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Il cervello del bambino: come funziona?

Attraverso numerose testimonianze e opinioni di esperti, il film documentario di Stéphanie Brillant Brainious (Le cerveau des enfants) ci aiuta a capire come funziona il cervello del bambino, proponendo una visione del suo infinito potenziale alla luce delle neuroscienze e con informazioni che vi lasceranno senz’altro senza parole! Anche se è impossibile riassumere in pochi paragrafi il contenuto di questo film, abbiamo tradotto un articolo dal blog Grandir Autrement per condividere con voi alcuni punti salienti del documentario.

Il cervello

Il cervello pesa all’incirca quattrocento grammi al momento della nascita, un chilo a un anno e un chilo e cento grammi raggiunta l’età adulta. Viene modellato dalle esperienze vissute durante l’infanzia e dopo.
Il cervello è diviso in due parti: l’emisfero sinistro e l’emisfero destro. La parte destra, essenziale per le funzioni vitali, si sviluppa prima di quella sinistra, che non evolve fino al secondo anno di vita.
I cervelli dei più piccoli sono plastici: è da questo che deriva la loro straordinaria capacità di cambiare e apprendere molto facilmente! I bambini sono infatti in grado di elaborare una grande quantità d’informazioni: questo può renderli molto vulnerabili, ma anche molto resistenti ai traumi.

Il funzionamento del cervello

Grazie alle scoperte delle neuroscienze, sappiamo che la personalità dei bambini è determinata più dall’intonazione della voce che dalle parole che rivolgiamo loro quando sono neonati. Allan Schorte, psichiatra specializzata in scienze del comportamento, spiega che i collegamenti del cervello destro non sono geneticamente determinati, ma si formano attraverso l’esperienza sociale.
«Quando un neonato sta con sua madre o suo padre, partecipa a una sorta di danza dove le parole riecheggiano le une con le altre. Sono in perfetta simbiosi. […] La mamma è in empatia con il bambino, e non deve fare niente di concreto: lei, molto semplicemente, “è”. Bisogna capire molto bene le differenze tra “fare” ed “essere”: grazie alla presenza dei genitori, il neonato apprende a essere e a “vivere” con un altro essere umano. […] La madre partecipa con il neonato a questa costruzione: è fondamentale che la mamma sia in armonia con il ritmo e lo stato emotivo del bambino. […] L’amore tra una madre e suo figlio forma connessioni all’interno del cervello del bambino, e oggigiorno esistono prove che questo affetto modifica allo stesso modo anche l’architettura del cervello della madre

La parte esterna del cervello

La corteccia e la corteccia prefrontale sono le parti più esterne del cervello e, come i piani superiori di un edificio, richiedono più tempo per essere costruiti.
Ma là in alto la vista è panoramica e le prospettive più ampie: vediamo meglio e più lontano. È questo che ci offre la parte più esterna del cervello. Si tratta di una parte del corpo dalla quale dipendono i processi decisionali, la capacità di ragionare, di capire gli altri, di provare empatia, di considerare le opzioni e visualizzare le conseguenze. Questa sezione continua a svilupparsi fino ai 25 o 30 anni!

Le emozioni negative

I genitori spesso provano paura quando vedono il proprio bambino durante un attacco di panico e cercano di assisterlo mentre le emozioni lo investono. Ma bisogna comprendere che in realtà è un comportamento del tutto normale, ed è così per tutti gli esseri umani. Questi episodi si verificano più frequentemente nei bambini perché la parte più esterna del cervello non è ancora completamente sviluppata. Tina Payne Bryson spiega che, quando un bambino di 5 anni fa un “capriccio” e si mostra aggressivo perché non ottiene quello che vuole, si è portati a pensare che il bimbo non abbia alcun limite, che sia stato educato male e che il suo comportamento sia fastidioso. Ma se prendiamo in considerazione il funzionamento del cervello, possiamo piuttosto pensare: “Questo bambino di 5 anni non ha ancora le capacità necessarie per far fronte a una delusione”. Quando un bambino è triste o prova dolore è semplice confortarlo, ma quando si tratta di emozioni considerate negative, come la paura, l’angoscia, lo stress, non riusciamo a gestire i bambini allo stesso modo. Eppure, per il cervello sono sensazioni molto simili.
Al giorno d’oggi sappiamo che il bambino ha più bisogno del sostegno della figura di un genitore quando è in difficoltà dal punto di vista dell’attaccamento. Se ci dimostriamo empatici in quel momento, il suo cervello passerà da uno stato reattivo a uno stato ricettivo, e solo quando il bambino è ricettivo possiamo parlare con lui, trovare delle soluzioni, fissare delle regole.

Lo stato mentale

Avere uno stato mentale fisso, significa essere convinti che il talento, le attitudini e l’intelligenza siano attributi predeterminati e immutabili nel tempo. L’idea che nasciamo con un certo potenziale, che si sviluppa durante l’infanzia e poi non evolve più, è falsa. Questo principio è riduttivo e limitante. Al contrario, alcune persone conservano uno stato mentale di crescita: sono convinte che tutti possano sviluppare dei talenti e delle attitudini esercitandosi. È una questione di lavoro, di sforzi, di entusiasmo e di tempo.
Molto spesso, quando i bambini sono altamente qualificati, non hanno bisogno di fare degli sforzi.
Ma a un certo punto le cose si complicano: quando il bambino incontra una difficoltà, questa sicurezza crolla. Molti genitori e professori ripetono ai bambini quanto siano intelligenti, creando così un stato mentale fisso: con l’intenzione di valorizzare il bambino producono l’effetto inverso. Così lui diventa vulnerabile e rifiuta di intraprendere mansioni difficili, pensando che le sue qualità siano fisse e vivendo molto male i fallimenti; questo effetto può essere anche constatato in età adulta. Se ripetiamo ininterrottamente a un bambino che è intelligente, lui si convincerà che il suo compito è quello di essere intelligente, di venire riconosciuto dagli altri per la sua intelligenza, e che le persone lo apprezzino solo per quello. Non tenterà, allora, niente che sia troppo difficile per non rischiare di sbagliare. Se intraprenderà un’attività in cui non è da subito molto bravo, non gli piacerà. Questo stato mentale, che è precostruito, riduce il campo delle possibilità e limita il piacere e l’apprendimento.
Si ottiene l’effetto contrario quando l’adulto valorizza le capacità di apprendimento del bambino, la sua propensione a risolvere i problemi, le sue strategie, la sua concentrazione, la sua perseveranza. Se l’adulto mette tutto ciò in relazione con i suoi progressi, l’apprendimento diventa realmente costruttivo.

L’attenzione

Si tratta di una caratteristica che comporta molte altre qualità. È uno dei fondamenti dell’apprendimento, delle relazioni umane e della comprensione di se stessi.
Quando il cervello di un bambino si concentra su una determinata cosa, ha la capacità di ignorare tutto quello che succede attorno a lui. Tutto, tranne le sue emozioni: le emozioni prevalgono sempre sull’attenzione. Se un bambino è agitato, si focalizzerà su questa sensazione.
Per aiutare i bambini a sviluppare la loro attenzione, bisogna cominciare dall’insegnar loro a convivere in pace con le emozioni. Uno degli strumenti di cui disponiamo per aiutarli è la piena consapevolezza, che porta incredibili benefici soprattutto in ambito scolastico.
Avere piena consapevolezza significa dirigere l’attenzione su quello che succede in quel momento, nel tempo presente, senza lasciarsi influenzare da giudizi preesistenti e da condizionamenti esterni, osservare il proprio corpo, essere concentrati su di sé nei minimi dettagli. È uno stato mentale del tutto naturale nei bambini piccoli ed è stato definito “la mente del principiante”. In seguito, il bambino acquisisce altre competenze e la sua esperienza gli permette di creare degli schemi di pensiero.

Tutti possono sviluppare talenti e attitudini, anche ad alti livelli!
Stéphanie Brillant conclude il documentario con questa frase: «Non credo che noi dobbiamo preparare i nostri bambini al futuro dato che il futuro sono loro stessi!»


Dalla rivista e blog Grandir Autrement, articolo di Jenny Balmefrézol Durand basato sul documentario di Stéphanie Brillant Brainious (Le cerveau des enfants), Jupiter film (2018)

Traduzione di Elisa Gregorio
Revisione di Paola Tinto

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