Ho riletto di recente il libro Fate la nanna di Eduard Estivill e vorrei condividere qualche riflessione con voi.
Non sono un pediatra e non sono una psicologa, quindi queste riflessioni non riguardano la salute o la psiche dei bambini.
Sono una giornalista, la mia professione si serve delle parole ed è sulle parole di Estivill che mi sono soffermata. Sull’uso che lui fa delle parole, in questo libretto che spiega come far sì che i bambini quando si addormentano la sera o si svegliano durante la notte, non chiamino i genitori ma gestiscano da soli bisogni e paure notturne.
Il metodo in sé non è nulla di nuovo, Estivill lo ha ripreso dall’americano Richard Ferber, ma il condizionamento (ottenere un certo comportamento riproponendo più volte lo stesso stimolo), è stato sperimentato con successo anche prima, negli esperimenti con cani e topolini.
Credo che ogni genitore debba trovare il proprio modo di accudire il suo bambino di giorno e di notte. Tutti sappiamo che un bimbo piccino non si “spegne” alla sera e non si mette via fino al giorno dopo. La maggior parte dei bimbi la notte si sveglia alcune volte e ha bisogno di mamma e papà per riprendere sonno.
Funziona così, i suoi ritmi sonno-veglia non sono ancora come quelli degli adulti. Come gestire i bisogni notturni del proprio figlio sta alla famiglia deciderlo, e ogni genitore saprà trovare soluzioni rispettose e di buon senso per garantire il miglior sonno possibile a grandi e piccini.
Se una mamma nota che, aspettando un paio di minuti per intervenire, il suo bimbo si riaddormenta sereno, perchè il suo era più che altro un borbottare nel dormiveglia, bene. Viceversa, se una mamma nota che è meglio rassicurare subito il piccolo con una carezza, delle parole sussurrate, una ciucciatina di latte, altrimenti si sveglia del tutto, ancora bene. A ognuno la sua soluzione.
Ma veniamo al punto. Che non è tanto cosa ha scritto Estivill, ma COME lo ha scritto. Estivill dà le istruzioni per il “programma di rieducazione” del bambino (lasciarlo piangere perchè impari ad addormentarsi e riaddormentarsi da solo), ma contemporaneamente mette in atto un altro programma di rieducazione, il cui inconsapevole oggetto è il genitore/lettore.
E chiarisce: “Prima di cominciare tenete ben presente che per ottenere risultati potrete fare solo ciò che vi spiegheremo. In altri termini seguite alla lettera quel che avete letto senza prendere iniziative di testa vostra”.(1)
Estivill vuole convincere entrambi i genitori: “Se solo uno di voi sa come agire a chi si appoggerà in caso di dubbio?”. E mette in guardia dalle interferenze di parenti che potrebbero tentare di dissuaderli: “… i terzi che vivono in casa (ivi inclusi i fratelli maggiori e, per chi ha la fortuna di averlo, il personale di servizio) devono essere avvertiti di non interferire in alcun modo nel programma di (ri)educazione”.
Estivill vuole convincere il genitore ad applicare il suo metodo, ma sa che il genitore per natura, per istinto, per amore, mostrerebbe delle resistenze dovendo eseguire le sue istruzioni.
Allora cosa fa? Usa le parole per rendere accettabile – no di più, necessario – qualcosa che altrimenti ci risulterebbe non accettabile.
Per ottenere il risultato desiderato cammuffa i dati del problema. I dati del problema sono due: il bambino e il pianto con cui esprime il suo bisogno del genitore. Su questi due binari si sviluppa l’operazione fatelananna.
L’identità del bambino viene progressivamente svilita grazie a un sapiente uso dei termini che spersonalizza il piccolo privandolo delle caratteristiche – fragilità, vulnerabilità, dipendenza, tenerezza – che sarebbero d’intralcio nel conseguimento dell’obiettivo.
Il bambino viene definito marmocchio (“veder singhiozzare un marmocchio è avvilente”(2)), brigante, astuto, demonio.
E, cosa importante, gli vengono attribuite consapevolezza e cattive intenzioni (che fanno di lui una persona non solo fastidiosa, ma in qualche modo cattiva): “Sa bene quanto questi comportamenti disturberanno i genitori…”(3)
“Per farvi rinunciare all’impegno di insegnargli a dormire il bambino è capace di combinarne di tutti i colori”.(4)
“Piangere; e accompagnare il pianto con il faccino più desolato del suo repertorio mimico. È la sua arma letale e lui lo sa”.(5)
“(…) riesce a manipolare i genitori”(6)
“A quali altri trucchi ricorrerà?”(7)
Il pianto, unico strumento di comunicazione a sua disposizione, viene presentato non come espressione di bisogno, ma come arma. Il rapporto tra il genitore e il figlio non è più una relazione d’amore tra persone che ‘stanno dalla stessa parte’, ma uno scontro tra parti opposte.
“La ‘grande guerra’ è appena incominciata”.(8)
“Non abbassate la guardia (…) rischierete di cadere come allocchi nelle sue piccole ma astutissime trappole”.(9)
“Per perdere la partita basterà fare una sola volta quello che vi chiede”(10)
“… comincerà a urlare fino a lasciarci i polmoni (e noi i timpani)”.(11)
“Per non uscirne con le ossa rotte, dovrete sistemarlo come meglio credete e poi lasciarlo lì, a sfogarsi a suo piacimento. Basterà non dargli retta…”(12)
Il bisogno stesso del bambino, di avere un genitore accanto, perchè ha paura, fame, sete, e perchè lo ama, viene trasformato in negativo:
“Il piccolo approfitterà di qualunque situazione ‘diversa’ per sabotare con astuzia il programma di rieducazione”.(13)
“Oltre a chiedere da bere, a dire ‘bua’ e a tutti gli espedienti di cui abbiamo parlato, può darsi che vomiti. Non spaventatevi non ha niente: i bambini riescono a procurarsi il vomito con grande facilità. (…) Pulite il disastro (…) e perseverate con tetragona volontà nel vostro programma educativo”.(14)
Le pagine non sono molte, l’operazione deve necessariamente svilupparsi con un ritmo sostenuto per arrivare all’obiettivo. E l’obiettivo, spiace dirlo, ma è quello di riuscire a far fare ai genitori qualcosa che altrimenti, molto probabilmente, non farebbero.
Invece, dopo aver subìto inconsapevolmente l’operazione linguistica di Fate la Nanna, il lettore/genitore può prendere in considerazione il metodo proposto. Il discorso, così come viene fatto da Estivill, fila.
Se a rovinare le nostre notti è una persona piccola ma astuta che usa tutti i mezzi a sua disposizione per fregarci, manipolarci, soddisfare i propri immotivati capricci, forse farlo piangere per qualche notte non sarà così terribile. In fondo è anche per il suo bene, no? Così impara le buone abitudini, dice Estivill.
Ma il genitore lo farebbe ugualmente se il libro avesse usato una terminologia diversa? Ad esempio, questa:
Il tuo bambino nasce completamente dipendente, la presenza della mamma (o del papà) gli è indispensabile per sopravvivere e per stare bene. La solitudine per una creatura di pochi mesi è qualcosa di terribile, fonte di angoscia e di paura.
Per un bimbo che non ha ancora compiuto un anno la mamma che è nell’altra stanza semplicemente non c’è più e, non avendo ancora sviluppato una percezione del tempo come la nostra, cinque minuti sono un tempo infinito, un mai o un sempre.
Anche quando è più grandicello, per il bimbo la notte con il buio e i suoi fantasmi può essere difficile da affrontare (spesso è così anche gli adulti, la notte ingigantisce i malesseri e le preoccupazioni).
Addormentarsi è più facile se la mamma o il papà sono vicini e scacciano mostri e paure. Perchè la mamma e il papà sono speciali, sono magici. Se c’è la mamma tutto andrà bene. Per un bimbo piccolo i genitori sono come il sole, fonte di gioia, calore e vita. Ha bisogno di loro e li ama immensamente.
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Detto ciò, concludete con: “Piangerà come la fontana di Trevi aspettandosi che la mamma corra a consolarlo. Ma la mamma non ci andrà”.(15)
Così non funziona, vero?
Quando si dice che le parole sono potenti… quanto è vero!
Nel secolo scorso c’è stata una persona che con un’operazione ideologica e un capace uso delle parole è riuscito a uccidere sei milioni di uomini, donne e bambini.
Cosa vi chiede questo articolo? Non di intervenire subito quando vostro figlio piange, no. I tempi li decidete voi, li sapete voi. Volete bene al vostro bambino e sapete accudirlo al meglio. Quello che vi chiedo è, se leggerete questo libro, di notare l’operazione che viene effettuata tra le righe e di sentire un brivido lungo la schiena.
Giorgia Cozza
Per approfondimenti
Facciamo la nanna di Grazia Honegger Fresco
Di notte con tuo figlio, di J.J. McKenna
Bebè a costo zero di Giorgia Cozza
Note:
1. Estivill E. e de Béjar S., Fate la nanna, Mandragora, 1999, pag. 55
2. Op. cit., pag. 106
3. Op. cit., pag. 110
4. Op. cit. pag. 106
5. Op. cit., pag. 64
6. Op. cit., pag. 62
7. Op. cit., pag. 64
8. Op. cit., pag. 65
9. Op. cit., pag. 68
10. Op. cit., pag. 68
11. Op. cit., pag. 108
12. Op. cit., pag. 64
13. Op. cit., pag. 111
14. Op. cit., pag. 64
15. Op. cit., pag. 109
michela a
Allora….ho letto il libro, incuriosita da tanti commenti negativi.
Ho scoperto che è quanto applico con mio figlio, e sinceramente non ho letto cose come dicono tanti di lasciarlo piangere in eterno, e con il mio ha funzionato, è un bimbo sereno e sta imparando a far la nanna da solo. Quanto ai termini per definire un bimbo “brigante ” o quant’altro, anche qua penso che sia nella natura umana essere un pò malandrini, serve alla difesa, e sta all’amore e all’attenzione del genitorer distinguere fra un capriccio un bisogno e una fandonia, cosa che ho scoperto un bimbo di 13 mesi sa già abilmente applicare, e mio figlio non è un genio.
FRANCESCA
BRAVA!
Ogni volta che leggo di questo libro mi viene l’ impulso di prendere a ceffoni colui che l’ha scritto e mi convinco sempre più che abbia dei seri problemi.
Non è possibile che sia stato pubblicato e che tanti pediatri lo consiglino anche ma soprattutto…che tante mamme utilizzino questo metodo INCIVILE.
Francesca-mamma di un bimbo di 1 anno che si sveglia ancora parecchie volte di notte ma…chi se ne importa?!!
Grazie
Maribea
Credo che il tuo articolo, cara Giorgia, sia eccezionalmente preciso ed equilibrato. Il pensiero si rivela nella parola e, dalle parole di Estivill, si può dedurne il pensiero di fondo. Grazie per aver scritto un contributo così prezioso! Maribea 🙂
Cristina - Sìsonotuttimiei
Non ho mai letto il libro di Estivil, e a questo punto mai lo farò. Ma, mi chiedo, che violenza deve fare su se stessa una mamma, per accettare di sentire parlare del suo bambino così?
Milena
Secondo me è da mettere al rogo una persona del genere!!!
stefania
apprezzo molto l’articolo, ma se lo aggiungo su fb tra i miei “mi piace” appare l’immagine di una pubblicità. L’ho quindi rimosso debitamente!
redazione
stefania, quale pubblicità!?!?!?!?!!?!?!? Forse in bacheca appare il nostro logo dello sconto ai gas (non so perché fb faccia questo scherzo con le miniature), ma altrimenti non so proprio a cosa ti riferisca!!!!
Alexandra
Quello che mi chiedo io è: ma a quale grado di esaurimento e disperazione deve essere arrivato un genitore per accettare di leggere un testo che definisce il proprio figlio come un NEMICO?
Vero è che la privazione di sonno è annoverata tra gli efficaci metodi di tortura e distruzione della resistenza delle persone, ma prima di considerare il proprio bimbo come un tiranno manipolatore e malintenzionato, ce ne vuole!
Ma c’è anche, la paranoia di voler far rientrare il bimbo, a tutti i costi, nei criteri del giudizio comune. Deve essere “bravo”, secondo le regole del “come tutti”.
O forse, è una via di mezzo:
NOI, vogliamo dormire, ma probabilmente, nessun genitore vorrebbe fare del male al proprio bambino, allora cerca il “metodo” o le giustificazioni che possano giustificare un “condizionamento” in tal senso.
Però c’è una grossa ipocrisia, per cui non riusciamo a pronunciare l’affermazione sincera e personale cara a Jesper Juul: “IO voglio dormire, dolce amore piccolo mio, come la mettiamo?”, e abbiamo un bisogno angoscioso di credere che quello che vogliamo/facciamo sia la NORMA, la regola – e chi ci va contro, “cattivo”.
Andrea
Per la redazione: l’ho appena condiviso anch’io su FB. Ho dovuto scegliere l’icona NON pubblicitaria. Mi pare fosse la quarta.
Per quanto riguarda l’articolo, mi ero ripromesso di scriverne uno simile; invece ora bastaa linkarlo:)
Chiaramente sono d’accordo con quanto scritto, ma vorrei sottolineare un paio di aspetti che non sono stati evidenziati.
1) Perché questo libro ha tanto successo? A mio avviso proprio grazie al linguaggio (certamente ingannatorio e manipolatore) usato e che lo rende immediatamente digeribile. Inoltre offre una soluzione “facile” a un problema annoso. Che piaccia o no il genitore medio è proprio alla ricerca di un libro così: breve, diritto al punto e con una promessa di “vivranno tutti felici e contenti”. Sono pochi (per quanto ho letto) gli autori che possono rivaleggiare con Estevill per quanto riguarda accessibilità e immediatezza. Alcuni libri di Gonzalez ci riescono e per questo sono (abbastanza) popolari.
2) Come risolvere il problema della popolarità di questo libro? Pubblicandone un altro che al momento non credo esista (gli autori con le conoscenze per scriverlo sono diversi e vorrei davvero che si cimentassero). Un’autrice inglese ci è quasi riuscita (anche se nel mondo anglosassone il “Controlled crying” di ferberiana memoria è ancora piuttosto popolare) in un suo celeberrimo libro, ma chiaramente non del tutto; in ogni caso anche questo testo ha molti critici.
I neogenitori cercano, come dice Estevill, un manuale di istruzioni, non una dotta tesi di laurea sui benefici dell’attachnment parenting, allattamento, ecc. Non dimentichiamo che viviamo in una società dove non si ha mai tempo di fare niente (e infatti ora scrivo al PC e faccio fare il ruttino a mia figlia allo stesso tempo… chi ha detto che solo le donne sanno fare multitasking?:), ma si vuole tutto e subito. Per questo motivo dico (da NON psicologo) che il libro in esame è così popolare. Fin tanto che non ce ne sarà un altro in grado di prendere il suo posto facendo breccia nel genitore insonne… non ci sarà analisi del testo che tenga (nonostante sia ottima sotto tutti i punti di vista). Basta fare un giro in rete si trova che sono in tanti a osannare questo libro dicendo che li ha fatti tornare a vivere:(
Chiaramente i lettori di questo blog non saranno di questa opinione, ma bisogna ricordarsi che i siti numericamente più visitati sono altri (per non parlare dei siti che vendono libri). Come facciamo a rivolgerci a queste persone? Inoltre, il fatto stesso che questo libro polarizzi così tanto le opinioni non fa altro che accrescerne le vendite e, volenti o nolenti, ogni volta che viene nominato gli si fa pubblicità gratuita. La cosa migliore sarebbe farlo cadere nel dimenticatoio…
Scusate se sembro sconclusionato, ma non è facile battere a macchina con una biscia sulle gambe:)
redazione
ma andrea!
il libro in alternativa c’è eccome, lo abbiamo pubblicato noi in risposta, con la nostra autrice Grazia Honegger Fresco: Facciamo la nanna!
Andrea
Dice Michela: “… sta … all’attenzione del genitorer distinguere fra un capriccio un bisogno e una fandonia, cosa che ho scoperto un bimbo di 13 mesi sa già abilmente applicare…”
Questo passaggio riassume (a mio avviso) molto bene come mai questo libro fa presa: nell’immaginario collettivo il bambino, anche di appena un anno (ma quante volte ho letto su vari forum di bambini di 6 mesi, se non più piccoli, che fanno i capricci), sembra essere capace di essere “dispettoso” o di fare i dispetti, di essere testardo e che ci sia il bisogno di domarlo.
Mi sono reso conto in prima persona quanto sia assurda una cosa del genere )acnhe se non mi ci è voluto un giorno).
Magari più in là quando è più grande si potrà parlare di capricci (ma anche lì, di chi è la colpa?), ma in un bambino così piccolo è totalmente assurdo, per quanto possa piangere o far stare segli i genitori.
michela a
premetto che mio figlio non ci fa stare svegli,che non mi sembra di essere un mostro, visto che il metodo “mio” ( che io non sapevo fosse estivill….non lo avevo mai letto prima ) presuppone non di lasciarlo lì a piangere disperatamente da soli al buio finchè non cada esausto, ma di accompagnarlo gradatamente a stare da solo ed essere autonomo. Piuttosto mi chiedo perchè sia così aberrante lasciar piangere, visto che è il loro unico modo di comunicare, e come mai tutti e dico tutti i pediatri e ben due psicologi ( che frequento per lavoro), che ho incontrato sin’ora, mi abbiano sempre appoggiata in tal senso, basta essere sempre presenti e consolare; quanto poi al pensare che la colpa ( che mi sembra di retaggio religioso..) di cui vedo scritta, circa il fatto che se un bambino fa i capricci la colpa non è sua…beh..mi lascia francamente allibita.
Mi chiedo poi se un bambino che vuole stare in braccio anche se sei presente e in quel momento proprio non puoi prenderlo si mette a toccarsi la testa facendo ahi voglia dire che si è fatto male o che non abbia una strategia per farsi prendere in braccio…mi sembra che al giorno d’oggi si tenda ad essere permissivi e viziare i figli, non ci si deve poi stupire se diventano adolescenti problematici e “bambini tiranni”.
redazione
Quando un adulto che ci sta a cuore piange per un’angoscia, o singhiozza in preda allo sconforto non ci sogneremmo mai di lasciarlo solo a “comunicare” il suo stato d’animo, considerando il suo pianto convulso l’unico strumento di espressione di un profondo disagio… Il bambino sotto i venti mesi e sopra l’anno tende ad adottare atteggiamenti “autolesionistici” (picchiarsi, in pratica, darsi pugni in testa, per esempio) per esprimere la propria rabbia e frustrazione, che a quell’età non è ancora in grado di convogliare fuori di sé (verso la mamma, il papà, l’adulto di riferimento ecc.). Successivamente, intorno ai due anni, il piccolo – se frustrato nelle sue aspettative – tende a “picchiare” mamma, o a dirle “brutta”, “cattiva”. Se si conoscono queste modalità, e questi passaggi, il termine “vizio” esce immediatamente dal vocabolario applicabile alla prima infanzia. Certo, bisogna avere la volontà di entrare nei panni (VERI) dei più piccoli, smettendo finalmente di applicar loro schemi tipici dell’adulto. I bambini sono bambini, non si comportano come gli adulti, non hanno un “lessico emotivo” pari a quello degli adulti. E – ci piaccia o no – non mettono in atto strategie (come invece noi, ohimè, facciamo). E se ci ostiniamo a interpretare i nostri figli a tale stregua avremo sempre aspettative impossibili e una visione sostanzialmente negativa dell’infanzia e – nel piccolo – delle intenzioni delle piccole peresone che abbiamo messo al mondo e che abbiamo accanto.
robbie
Vero, Giorgia e il parallelismo con Hitler è calzantissimo, per l’uso sottile che delle parole è stato fatto dalla propaganda antiebraica. Allo stesso modo il bambino che emerge dalla descrizione di Estivill è un piccolo carogna; Rosmary’s baby è una santo, in confronto. E’ IL NEMICO DA ABBATTERE e da stroncare. La propaganda contro l’infanzia presente, come fai notare, in tutto il libro, è un continuo stillicidio di luoghi comuni che spersonalizza l’individuo bambino, nettamente in contrasto con il lungo percorso storico che ha portato alla dichiarazione dei diritti dell’infanzia, ma quanto teorizzato da Estivill, non è soltanto pericoloso nell’ambito della gestione del sonno, ma veicola l’idea che il bambino non soffra. E se non soffre psicologicamente, allora non soffre neppure fisicamente. E di qui il passo verso la violenza sui minori è più breve di quanto si possa pensare.
Andrea
Ammetto la mia ignoranza!! No, purtroppo non l’ho letto. Vado a cercare lumi.
Valentina
Grazie Giorgia della bella analisi, spero che facendola girare un po’ si riesca a far cadere il libro nel dimenticatoio, come dice Andrea. E grazie anche ad Andrea! 🙂
sara
ho letto il libro e devo dire che quando sono arrivata alla fine ero talmente condizionata, mi sembrava talmente giusto, che ho obbligato anche mio marito a leggerlo. E sono riuscita pure nell’intento!! La piccola dormiva tutta la notte, si addormentava nel suo lettino e da sola! E senza piangere peraltro. A 6 mesi l’antifona è cambiata: non si addormentava da sola, si addormentava in braccio e si svegliava. Insomma, la teoria era bella, ma la pratica… aveva sofferto tantissimo per le colichette, non ce la facevo a sentirla ancora piangere. Verso i 18 mesi ha iniziato a chiedere lei di addormentarsi nel lettino, con noi vicino. A due anni e un mese ci ha cacciati dalla sua cameretta perchè la disturbavamo e ha iniziato ad addormentarsi da sola. I risvegli sono terminati qualche mese fa, ma capito il problema che li causava (mal di pancia dovuto ad un’intolleranza) erano gestibilissimi. Ora si sveglia per bere se mangia qualcosa di salato a cena o ad andare in bagno. All’inizio si svegliava perchè perdeva il ciuccio…
Ho avuto un secondo bimbo:
1. niente ciuccio!
2. da subito si addormentava in braccio;
3. da ormai qualche settimana si addormenta da solo nel lettino (proprio in cameretta da solo). Lui è il classico bambino che la notte fa due frigni, ma se non lo si lascia stare parte con la sirena! Guai a toccarlo. Il lettino l’ha chiesto da sè. Si abbraccia il suo elefantino di peluche e “mi caccia”. Io credo che anche il rapporto con il sonno faccia parte della crescita e come per il camminare c’è chi arriva prima e chi arriva dopo, ma tutti arrivano.
Caterina
Ciao a tutti,io mi permetto di scrivere un piccolo commento sull’articolo(peraltro brillantemente scritto)anche se ho letto solo l’inizio del libro in questione,me lo hanno regalato ed,essendo alla mia prima esperienza come mamma,mi sono detta,perchè no?!?!magari funziona.
Io non lo vedo così terribile,consiglia una “metodica” nel sonno dei nostri bambini e come questa metodica possa aiutarli a scoprire che la fase del sonno è assolutamente normale e sicura,esattamente come mangiare la pappa o fare i propri bisogni,esempi sui quali si sofferma spesso.
Spiega che,come non daresti da mangiare a tuo figlio una volta sul divano,una volta in terrazza o a letto e via dicendo,non è giusto fargli prendere abitudini sbagliate per la nanna,una volta in braccio,una volta in macchina,una volta in passeggino e così via,e spiega che se gli si fa prendere sonno nei suddetti modi e il piccolo si sveglia e non è più ne in macchina ne sul passeggino ne tantomeno tra le amorose braccia della mamma è chiaro che si spaventa e piange disperato perchè non capisce dove si trova. Quindi dice di creare una routine:bagnetto,pappa (in un luogo non eccessivamente caotico)poi basta giochi,ci si prepara per fare la nanna,gli si danno degli strumenti che lui possa utilizzare anche nei suoi risvegli e che lo aiutino,quindi a riaddormentarsi sereno,(ciuccio,copertina orsetto….)tutte cose che possano passare con lui tutta la notte,cosa c’è di male in tutto questo????io ho applicato questo metodo con la mia bambina(ora di 8 mesi),e ora si addormenta(quasi sempre)da sola, non l’ho mai lasciata sola a piangere disperata,rimango con lei finchè vedo che sta per addormantarsi e poi esco dalla stanza.
Ora,ripeto, non ho letto tutto il libro e se dice davvero tutte quelle cose terribili allora non sono assolutamente daccordo,ma con questa prima parte assolutamnete si.Grazie ciao
Giorgia
Michela, ma esser presenti e consolare non è lasciar piangere, no? Il lasciar piangere di cui si parla nell’articolo è un effettivo lasciare solo il bimbo che piange. Se la mamma è presente, significa che non ignora il richiamo del figlio.
Giorgia
Caterina, la parte di cui parli è assolutamente condivisibile, creare dei rituali e riproporli di sera in sera ha un effetto rassicurante e favorisce l’addormentamento.
Giorgia
Grazie Roberta, il tuo parere di storica mi conforta. Ho pensato molto se lasciare o no quel riferimento, sapevo che avrebbe potuto risultare impopolare (e toglierlo sarebbe stato più semplice), ma è qualcosa che sentivo e credo sia stato onesto dirlo.
Giorgia
Informazione “tecnica”, poichè qualcuno mi ha chiesto in pvt, le risposte della redazione sono.. della redazione. Quando rispondo io (autrice dell’articolo) esce il messaggio from Giorgia 🙂
Maribea
Come mi sono più volte e in più sedi trovata a dire, il problema base di Estivill è la sua posizione concettuale di fondo, che oltre a dipingere il bambino in modo scorretto (nonchè ingiusto) come un essere intenzionalmente ostile ed oppositivo, pretende di applicare a tutti i bambini del mondo (!) il suo metodo. Lo trovo francamente assurdo e credo che chiunque possa accettare il fatto che una sola “ricetta” non può fare del bene a chiunque. Prima ci rendiamo conto del fatto che Estivill NON serve al bambino ma ai genitori disperati e quindi NON può e non deve essere considerato un “bene” per il bambino, e prima cercheremo personali e più flessibili ed umane strade alternative per dormire anche dopo l’arrivo di un figlio e NON “nonostante” un figlio. Vi ricordo che Estivill è un medico preparato e importante (cosa che gli fornisce autorità), peccato che come tutti coloro che hanno una visione parziale della persona non siano in grado di andare al di là del proprio “pezzo”.
Per lui il bambino e il sonno coincidono, il bambino è solo ciò che riguarda il suo “problema” di sonno. E sinceramente non mi piace, nè da mamma nè da psicologa!
Maribea
sara
ho dimenticato di dire che il mio piccolo ha 16 mesi.
Entrmabi i miei bimbi hanno iniziato “da soli” a gestire i risvegli notturni in modo diverso dal chiamare me (piangendo o chiamando proprio con la voce). E questo ben prima che avvenisse il passaggio dell’addormentarsi nel lettino. Se si legge Estevill è logico, il ragionamento fila, ed è proprio questo da cui mette in guardia l’autrice di questo articolo. Siamo sicure che facendo in altro modo, con le coccolo, con amore, senza pianti, ecc. succederebbe ciò che dice lui? Io sono sicura di no, perchè ci sono passata due volte ed etrambe le volte non è successo nulla di quanto riportato nel libro. Sai il vantaggio cosa è nel non seguire il libro? Se sei in viaggio bastano le braccia della mamma, non serve nessunissima routine. La mamma da al suo bambino tutto ciò che serve per dormire serenamente.
alessandra bortolotti
sapete cosa mi stupisce sempre? Che quando si parla di questo libro arrivano subito decine di commenti, tantissimi leggono il post… questo è indice della cultura in cui viviamo e Estivill e i suoi editori hanno azzeccato un’ottima operazione di marketing di nessun valore scientifico.. che di fatto TUTTI conoscono come libro senza conoscerne i trucchi linguistici con cui è scritto e ancora di più i potenziali rischi!
Andrea
@Maribea,
che vuol dire questo passaggio: “Vi ricordo che Estivill è un medico preparato e importante (cosa che gli fornisce autorità), peccato che come tutti coloro che hanno una visione parziale della persona non siano in grado di andare al di là del proprio “pezzo”.”?
@alessandra bortolotti: del tuo non ho capito questo: “tantissimi leggono il post… questo è indice della cultura in cui viviamo”.
Comunque ho già detto prima che a un Estevill si risponde con un altro “Estevill, ovvero qualcosa di facilmente digeribile e comprensibile e non con dotte elucubrazioni (che si rivolgono, giocoforza, a un pubblico diverso e molto più ristretto).
@redazione: ho letto le recensioni disponibili in rete sul libro della Fresco; da quanto vedo non mi sembra che sia un libro in alternativca a Estevill, ma un saggio su come Estevill (che sembra venga nominato molto, ma molto spesso) dica stupidaggini. Le due cose sono molto diverse, ma devo ricordare che non ho letto il libro, per cui sono pronto a essere smentito.
redazione
caro Andrea, la nostra Alessandra Bortolotti si premurerà di chiarirti il passaggio che hai indicato, così come sono certa pure la lettrice Maribea.
Il testo della Fresco è nato come risposta a Estivill, e il titolo già ti spiega in che ottica tratta il sonno dei bambini. Te ne consiglio la lettura.
Emanuela
Non ricordo quando è stato scritto il libro, ma sentendo le considerazioni di molte persone deduco che Estivill abbia fatto presa anche perchè avvalla ciò che tanti adulti pensano: vogliono così sentire conferma al loro pensiero già radicato. Io sono nata negli anni ’60 e da quando ho la facoltà di comprensione ricordo di aver sentito discorsi, consigli di questo tenore. Ricordo come era/è forte l’opinione che i bambini fossero manipolatori, calcolatori, attori, etc.; tutto il linguaggio che ha ben descritto Giorgia nell’articolo era già presente sin dalla mia infanzia (e immagino da molto prima…) anche se rivolto ad altri bambini, non necessariamente a me che nel frattempo diventavo adulta. Comunque sia, prima di avere figli ritenevo validi i sistemi di lasciare il bambino piangere nel suo lettino con tutto il restante repertorio di nefandezze. Posso dire che a forza di sentirlo ripetere su questo tema ho subìto un fortissimo condizionamento. Miracolo (o forse no, informazione in seguito al fatto che mi insospettì sentire la frase di una mamma che disse “Fate la nanna? No grazie”) ha voluto che dopo i primissimi mesi di vita del mio bimbo e alternante applicazione empirica del metodo, mai letto fino allora, ho optato con convinzione al co-sleeping, cosa di cui sono felicissima. Cosa buffa: mia madre che è stata colei che diffondeva con forza i consigli su quanto male facesse tenere in braccio i piccoli e quanto errato fosse raccoglierli dal loro lettino. è stata anche la prima persona che ha immediatamente abbandonato tutte le sue teorie di fronte alle lacrime del nipotino…
dora
Cari amici, premetto che non ho mai avuto la forza d’animo di leggere per intero il libretto in questione, avendo avuto la fortuna di leggere, come primissima lettura di una neomamma disperata, quello di Grazia Honeggar Fresco, che è poi stato il mio riferimento per l’infinita serie di letture successive. Premetto anche che se i problemi di sonno di mio figlio (che ora ha quasi tre anni) vanno mooolto lentamente migliorando, è stato per un processo lungo e naturale in cui io non ho potuto fare altro che accompagnarlo standogli il più vicino possibile, con infinita fiducia e pazienza, sbattendo a volte la testa contro il muro e mangiandomi le mani per il sonno e il nervoso. Non ho alcun dubbio che il metodo estvill o qualsiasi altro metodo funzioni, perché i nostri bimbi hanno il prezioso dono di adattarsi a quello che noi imponiamo loro, nel bene e nel male, se glielo imponiamo. Vivo in spagna e qui non mancano, tutt’altro, i missionari dei “metodi”, e ho patito particolarmente tutti questi tentativi di intromissione (che d’altro canto spesso mi andavo a cercare!) nel mio essere mamma. Non ho ancora smesso di essere una mamma assonnata e disperata (ed è in arrivo un altro bimbo per l’estate, aiuto!) ma vorrei ringraziare la redazione e tutti quelli che si sono dedicati a scrivere articoli lucidi come questo, che li condividiamo o meno. Per averci aiutato ad aprire gli occhi, per averci restituito l’autorità di mamma. Per aver contribuito alla diperata ricerca, da parte di noi mamme, di fare il meglio per i propri figli, liberandoci dai miti e dalle suggestioni, perché quando si dienta mamma tutto il mondo all’improvviso sa che cosa è meglio che tu faccia, e noi spesso in preda allo sconforto ci affidiamo indifferenziatamente a qualsiasi voce. Per me è stato difficle seguire la mia, senza mai sapere se era quella della ragione, non lo so nemmeno ora. Non ho mai insegnato ai miei figli a dormire da soli, non ho mai cercato di distinguere tra un pianto sincero e un capriccio (sono assolutamente d’accordo con Andrea su questo), ho commesso mille “eresie” nel tentativo di cavarmela di notte e di giorno, tuttavia quello che è il valore più importante per me e che vogio trasmettere ai miei figli, è il rispetto per queste piccole personcine e la fiducia in loro.
Alexandra
Michela, scrivi:….”quanto poi al pensare che la colpa ( che mi sembra di retaggio religioso..) di cui vedo scritta, circa il fatto che se un bambino fa i capricci la colpa non è sua…beh..mi lascia francamente allibita.”
Non capisco il riferimento alla religione??? Cercare “colpa” dell’altro per aver ragione noi, non è religione, è bigottismo, e a me a catechismo hanno insegnato che è PECCATO MORTALE, dettato solitamente da vacuità morale, intellettuale e psicologica.
Chiusa la parentesi, ecco come la penso sui capricci.
Ogni bimbo fa i capricci. Distinguiamo subito tra il bisogno fondamentale di ogni bambino di essere preso in braccio e il capriccio vero: bimbo vuole qualcosa, per esempio mettere le dita nella presa della corrente, o andarsene in giro per casa con il biscotto in mano facendo briciole e portandosi dietro il cane che lascia una scia di bava, gli dici di no, e si mette a urlare come un pazzo. Questo è un capriccio.
Colpa? quale colpa? il bimbo piccolo non ha la più pallida cognizione del “prima” e “dopo”, della necessaria attesa, delle priorità. Vuole una cosa e ne viene privato con estrema facilità da parte nostra, perché è piccolo, lo possiamo sollevare di peso, togliergli le cose dalle mani. Il bimbo soffre DAVVERO intensamente, non solo la frustrazione del desiderio immediato, ma anche il sentirsi inerme, piccolo, il non poter portare a termine da solo il proprio intento. Credimi, ne ho la prova lampante sotto gli occhi tutti i giorni, e sin dai primi mesi della mia piccola. Spesso ci immaginiamo che il neonato che dipende in tutto e per tutto dalla mamma sia in una specie di paradiso, ma non è così, almeno non appena capisce di essere inerme, la cosa gli dà notevolmente fastidio.
Questo non significa che bisogna lasciargli fare tutto quello che gli passa per la mente, lungi da lì! Nulla di più normale che l’apprendimento della frustrazione del desiderio immediato, dell’attesa, delle priorità, dei divieti. Anzi, nostro preciso dovere.
Però, non ha senso colpevolizzare, sgridare, umiliare il bambino che risente una sincera e genuina pena, o anche rabbia. Manteniamo certamente il “no”, ma per imparare a gestire lo stress, riconoscere la frustrazione per quello che è, un fatto oggettivo, e non un dolore emotivo, una diminuzione del proprio sé, un senso di inadeguatezza e impotenza, il cucciolo ha bisogno, profondamente bisogno, di sentirsi amato, del nostro contatto fisico, della nostra consolazione.
Il cucciolo sente dolorosamente i propri limiti fisici, ed è fisicamente che ha bisogno di rassicurazione circa il suo essere amabile/amato.
Non c’è NESSUNA CONTRADDIZIONE tra imporre fermamente un “no”, o anche sgridare il piccolo con espresso riferimento ad un fatto (non a lui come persona “sbagliata”), e abbracciarlo con amore per consolarlo. Anzi, è stato appurato da uno studio realizzato su bambini bambini dai 3 ai 6 anni, che le coccole, in una tale situazione, aiutano a crescere: http://www.repubblica.it/salute/benessere-donna/2012/02/05/news/amore_materno-29185422/index.html?ref=search.
Per quanto riguarda l’essere presi in braccio, è talmente universalmente quello che vogliono tutti i bambini che, anche senza addentrarsi in studi scientifici, mi sembrerebbe impossibile dubitare che sia un loro bisogno molto forte. Perché hanno bisogno di noi. Perché sono piccoli e impotenti e hanno bisogno di sentirsi partecipi di quello che facciamo, lassù in alto. Perché sono innamorati. Se devono aspettare, pazienza, basta dirlo gentilmente, magari con una carezzina sulla testa se si può. Piangerà lo stesso, ma comunque capisce.
Del resto, è quello che dici tu: “basta essere sempre presenti e consolare”. Giusto, ma per un bambino il linguaggio non verbale è più significativo del linguaggio verbale, e il contatto fisico è quello di cui ha più bisogno. Le belle parole, anche le più dolci, non varranno mai un abbraccio.
Forse, si, se gli si rifiuta in maniera sistematica quello di cui hanno così profondamente e intensamente bisogno, metteranno in atto qualsiasi strategia. Se gli facciamo credere che solo se stanno male riterremo giusto interromperci e dare loro coccole, forse faranno finta di avere male. (Spero di non offendere nessuno pronunciando giudizi inopportuni, non è assolutamente mio proposito, guai a giudicare chicchessia sulla base di poche righe scritte! … ma ho il pallino del bimbo e poi adulto lagnone, che qualche volta mi sembra aver interiorizzato il concetto che per ricevere attenzione bisogna stare male). Si, un bambino piccolo farà qualunque cosa per il contatto fisico, perché quello è di cui ha più bisogno in assoluto, più dell’aria e del pane.
Avendo invece hanno la certezza base che, appena può, mamma o papà sarà sempre pronta/o a stringerla tra le braccia, magari piange lo stesso, si prostra in terra desolata, ma non ho mai visto nella mia piccola alcun tentativo di “strategia” o “raggiro”, né mai è stato riscontrato nei bimbi di mia conoscenza educati in quel modo.
Per me, se amore e tenerezza (e rispetto) sono un caposaldo, non c’è bisogno di dimostrare amore cedendo a qualsiasi capriccio. Il bimbo è viziato, non quando lo si consola dolcemente e lo si prende in braccio, ma quando per “sbarazzarsi” di lui gli si dà quello che vuole, anche se non è buono per lui. Prenderlo in braccio è sempre buono per lui, almeno così credo fermamente.
Sono convinta che genitori amorevoli, che rispondono alla ricerca di affetto e di contatto fisico del proprio cucciolo, rimangono per sempre nella testa e nel cuore del figlio come una voce autorevole, allo stesso tempo un fattore di libertà e di responsabilità, perché è la voce di coloro per cui sei prezioso e degno di rispetto. Per cui ti viene naturale trattare bene te stesso, gli altri, e non diventare un “tiranno”.
E lo stesso vale per il dormire: più un cucciolo è sicuro che se chiama mamma o papà arriva subito, meno sente l’angoscia e il bisogno di chiamare se non ha bisogno. Almeno per me la cosa si è evoluta così.
Infine, vorrei tanto capire cosa mai ci possa essere di male nell’addormentarsi in braccio alla mamma. Noi, forse, quando siamo innamorati, non siamo felici di addormentarci abbracciati a chi amiamo?
chiedo umilmente scusa per la fiumana di parole …
Maribea
@ Andrea: mi riferisco al fatto che Estivill, purtroppo, non è uno sconosciuto qualunque che un giorno si è sognato di scrivere un libro su come “insegnare ai bambini a dormire”, bensì un medico che dirige la “Unidad de Alteraciones del Sueño dell’Istituto Dexeus” di Barcellona. Questa posizione gli fornisce autorità nel senso che chi legge il suo libro può pensare che un professionista come lui dica cose “giuste”, “vere” e “corrette”. Quante volte ci si affida al consiglio e all’indicazione di qualcuno che riteniamo “esperto”? Spesso. Non portiamo forse nostro figlio dal pediatra se è malato? O non consultiamo un avvocato se abbiamo un problema legale? La stessa cosa fanno molti genitori acquistando il libro di Estivill: si fidano di quello che c’è scritto perchè l’ha scritto un professorone importante… E questa valutazione, che mi permetto di definire “superficiale” – senza voler offendere alcuno, ci mancherebbe – rappresenta un serio pericolo perchè contribuisce ad accrescere la credibilità e l’autorità del metodo di Estivill. Per quanto riguarda la seconda parte del mio precedente commento, intendo affermare che Estivill, “professionista del sonno”, dimentica che il bambino che “non dorme” NON è un “disturbo del sonno” ma una PERSONA con una unica fisionomia psicofisica, un essere complesso e globale, del quale non si possono e non si devono ignorare storia pregressa, temperamento, ambiente di crescita ecc. E’ purtroppo un atteggiamento diffuso tra coloro che esercitano la professione medica: si specializzano su un settore (ad esempio: il sonno) e non riescono più a vedere e considerare l’individuo nella sua totalità. Come un superchirurgo specializzato che quando opera vede una “finestra” di 15 cm x 15cm sul corpo del paziente e null’altro. Onde evitare fraintendimenti: non ho nulla contro i medici!
Spero di essermi meglio spiegata.
Maribea 🙂
Andrea
@Emanuela: il libro è del 1999 (o giù di lì), ma secondo me la tua analisi è comunque corretta.
@Maribea: tutto chiaro, grazie. Non avevo capito che intendessi con “pezzo”:)
Sul fatto che la gente compri il libro per quello che c’è scritto nella bibliografia non mi convince. Secondo me dice bene Emanuela quando dice che nel libro si usano espressioni e tipo di linguaggio che volenti o nolenti, è “in noi”.
@Alexandra: Intervento molto bello. L’unica cosa che non avrei detto è che “tutti i bambini fanno i capricci”, ma poi spieghi quello che intendi, per cui OK.
Diciamo che per me un bisogno non può essere un capriccio e viceversa.
Maria Luisa Tortorella
Maribea ha detto la cosa giusta: bisogna sapere cosa è la normalità e cosa la patologia. Riguardo al sonno dei bambini, vi assicuro, ancora non ci si è messi d’accordo
dopo 30 anni di dibattito scientifico.
A me sembra che il criterio migliore, tra i cento proposti sia questo: la normalità è una situazione, un complesso di abitudini, un ritmo sonno-veglia che non crea disturbo nè alla famiglia nè al bambino (in termini di salute psicofisica anche di giorno). Anche un comportamento normale (tipo svegliarsi 2-3 volte a 1 anno) può diventare un “problema” se i genitori non sanno che è la normalità.
E adesso lasciatemi fare una precisazione: non è vero che tutti i pediatri e la maggior parte degli psicologi dicono di lasciar piangere i bambini: per i pediatri leggete “facciamo la nanna” e gli speciali sul sonno di http://www.uppa.it ; per il resto la società di Neuropsichiatria Intantile Australiana già nel 2004 si è espressa decisamente contro il “controlled crying” coioè il metodo Estivill! Saremo una minoranza, è vero, ma ci siamo.
Maria Luisa
…. E naturalmente leggete “E se poi prende il vizio” di Alessandra Bortolotti a proposito degli psicologi….
Alexandra
@Andrea: si, per “capriccio”, intendo quello che intendiamo noi adulti: una espressione di rabbia/protesta/insistenza che, PER NOI ADULTI, è irrazionale o apparentemente sproporzionata/immotivata, o comunque sul motivo materiale del quale abbiamo ragioni di non cedere e imporre al bambino una contrarietà. Cose per le quali è giusto che il piccolo impari a gestire il “no” e/o mettersi in prospettiva.
Condivido al 100% l’esclusione da questo termine il bisogno – e in particolar modo il bisogno di gesti d’affetto e di contatto fisico. Lì, al massimo estremo c’è un pò di posto per una modesta attesa, giustificata non dall’idea (sulla quale è meglio che non aggiunga aggettivi) che l’essere presi in braccio sia futile, o in qualche molto riprovevole, ma dal rispetto di quello che mamma o papà o altrui sta facendo in quel momento.
E ancora … sono poche le occorrenze in cui non c’è spazio, o non ci si può interrompere, per un abbraccio o un gesto tenero. Neanche nelle nostre vite congestionate e affrettate. Anzi, forse queste “pause” sono quanto dà senso e vita a tutto il resto.
Andrea
@Maria Luisa Tortorella: dato che sei una UPPA forse mi saprai dire se i pediatri che ne fanno parte sono delle mosche bianche o sono più “nella norma”. Mi sono spesso chiesto se UPPA fosse (come sembra) di nicchia e “in prima linea” oppure no.
Se vogliamo qualcosa di popolare e che accomuna molti pediatri, non dimentichiamo la FIMP e i poster che ha distribuito a destra e manca…
Per quanto riguarda il controlled crying (tutto il mondo è paese) nei forum in lingua inglese è spesso menzionato e non sembra suscitare grandi discussioni (ma non ci ho mai fatto molta attenzione). Leggevo proprio ora di un caso dove un operatore sanitario (health visitor) consiglia va di usarlo con un bambino di 7 settimane (poi vai a sapere se è vero…).
Andrea
Aggiungo solo che mi sono messo a cercare e ho trovato un altro paio di casi di CC consigliato dai sanitari (allora non sono solo in Italia che non ci capiscono:) ); uno proprio in Australia…
Mi sa che di lavoro ce n’è da fare e parecchio…
Alexandra
sulla domanda riguardo pediatri “mosche bianche”: Non ho idea …
io ho 2 pediatri, e tutti e 2 hanno
1) sempre applaudito l’allattamento esclusivo al seno fino ad oltre i 6 mesi, proponendo, ma mai imponendo, cibi da introdurre con tutta calma.
2) mai e poi mai pronunciato le parole “lasciarla piangere”, neanche quando la mia cucciola si svegliava tutte le ore: consideravano che ci fosse un elemento esterno di disturbo, che fosse una sofferenza anche per lei, e hanno cercato onestamente di identificare e rimuovere il problema. Se invece, come poi è stato, i risvegli erano più distanziati e si risolvevano con un minutino in braccio alla mamma, una ciucciatina di latte o qualcosa da bere, allora tutto andava bene.
Invece, ieri ho sentito una educatrice del nido riferire ad una mamma disperata – di un bambino assai irrequieto che deve avere tra 18 mesi e 2 anni – che “altre mamme hanno applicato il metodo “fate la nanna” e hanno detto che funziona, ma è straziante PER I GENITORI, bisogna essere veramente forti per attenervisi”. Ovviamente, non ho potuto fare a meno di protestare contra l’ingiustificata crudeltà di questo “metodo”, anche se molto più blandamente di quanto avrei voluto, perché alla fine, ogni genitore deve seguire il proprio istinto, e non ricevere “lezioni”. Ma almeno un’opinione contraria l’ha avuta.
E’ questa la cosa peggiore: è che funziona! Come diceva Dora, “perché i nostri bimbi hanno il prezioso dono di adattarsi a quello che noi imponiamo loro, nel bene e nel male, se glielo imponiamo”, come illustra Jesper Juul, piuttosto rinunciano a se stessi, pur di andare incontro a quanto vogliono da loro i genitori. E nella nostra mente ingegneristica, se funziona, è buono. Se invece il bambino piange, non è perché soffre: è solo che non funziona come si deve.
Serena
Io al mio bimbo lo dico di notte se si sveglia che IO ho bisogno di dormire…
Giorgia
Serena: se il tuo bimbo è in età da capire (almeno un po’), secondo me fai proprio bene a spiegargli il tuo bisogno! 🙂
Mariella
Io non ho letto il Estivil ma ho letto ferber e devo dire che l’ho apprezzato molto. Primo perche’ spiega molto bene i cicli del sonno nei bambini e poi perche’ la teoria delle associazioni nel sonno e’ secondo me valida o quantomeno l’ho riscontrata con mio figlio. Quello che non capisco e’ come mai ci siano tanti preconcetti riguardo al sonno dei bambini. Aiutarli con dolcezza ad essere autonomi nell’addormentarsi e’ per il loro bene. I bambini, esattamente come gli adulti, e forse anche di piu’ hanno bisogno di dormire! Come mai nessuno si sognerebbe di mettere in dubbio questa verita’ per gli adulti ma per quanto riguarda i bambini questo sembra non avere importanza? Chiaramente se il sonno dei bambini non e’ disturbato allora non sevre applicare alcun metodo e chiaramente qualsiasi metodo e’ adattabile in base alle esigenze di una famiglia in particolare. Pero’ giudicare normale e fisiologico ripetuti risvegli notturni con conseguete difficolta’ a riaddormentarsi senza considerare le conseguenze sul sistema nervoso di genitori deprivati dal sonno mi sembra un’ipocrisia. Cosa e’ meglio durante la giornata un genitore riposato e presente o nervoso e irritabile? credo sappiamo tutti la risposta. detto cio’ nessuno dice chei bambini debbano essere lasciati a piangere soli, pero’ accompagnarli con serenita’ nel raggiungimento di un autonomia in questo senso non mi sembra sbagliato. E’ per il bene loro e di noi genitori.
redazione
Cara Mariella,
riconoscere che il sonno dei bambini è fisiologicamente diverso da quello degli adulti è il punto di partenza fondamentale per poter vivere tutti serenamente. Se invece si considera prioritario il sonno dell’adulto e di conseguenza applicare qualsiasi metodo affinché il bambino dorma in modo tale per cui mamma e papà possano riposarsi, beh, implica necessariamente una forzatura. Certo, come dici giustamente tu, non si dovrebbe lasciar piangere un bimbo per il proprio bene, ma il punto – e l’ipocrisia – è negare che metodi quali estivill o – peggio – ferber non contemplino questa necessità. Estivill impone nel vero senso della parola ai genitori di NON INTERVENIRE IN ALCUN MODO ai richiami del bambino. Ferber si rifà a metodi di addestramento animale…Non so davvero cosa si possa salvare di questi approcci.
Giorgia
Mariella scrivi: “detto cio’ nessuno dice chei bambini debbano essere lasciati a piangere soli”.
Lo dice Estivill. E’ questo il problema.
Ed è di questo che si discute nell’articolo.
daniele
ho letto il libro più e più volte ed assieme a mia moglie abbiamo applicato quei facili insegnamenti al nostro bambino. il libro non dice di lasciarlo piangere per ore e e ore, dice semplicemente di coccolarlo ad intervalli in maniera da farli capire che mamma e papà ci sono sempre con lui. Non c’é scritto di maltrattarlo ed i riferimenti del tipo “brigante”, sono vezzeggiativi per far capire che il bambino é più intelligente e furbo di quanto si possa credere. Se qualche genitore pensa di placare i propri sensi di colpa tenendolo in braccio notti intere o, come qualche mio conoscente che di notte fa dei veri e propri tour in macchina per farlo dormire, lo faccia pure. Facendo così non aiuta di sicuro il bambino a prendere i suoi ritmi e a stare tranquillo. Il bambino ha bisogno di una sua routine e dei suoi orari, non ha bisogno di passare fra decine di ambienti diversi al giorno e vedere tante persone, questo lo stanca e lo irrita
Giorgia
Daniele, tu scrivi che nel libro si suggerisce di coccolare il bimbo a intervalli regolari. E’ una visione molto bella e sensata, ma secondo me è stata la VOSTRA visione: tua e di tua moglie che evidentemente siete genitori attenti ed affettuosi, ed è così che avete interpretato il metodo.
Ma le parole di Estivill si prestano, purtroppo, anche a tutt’altra interpretazione. Riporto qui solo un paio di passaggi, giusto per chiarire a cosa mi riferisco:
“Per non uscirne con le ossa rotte, dovrete sistemarlo come meglio credete e poi lasciarlo lì, a sfogarsi a suo piacimento. Basterà non dargli retta…”(12)
“Oltre a chiedere da bere, a dire ‘bua’ e a tutti gli espedienti di cui abbiamo parlato, può darsi che vomiti. Non spaventatevi non ha niente: i bambini riescono a procurarsi il vomito con grande facilità. (…) Pulite il disastro (…) e perseverate con tetragona volontà nel vostro programma educativo”.(14)
….
Poi, ribadisco, ogni famiglia fa le sue scelte, ogni famiglia sa cos’è il meglio per il proprio bimbo. Ma ciò non toglie che i suggerimenti di Estivill – così come li dà lui -, non siano rispettosi del benessere dei più piccini.
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