Il capitolo pubblicato il 28 novembre dal titolo “Educazione dei bambini: asilo nido sì o no?”, ha suscitato, insieme a commenti positivi e apprezzamenti, anche reazioni molto vivaci, e critiche abbastanza dure. È forse opportuno riprendere in sintesi l’argomento per cercare di chiarire, per quanto possibile, i termini della questione.
Mandare i bambini all’asilo nido sembra ormai diventata una moda: anche quelle mamme che potrebbero tenerli a casa affidano sempre più spesso i loro bambini a uno staff di educatrici adducendo come giustificazione che poi, una volta che il figlio torna a casa, possono dedicarsi a lui al 100%. Ma non solo: al nido i piccoli farebbero molte attività diverse, avrebbero meno vizi, imparerebbero a condividere e a socializzare.
In genere negli asili nido è presente un’educatrice per otto bambini, ci sono orari precisi per la pappa, per il cambio del pannolino, per il sonno. Fin da piccolissimi, quindi, i bambini sono forzati a creare un legame con persone che non nutrono per loro un interesse profondo, e per le quali “amare” il piccolo fa parte del lavoro.
Educatrici che si avvicendano nell’assistenza ai piccoli, e uno staff che dopo i due anni cambia del tutto, lasciando inevitabilmente il bambino “spiazzato” e vittima di un vuoto. Tutto questo quando, proprio al contrario, i neonati e i bambini piccoli hanno un bisogno vitale di continuità e di figure stabili, come i genitori, o i nonni, o un’altra stabile e sicura figura di attaccamento.
Assurdo parlare di “vizi” e di “socializzazione”: i bambini molto piccoli non hanno vizi ma bisogni, e neppure necessità di socializzare, ma soltanto di stare con i genitori il più tempo possibile: portarli al nido, per loro, è un’esperienza di semplice abbandono, e più piccoli sono più abbandonati si sentono.
La socialità degli asili nido è artificiale, costretta, indotta attraverso tutta una serie di regole, e porta solo a surrogare i contesti familiari naturali, mettendo i bambini della stessa età in gruppi omogenei controllati.
Non solo. I bambini che frequentano gli asili nido corrono grossi rischi: le educatrici non rappresentano per loro una sana autorevolezza, non sono un vero e autentico riferimento educativo. Va da sé che, crescendo, sono meno abituati a rapportarsi con l’adulto e tendono a costituire legami preferenziali con i coetanei.
La ragione è che i bambini sono messi sempre più da piccoli in gruppi di coetanei,quello che viene a mancare è un sano attaccamento con una figura adulta, che lascia il posto a una ricerca di compensazione con i coetanei.
C’è poi l’aspetto economico, che va considerato: il nido costa meno di una tata affidabile. Ma prevale anche sul buon senso in termini di cosa sia davvero necessario ai bambini molto piccoli. Al nido sono spesso malati: è colpa dei batteri o del sistema immunitario indebolito dalla mancanza di un amore profondo e duraturo?
Il buon senso ci dice di tenere a casa i nostri piccoli, con la mamma o i nonni o una tata affidabile. Se vogliamo parlare di condivisione e socializzazione teniamo presente che è prima di tutto in famiglia che il bambino impara a vivere in una comunità, ai giardinetti con i nonni, e non in un ambiente costretto dove è seguito da surrogati di figure d’attaccamento. Perchè prima della condivisione e della socializzazione deve essere sperimentata una cosa fondamentale: l’amore, e con esso la sicurezza e il senso di appartenenza.
A scanso di malintesi, è opportuno sottolineare che queste osservazione vanno prese in una prospettiva costruttiva. Sappiamo tutti che vi sono situazioni famigliari che, per una ragione o per l’altra, non consentono alcuna opzione alternativa al nido. In tal caso spetterà alla famiglia mettere in atto una serie di modalità e strategie per rendere l’esperienza del piccolo la più positiva e serena possibile.
In questo contesto pensiamo soprattutto alle famiglie che, pur avendo facilmente la possibilità di tenerli in casa, e spesso malconsigliate sulla base di luoghi comuni ampiamente smentiti dalla ricerca psicologica, li mandano comunque al nido credendo di scegliere per il loro bene. In tal caso potrebbe essere una buona idea riconsiderare le circostanze, eventualmente approfondendo l’argomento con la lettura di studi specifici (Nella nostra collana ad esempio l’ottimo Sempre con lui).
Anita Molino
Emanuela
Sono una mamma ad alto contatto che suo malgrado ha dovuto mandare i bimbi al nido (a 6 ed 8 mesi). Nonni lontani, non abbiamo voluto coinvolgere altri parenti nella cura dei nostri figli.
Cito: ‘spetterà alla famiglia mettere in atto una serie di modalità e strategie per rendere l’esperienza del piccolo la più positiva e serena possibile.’. Quali? Non mi sembra un gran consiglio per chi, come noi, non ha scelta. Qualcosa di più concreto?
Personalmente l’esperienza al nido è stata positiva. Le tate amano i bimbi senza virgolette. Li amano perchè sono bimbi, e perchè loro malgrado non passano le giornate insieme alla loro mamma, come invece dovrebbero e vorrebbero.
Gli orari fissi, la condivisione ‘forzata’ di momenti, giochi, affetti, sono aspetti che non mi piacciono e non condivido, anche se mi rendo conto che per molte cose non c’è alternativa. O perlomeno è la soluzione più indolore…
In conclusione: ma non è fare un pò terrorismo psicologico? Bulli i bimbi se vanno all’asilo?
E quelle mamme che se li tengono davanti alla tv, o a bighellonare per casa? Cosa li faranno diventare?
fulvia
Non condivo l’articolo letto. Sono una mamma che per necessità lavorativa porta il proprio figlio al nido visto che sia io che mio marito lavoriamo e i nonni sono tutti lontani. Mio figlio non sta male al nido, le sue maestre sono molto carine, anche se quello è il loro lavoro molte di loro sono dolci e amorevoli e non stanno lì sono per guadagnare lo stipendio mensile. Amare i nostri figli fa parte del loro lavoro e io non ci vedo niente di male, sarebbe strano se li amassero come noi. In fondo anche una tata affidabile amerebbe il piccolo perchè fa parte del lavoro. Inoltre non credo che i bambini che vanno all’asilo non abbiamo idea dell’amore e del senso di appartenenza. I bambini sanno benissimo distinguere le figure di accudimento e quelle principali. Mio figlio lo sa. Infine credo che la socializzazione con altri bambini sia fondamentale così come lo è il rapporto che ogni bimbo instaura con i nonni creando un rapporto speciale. Giocare con un proprio coetaneo non è la stessa cosa che giocare con il nonno, nè credo che il gioco porti il bambino a preferire il legame con i coetanei a quello speciale ed unico che ha con i nonni o con i genitori. Per quanto riguarda studi specifici sicuramente avrò piacere di conoscere e leggere altri punti di vista, mi permetto quindi di lasciare anche qui i miei studi specifici. Fulvia, mamma di Loenardo 2 anni e 3 mesi, dopo i miei studi psicopedagocici mi sono specializzata come psicologa, psicoterapeuta e neuropsicologa
Giordana
Anche se alcune affermazioni di questo articolo sono condivisibili, non riesco proprio ad essere d’accordo sulla generalizzazione estrema della figura dell’educatore. Io faccio l’educatrice in asilo nido da dieci anni ed ogni bambino che ho tenuto in braccio ha un posto nel mio cuore. Non ho mai forzato NESSUNO dei piccoli che mi venivano affidati a dormire o a mangiare in un orario stabilito da nessuno che non fosse il bambino stesso. E come me tutte le colleghe che mi hanno affiancato negli anni. Forse quello descritto nell’articolo è lo standard del nido italiano, ma io non ho mai lavorato così. Ho sognato spesso e sogno tutt’ora (che sono madre di tre bambini meravigliosi) i bambini che accolgo tutti i giorni e i loro genitori che hanno bisogno quanto i figli di essere accolti e supportati in questa separazione spesso forzata ed inevitabile. Spesso questi piccoli tornano a trovarmi ormai cresciuti insieme alle mamma e ai papà. Mi dispiace ma non posso proprio non dissentire fortemente sulle righe in cui dice che gli educatori stanno coi bimbi solo per lavoro e non per amore. Non è possibile pensare che uno lavori per e con amore?!?! e poi perché le educatrici non potrebbero essere una delle stabili figure di attaccamento dei bambini e una tata invece si? Mi sfugge proprio il senso di questa affermazione. Come non capisco come si possa affermare che ” I bambini che frequentano gli asili nido corrono grossi rischi: le educatrici non rappresentano per loro una sana autorevolezza, non sono un vero e autentico riferimento educativo. Va da sé che, crescendo, sono meno abituati a rapportarsi con l’adulto e tendono a costituire legami preferenziali con i coetanei. Ne deriva che l’educazione del bambino così strutturata porti ad una scarsa moralità, con conseguenti rischi di bullismo, indifferenza e persino violenza”. Non so in giro che nidi ci siano, ma POSSO ASSICURARVI CHE QUALCHE COSA DI MIGLIORE di quello descritto in questo articolo in giro c’è! 🙂
Selima - Timo il Bruco
Un articolo simile mi sembra poco costruttivo perché fa un sacco di generalizzazioni. Prima di tutto non tutti i nidi sono uguali, né tutti i bambini. Dire che il nido è un’esperienza di semplice abbandono è talmente semplicistico che fa dubitare del buon senso di altre affermazioni non così sbagliate. Secondo me alle mamme e alle famiglie bisogna dare informazioni utili e concrete, non la paura di aver creato un bulletto perché si è mandato al nido il figlio! Per fortuna le dinamiche dell’educazione sono più complesse di così. Mio figlio va il nido mezza giornata, perché sono d’accordo che stare prima di tutto con la sua famiglia sia la cosa più importante. Ma al nido sta bene, ci va volentieri e non si ammala mai, tant’è vero che in 9 mesi di nido è stato a casa forse due giorni (per malattia, perché invece qualche volta lo tengo a casa perché posso).
valentina
Non saprei da dove cominciare… proviamo dai!
Sono educatrice da dieci anni ormai e sinceramente non vedrei un altro lavoro adatto a me… non perchè non sappia fare altro o magari per lo stipendio… semplicemente perchè per nessun’altro lavoro potrei alzarmi così felice al mattino!!! La gioia di PRENDERMI CURA (nonostante ne abbia due veramente miei) dei “miei” bimbi non ha eguali. Molto spesso durante i loro momenti “difficili” (sonno, malessere, difficoltà a farsi comprendere…) mi ritrovo a sussurrargli frasi del tipo: – stai tranquillo, ci sono io quì con te… NON sei solo!- Nessuno vuole o deve prendere il posto della mamma o del papà, questo credo sia chiaro, si tratta solo di donare amore nel momento in cui, purtroppo o per fortuna (visti i tempi), i genitori sono a lavoro. Certo, non tutti gli asili sono validi e non tutti gli educatori sono competenti, preparati ma soprattutto INNAMORATI di questo lavoro. Sta al genitore comprendere se la struttura è adatta al bambino, come? leggendo con attenzione il progetto educativo che rappresenta l’anima della scuola, ma soprattutto osservando e ascoltando il proprio figlio quotidianamente… considerando che i bambini, qualsiasi sia la loro età, sono COMPETENTI!!! Hai ragione Giordana… QUALCOSA DI MIGLIORE C’è!!! 😉
Sara
questo articolo è abbastanza meschino e scandaloso…sono un’educatrice di asilo nido che ha sempre fatto con amore e passione il suo lavoro senza forzature e sono anche una mamma che ha mandato suo figlio al nido perchè crede in questo servizio, spero che nessuno prensa seriamente molte delle parole di questo articolo!!!!!
Silvia
Mai lette tante assurdità messe insieme!!! Non commento oltre perché potrei diventare poco educata…( non sono un’ insegnante ma una mamma che ha mandato la propria figlia al nido e che l avrebbe mandata anche se avessimo avuto 10 nonni a disposizione).
Vittoria
Brava Giordana!
lina
Sono un’educatrice d’asilo nido da 17 anni, mamma di tre bambini e presto di nuovo mamma.
Sono anch’io in disaccordo con quanto detto ma soprattutto con come è stato espresso.
Credo che il nido sia un’esperienza positiva per i bambini se la struttura scelta è una struttura di QUALITÀ e se il tempo trascorso al nido non è troppo lungo, il tempo necessario perchè mamma e papà possono organizzare la loro giornata lavorativa e poi “correre” dal proprio bimbo. Non credo che il problema sia IL NIDO, quanto piuttosto l’idea sempre più diffusa di delegare a terzi la crescita del proprio figlio. Io credo che per un bimbo sia meglio frequentare un buon nido il tempo necessario e poi avere una mamma che veramente si dedica a lui accudendolo ascoltandolo e soprattutto percependosi l’assoluta protagonista della crescita del proprio bimbo, piuttosto che un bimbo figlio di genitori che delegano a terzi (fossero anche nonni o tate) non considerando l’effettivo valore insostituibile che ha per ogni bimbo la figura genitoriale. Questo per me è il VERO problema, non il NIDO o la tata, ma che genitori siamo e che cosa lasciamo che altri facciano al posto nostro perdendo di significato e ricchezza il legame più importante per ogni bimbo e per ogni essere umano che diventa genitore.
Valeria
Vi leggevo con piacere ed ho spesso strovato i vostri articoli molto interessanti. Purtroppo dopo questo articolo mi devo ricredere.