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Gravidanza e parto: le tradizioni nel mondo

Le donne di tutto il mondo sono legate dal miracoloso atto del parto. Una madre che guarda negli occhi un’altra madre può provenire dall’altra parte della Terra, ma condivide la straordinaria conoscenza di cosa significhi crescere un bambino e darlo alla luce. All’interno di questa consapevolezza condivisa ci sono tanti costumi, rituali e credenze differenti attorno alla nascita quanti sono i diversi paesi e stili di vita. Ognuno di questi può racchiudere una piccola perla di saggezza per tutti noi.
Il 21 maggio è la Giornata Mondiale della Diversità Culturale e noi abbiamo deciso di celebrarla andando a scoprire come un tema a noi molto caro, quello della gravidanza e del parto, si coniuga nelle diverse culture e tradizioni del mondo. Per farlo abbiamo tradotto per voi un articolo di Kim Henry dalla rivista The Green Parent.

L’annuncio

La prospettiva di un nuovo arrivo è tradizionalmente accolta con gioia ed entusiasmo, ma il momento giusto per darne l’annuncio varia molto di cultura in cultura. I primi movimenti percepibili del bambino, quelli che in origine venivano chiamati “movimenti fetali”, sono spesso il momento in cui la gravidanza può divenire nota. È allora che una futura mamma in Bulgaria infornerà del pane e lo porterà in chiesa per segnalare a tutti che è incinta. Per gli ebrei e i vietnamiti, il quinto mese è considerato il momento giusto per condividere la notizia. Nelle Fiji, invece, è tradizione dare subito l’annuncio, con l’idea che se dovesse succedere qualcosa al bambino, la madre avrà il pieno sostegno della comunità nell’affrontare la sua perdita.

Le voglie

Le voglie bizzarre e meravigliose di una donna incinta sono famose in tutto il mondo, e la maggior parte delle culture ha idee molto chiare riguardo a questo aspetto della gravidanza. Sono in molti a credere che lo stato mentale della madre influisca sul bambino sia fisiologicamente che fisicamente; pertanto, ci sono molte usanze che si impegnano a mantenere la madre felice e serena. In Egitto, in Sicilia e nelle comunità di ebrei yemeniti, alla madre viene data qualsiasi cosa di cui abbia voglia nella convinzione che, in caso contrario, il bambino potrebbe esserne segnato in qualche modo. Le voglie sulla pelle vengono spesso spiegate così: la voglia della madre per le fragole non è stata soddisfatta.

L’alimentazione

In Turchia e in Egitto a una donna incinta si consiglia di evitare cibi troppo caldi, piccanti e amari, e limitarsi ai sapori dolci così da avere un figlio dolce. Le donne alle Fiji raccomandano di mangiare molto pesce e verdure, e di bere una miscela di taro e manioca bollita. Quando la data del parto si avvicina, una madre giamaicana potrebbe mangiare verdure dalla consistenza gelatinosa come l’okra, in modo da aiutare il bambino a scivolare fuori più facilmente. Una tisana a base di foglie di lamponi è vivamente consigliata nei Paesi europei per tonificare l’utero. Nella maggior parte delle culture i consigli su cosa consumare o meno possono sembrare infiniti e a volte contraddittori, ma sono spesso fondati su intenzioni premurose.

I rituali

La nascita, come la morte, è sempre stata avvolta dalla magia e dal rituale, dalle preghiere che cercano di incoraggiare la nascita di un bambino sano e la speranza di un parto sicuro. In Indonesia al sesto mese viene celebrata una cerimonia privata di preghiera che richiama gli spiriti dei fratelli e delle sorelle per proteggere e nutrire il bambino. Nell’induismo la cerimonia di preghiera è al settimo mese. Amuleti e pietre semipreziose come il quarzo rosa, l’agata e l’occhio di tigre vengono usate nelle tradizioni celtiche e indiane Navajo per creare delle cinture per il parto piene di buoni auspici.

Le superstizioni

Spesso le superstizioni sono prese in considerazione, nonostante i dubbi sulle loro origini. In Giamaica si dice che una madre non dovrebbe passare sopra la lunghina di un asino per evitare che il cordone ombelicale si avvolga troppo stretto attorno al bambino. In Sicilia, per lo stesso motivo, alle donne incinte viene detto di non torcere troppo le collane e non indossare sciarpe strette. In Turchia, in Iran, ai Caraibi e nelle comunità ebree, le donne incinte non vanno ai funerali e sono incoraggiate a vedere solo cose positive, ascoltare buona musica e, in generale, fare cose che le facciano sentire tranquille e belle.

Consigli per un parto naturale

Michel Odent è un pioniere del parto naturale. Ecco i suoi consigli per un parto naturale sereno:

  • il modo migliore per ridurre il bisogno di medicine e interventi durante il parto è ricordare che gli esseri umani sono mammiferi;
  • il bisogno fondamentale di tutti i mammiferi durante il parto è la privacy. Ciascuno adotta una strategia per non sentirsi osservato;
  • dopo aver avuto a che fare con il parto per mezzo secolo, Odent può dedurre che la situazione migliore che conosca per un parto facile e veloce è quando non c’è nessuno attorno alla donna durante il travaglio, se non un’ostetrica esperta, materna, di basso profilo e silenziosa.

Il parto

Per millenni le donne hanno partorito insieme ad altre donne. Nonne, mamme, sorelle, amiche e, a volte, una donna ritenuta esperta sono presenti a sostenere, tenere, cullare e persino cantare alla partoriente. Nel mondo occidentale, l’atto della nascita è stato medicalizzato agli inizi del ventesimo secolo, quando le donne sono state prese dalle loro case e portate su letti di ospedale, affidate al mondo dei dottori, allora dominato dagli uomini. Negli ultimi trent’anni, l’Active Birth Movement (il movimento per il parto attivo) ha lavorato duramente per ristabilire l’equilibrio, incoraggiando le donne a pensare consapevolmente e a scegliere dove e come vogliono partorire e chi vogliono lì con loro.

Le figure di sostegno

L’ostetrica gioca un ruolo importante nelle nascite in tutto il mondo. Come sottolinea Sheila Kitzinger nel suo libro Rediscovering Birth: «L’ostetrica non è una semplice assistente al parto con competenze speciali. Ha anche una funzione spirituale nell’aiutare il bambino a nascere e la donna a diventare madre, creando l’ambiente giusto per la nascita».
Nei paesi in via di sviluppo, è ancora largamente usata la pratica di chiamare durante il parto un’ostetrica locale. In India viene chiamata dai, in Malesia bidan, nelle Filippine hilot; comunque venga chiamata, l’ostetrica ricopre diversi ruoli. È là per guidare la partoriente con le sue mani esperte e incoraggiarla con parole sagge. Nel sud dell’India, in Malesia e in aree rurali dei Paesi mediterranei, un’ostetrica potrebbe usare l’immagine di un fiore che sboccia per aiutare la donna a concentrarsi sulla sua cervice in dilatazione. La Rosa di Gerico è un fiore tradizionale per le nascite perché sembra essere secca e avvizzita, ma apre i suoi splendidi petali quando la temperatura nella stanza aumenta. In Grecia viene definita come “la mano della madre di Dio”.  

Una guida spirituale

Ci sono Paesi in cui all’ostetrica viene affidato il compito di proteggere la madre e il bambino dagli spiriti maligni, dal momento che lei conosce i giusti amuleti e le preghiere per sbarrargli l’ingresso. Nelle Filippine, la hilot si prende cura della neomamma per 44 giorni dopo il parto, poiché si crede che i “cancelli del paradiso” rimangano aperti durante questo periodo. Un’ostetrica tradizionale hawaiana è anche una sacerdotessa che può rivolgere delle preghiere alla Dea del Parto e prendere il dolore di una partoriente e trapiantarlo altrove.

Dove partorire

Nel 1939 il 75% delle nascite negli Stati Uniti avveniva in ospedale, fino ad arrivare quasi al 100% nel 1960. Tuttavia, negli ultimi decenni il mondo occidentale ha visto un graduale ritorno ai parti in casa, pratica ancora molto diffusa nei paesi in via di sviluppo. A casa una donna è libera di muoversi a seconda dei suoi bisogni e può assumere una qualsiasi delle posizioni attive consigliate per il parto, istintive per le donne rurali di tutto il mondo. Nel 1920,Kathleen Vaughan, un medico inglese che lavorava in India, riferì che, poiché le donne indiane si accovacciavano durante la loro vita quotidiana, sembravano avere più facilità a partorire rispetto alle loro sorelle inglesi che erano fasciate nei loro corsetti, sedute ritte su delle sedie!

Un nido speciale

Anche strutture e letti speciali costruiti per il grande momento sono molto utilizzati in tutto il mondo. Nella tribù dei nativi americani comanci era spesso compito del padre costruire una casa per il parto e un rifugio di foglie lontano dalla comunità principale. Le donne aborigene australiane partorivano su un tappeto di morbide foglie di eucalipto e i loro vicini Maori costruivano il loro nido per il parto foderato di fibre di lino per mantenere il calore. Le donne native americane spesso affrontavano il travaglio e partorivano all’aperto, così come le donne dei Caraibi. Ogni capanna zulu è costruita con un buco nel tetto in modo che una madre in travaglio possa mantenere il contatto con la natura.

Il parto sui mattoni

Chi di voi ha letto La tenda rossa di Anita Diamant forse ricorderà le vivide descrizioni del “parto sui mattoni”. Questa è ancora la tradizione in Iran, dove piattaforme di mattoni vengono sollevate su entrambi i lati di un mucchio di cenere o di sabbia fine e una madre viene aiutata a salirci sopra proprio mentre è nel punto di transizione. Sia che i rituali relativi al parto vero e proprio sembrino servire a placare gli antenati o gli dèi, a rispettare le tradizioni e le credenze o per pura e semplice comodità, la sicurezza della madre e del bambino è solitamente al centro dell’usanza.

Il post parto

Anche celebrare, accogliere e proteggere il neonato viene fatto in modi unici nel mondo. Ci sono molti modi per occuparsi della placenta, il “globo dell’origine dell’anima”, come lo chiamano i guaritori tradizionali della Cambogia. È spesso considerato compito dell’ostetrica seppellirla in un posto sicuro, coprendola con una pianta munita di spine per assicurarsi che gli animali affamati non la disseppelliscano o che venga trovata da spiriti maligni. A volte viene usata per prevedere il futuro, come in Ucraina, dove un’ostetrica predirebbe tramite la placenta quanti altri figli può avere una madre. In molte culture si crede che il luogo della sepoltura avrà un effetto diretto sulla vita del figlio: quello di un’insegnante è vicino a una scuola, quello di una persona religiosa vicino al tempio o alla moschea. In Transilvania una coppia che non voleva avere altri figli bruciava la placenta e le ceneri venivano mescolate ad acqua e fatte bere al padre per renderlo sterile.

I rituali di benvenuto

Il battesimo e le cerimonie di assegnazione del nome sono molto comuni, anche se in forme diverse. Dalla tradizionale cerimonia in chiesa all’antica pratica celtica di far cadere tre gocce d’acqua sulla testa del bambino: una per il mare, una per la terra e una per il cielo. In Grecia regalare monete d’argento assicura prosperità e viene definito “argentare il bambino”. Gli amuleti tengono lontano il malocchio e la maggior parte delle principali religioni ha preghiere specifiche per onorare e proteggere il bambino. Per quanto diverse possano essere le usanze, una cosa sembra accomunarle tutte: l’importanza del contatto tra il neonato e la madre. Il legame dell’allattamento al seno adesso viene incoraggiato anche nel mondo occidentale, il quale solo decine di anni fa promuoveva il latte in polvere dicendo alle neomamme che non dovevano essere come “la mucca comune”.

Celebrare la diversità

Quello che per una donna è un letto improvvisato fatto di erba, per un’altra è il luogo ideale per partorire. Quello che per un dirigente di Manhattan è mera superstizione, per una tessitrice Maori è un elemento essenziale per tenere al sicuro il suo bambino non ancora nato. Le pratiche del parto in tutto il mondo sono una celebrazione della straordinaria diversità che è insita in un viaggio così profondamente unificante.


Dalla rivista The Green Parent
Traduzione di Ivana Minuti
Revisione di Paola Tinto

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