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l’Ascolto attivo, la metodologia per riconoscere le emozioni dei bambini
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È arrivato settembre, il mese che segna la fine delle vacanze e il rientro a scuola. Per grandi e piccini questo mese regalerà una vasta gamma di emozioni! Genitori e figli saranno alle prese con l’inserimento al nido, alla scuola materna, alla scuola primaria e a quella secondaria. Dai bebè che faranno l’esperienza della prima separazione dalla mamma e/o dalle altre figure di riferimento e di accudimento fino ai preadolescenti che attraverseranno la porta della scuola secondaria, tutte queste esperienze avranno in comune le emozioni in gioco.

Quale suggerimento per i genitori che accompagnano i figli in questo delicato e importante momento della loro vita?

Il primo è quello di imparare a riconoscere le emozioni dei figli ascoltando, senza giudicare e senza minimizzare, le loro reazioni. È importante che i figli sentano di poter raccontare e condividere con gli adulti che contano nella loro vita quello che provano. Riconoscere la capacità dei bambini di comunicare i loro bisogni in qualunque fase della loro crescita può favorire la capacità dell’adulto di accogliere l’intensità delle loro risposte emotive.

Per genitori e figli che inizieranno l’avventura della scuola primaria, i dubbi e le paure convivono insime alla curiosità e alla gioia di iniziare un nuovo percorso della vita. Cosa succedererà in classe?

È prezioso il contributo della Pedagogista Marta Tropeano, esperta di Didattica delle Emozioni, che su questo argomento risponde alle mie domande offrendomi spunti di riflessione.

“Marta, cosa vuol dire ascoltare?”

“Innanzitutto è bene definire separatamente l’azione fisica dell’udire e del sentire da quella psichica, dell’ascoltare. Udire è un fenomeno fisiologico, ascoltare invece è un atto psicologico. Parlare dell’ascolto oggi è molto importante, siamo immersi in una società piena di suoni e di rumori, in cui tutti parlano ma nessuno sembra disposto ad ascoltare. Al di là di una maggiore o minore predisposizione personale all’ascolto, dobbiamo tener conto che la capacità dell’ascolto si può imparare e migliorare e potrebbe essere appresa già a scuola”.

“Oggi si parla di Ascolto Attivo, ma cosa vuol dire ciò?”

“È un gioco aperto, vuol dire ascoltare la centralità delle emozioni, è un ascolto dinamico che tiene conto delle pluralità di prospettive. L’ascolto attivo è una delle metodologie dell’educazione socio-affettiva di Thomas Gordon che mira non solo all’educazione della sfera cognitiva della personalità del bambino, ma anche a quella sociale e affettiva. L’obiettivo è di educare, attraverso lo sviluppo di competenze relazionali e di intelligenza emotiva, ad una comunicazione autentica basata sull’ascolto non giudicante e la comprensione empatica dell’altro”.

“L’ascolto attivo può essere efficacemente utilizzato nel contesto scolastico?”

“Si, al fine di potenziare le competenze comunicative degli insegnanti. Spesso, infatti, le dinamiche e le relazioni dentro la classe possono essere difficili da gestire, rendono molto gravoso il lavoro dei docenti che rischiano di oscillare tra l’autoritarismo e la permissività, rendendo ancora più difficoltose le relazioni con gli alunni perché non improntate ad una condotta coerente e non realmente efficaci o autentiche. Nella relazione didattica docente-alunno un ascolto attivo aiuta ad instaurare una buona comunicazione e ad effettuare un migliore apprendimento. Prima di tutto si crea un’ottima interazione tra docente e alunno, in quanto quest’ultimo si sente capito, ascoltato e non giudicato. Uno dei problemi che determina un cattivo rendimento degli studenti è la paura, l’ansia del rendimento, della prestazione che spesso crea un blocco nell’esposizione più armonica, chiara e leggera. Per poter effettuare un ascolto attivo è importante ascoltare l’alunno senza preconcetti anche se non si accettano le sue idee o i suoi punti di vista.”

“Marta, hai qualche suggerimento per gli adulti che in classe e non solo, desiderano favorire e sviluppare momenti d’ascolto attivo?”

“L’importante è tenere in mente di non avere fretta di arrivare a delle conclusioni, imparare a spaziare ed ascoltare i vari punti di vista, saper capire che le emozioni sono degli strumenti conoscitivi importanti se impariamo a comprendere il loro linguaggio. L’obiettivo è quello di far capire agli alunni che diventare buoni ascoltatori è possibile, che un buon ascoltatore accoglie volentieri i dissensi e sa gestire creativamente il conflitto, impara ad ascoltare il suo cuore e adotta una metodologia umoristica. Solo così un buon ascoltatore è un esploratore di mondi possibili”.

Ringrazio Marta per il suo contributo e osservo che ancora una volta l’accento è posto sulla valorizzazione della sfera emotiva per favorire il riconoscimento dei bisogni dell’altro.

È evidente che quando le aspettative sono realistiche e in rapporto all’età dei bambini allora è possibile, da parte dei genitori e degli adulti che accompagnano i più piccoli nel loro percorso di crescita, accogliere l’intensità delle loro risposte emotive. Questo permetterà ai bambini di imparare a conoscersi, di capire ciò che avviene in loro e, giorno dopo giorno, di diventare se stessi.

Erika Vitrano, Psicologa.

Marta Tropeano, Pedagogista-Progettista Didattico e Autrice di “Una Carezza Nell’Anima” per NeP Edizioni.

Bibliografia

  • “Star bene insieme a scuola. Strategie per un’educazione socio-affettivadallamaternaalla media inferiore” di DonataFrancescato, Anna Putton, Simona Cudini, CarocciEditore 2001;
  • “InsegnantiEfficaci” di Thomas Gordon, GiuntiEditore 2009;
  • “L’ascoltosiimpara” di D. Novara, EdizioneGruppo Abele, 2008;
  • “La Città dei Bimbi”, n.24, Aprile/ Maggio 2016, Edicta Edizioni.

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