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È notte. Tutto è buio e silenzioso, la quiete è interrotta soltanto dai tenui rumori della casa, dal respiro delle persone nella stanza. Un bimbo che dorme vicino alla sua mamma percepisce il suo odore familiare, se è ancora allattato qualche volta si sveglia per cercare il seno, altrimenti può aver bisogno di un contatto, anche del papà, perché ha avuto un breve risveglio.
La fisiologia prevede la vicinanza nel sonno, perché i piccoli hanno bisogno di essere nutriti fisicamente e per l’istinto innato di ricerca di protezione, un’esigenza emotiva che perdura per tutta la prima infanzia.
La notte, da un punto di vista simbolico, rappresenta la separazione per eccellenza. Nel sonno si cade in uno stato di abbandono completo, senza alcun controllo sul mondo esterno. Ecco perché è così importante lasciarsi andare in serenità e che l’addormentamento sia un’esperienza piacevole.
Ma proprio perché si tratta di un momento delicato della nostra esperienza corporea e psichica, è più probabile che, anche per quanto riguarda un adulto, ansie e paure impediscano di riposare bene.
Cosa accade quindi a un bambino, anche quando ci sembra ormai “grande”, se qualcosa di inaspettato si modifica nella sua quotidianità o se fa delle esperienze che fatica a gestire da un punto di vista emotivo?
La risposta è semplice: si sveglia più spesso!

Regressioni del sonno: cosa sono e perché avvengono

Le regressioni del sonno costituiscono quei momenti nella vita di un bambino in cui, per ragioni di varia natura, il piccolo si risveglia più frequentemente di notte per ricercare la presenza dell’adulto di riferimento. Si chiamano regressioni perché il bambino “torna indietro”, a uno stato più vicino a quello neonatale, durante il quale ha bisogno di contatto costante.
Qualche volta queste regressioni corrispondono a periodi sensibili, cioè momenti nello sviluppo psicofisico nei quali il bambino acquisisce delle competenze che lo fanno sentire più autonomo e ricerca più frequentemente il genitore per essere rassicurato sul fatto che quell’autonomia non significhi che si debba allontanare da mamma o papà.
Per esempio, non è insolito che quando un bimbo impara a gattonare o a camminare da solo attraversi un periodo di risvegli molto frequenti perché su di un piano psicologico è alla ricerca di una sicurezza emotiva, quasi che nella sua mente si formulasse questa domanda: Se io imparo ad allontanarmi da solo, poi potrò sempre tornare indietro da mamma e papà? Anche se divento autonomo, loro ci saranno comunque per amarmi e coccolarmi come un bimbo piccolissimo?

Come comportarsi?

Risulta facile intuire quanto sia importante che i genitori accolgano sempre con disponibilità queste regressioni, proprio per rassicurare il bambino, mandando così un messaggio non verbale potentissimo: Certo! Io ci sarò sempre! Sei libero di crescere e di cambiare, io ti amerò allo stesso modo.
Più il bambino fa esperienza della disponibilità del genitore ad accoglierlo e confortarlo, prima le notti torneranno alla normalità.
Talvolta invece queste regressioni non hanno a che vedere con le competenze acquisite, ma con fattori esterni, avvenimenti che, per quanto i genitori si comportino in modo attento e presente, alterano gli equilibri familiari: eventi molto salienti come lutti o separazioni, ma anche il rientro al lavoro della mamma, l’ingresso in una nuova scuola, l’arrivo di un fratellino oppure un trasloco, possono generare risvegli frequenti. Tutte queste realtà comportano l’esperienza del cambiamento, che spinge il piccolo a ricercare la conferma che nonostante tutto qualcuno sia lì per lui sempre e comunque: se la casa è diversa e non trovo più i miei punti di riferimento nell’ambiente, voi ci siete per me? Se il nonno non c’è più e sento tanta tristezza, voi ci siete per me? Se di giorno state tanto al lavoro, di notte voi ci siete per me? Se è nata una sorellina e ho paura di perdere il vostro affetto, voi ci siete per me?
Sì. Ci siamo. Certamente, tra di noi non cambia niente.

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Una fase del tutto normale

È assolutamente normale che la ricerca dell’adulto avvenga in modo particolare di notte proprio perché nel sonno siamo fragili, indifesi. Di notte un bambino, che già per natura dipende dall’adulto, non può far altro che affidarsi a mamma e papà. Per superare i cambiamenti, per gestire le difficoltà, comunicando ai bambini che gli affetti rimangono gli stessi, è importante accettare queste regressioni come fasi assolutamente naturali.
Si può pensare alla regressione del sonno come un’occasione di comunicazione importante, un’occasione per ascoltare le esigenze del bambino, dargli la possibilità di esprimere e vivere le sue emozioni. Ma anche come a un’occasione per dire senza parole ai figli che li amiamo e che saremo una presenza costante per tutta la vita, una base sicura a cui poter far ritorno nelle difficoltà. Soltanto attraverso la rassicurazione si può superare il momento e fare un salto di crescita.
Il mondo intorno può cambiare, l’amore di un genitore per un figlio no. Diciamolo anche di notte, semplicemente con un abbraccio.


di Valeria Cortese
Psicologa perinatale e consulente del sonno del bambino, fondatrice del Gruppo MAMA.


Articolo revisionato il 17 ottobre 2022

Un commento

    • Mirko

    • 8 anni fa

    Grazie..bellissimo articolo seguiro’ i consigli!

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