenza scolastica (ecco il modulo).
Per ulteriori dettagli, ecco altre FAQ, il Vademecum scaricabile e l’articolo Ritiro da scuola e homeschooling: istruzioni, moduli e iter da seguire.
Un’altra scuola è possibile?
Autori, esperienze e prospettive educative verso percorsi scolastici in ascolto dei bambini
Un panorama delle alternative alla scuola tradizionale e dei diversi modi di approciarsi all’istruzione, tra visione pedagogica e traduzione pratica.
di Nunzia Vezzola
Autrice, docente di scuola superiore e socia fondatrice di LAIF Associazione Istruzione Famigliare