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L’istruzione famigliare non è contro la scuola

Un comune malinteso è quello di vedere nell’homeschooling una presa di posizione contro la scuola, una forma di protesta nei confronti del sistema.

Niente di più falso: sarebbe come dire che chi sceglie il tempo prolungato è contro chi ha scelto il tempo normale. O come dire che se ci si iscrive all’indirizzo musicale è perché ci si oppone all’indirizzo artistico.

I genitori che non mandano i figli a scuola hanno infatti legittimamente optato per una delle modalità possibili di istruzione della prole, esattamente come chi ha deciso di studiare lo Spagnolo, e non il Tedesco, o il Russo, scegliendo una delle varie possibilità.

In un contesto democratico e di libera scelta, questo dovrebbe sembrare normale e quotidiano: i genitori hanno il dovere di operare le scelte più corrispondenti alle caratteristiche dei propri figli e della propria famiglia, come si legge, fra l’altro, in varie norme e nel testo costituzionale.
L’istruzione parentale è una delle opzioni possibili e praticabili legalmente. Naturalmente, essa sottende la consapevolezza della situazione di grave crisi che il sistema scuola-famiglia-educazione sta attraversando. Crisi peraltro ben nota anche a chi invece la prole la iscrive a un istituto scolastico.

Il malcontento rispetto al sistema educativo-formativo, da solo, non basta quindi a render conto delle motivazioni profonde dell’importante diffusione dell’homeschooling in questi ultimi tempi.

Chi opta per l’istruzione parentale è mosso da motivi diversi dalla semplice critica o dal rifiuto del sistema scolastico o da un’ipotetica avversione rispetto a quest’ultimo.
E le motivazioni sono davvero tante, stratificate e di diversa natura: possono essere prevalentemente di ordine pedagogico, psicologico, sociale o religioso, ma anche antropologico, scientifico, culturale o naturale. L’apprendimento informale in famiglia oggi consente di cogliere obiettivi ad ampio spettro, sia a livello individuale che socio-relazionale, sia sul piano cognitivo che su quello affettivo e creativo, com’è rivelato da numerosi studi internazionali. Si sono individuate in questa modalità delle potenzialità per un’educazione e un’istruzione moderna, flessibile, creativa e virtuosa in tutti i suoi aspetti.

I genitori che scelgono l’homeschooling per la propria prole, sono spesso genitori informati e coraggiosi, che si assumono in prima persona tutta la responsabilità di una decisione importante e ricca di conseguenze, oltre che l’onere (e il piacere) di una pratica che richiede dedizione e necessita perciò di un’adeguata organizzazione familiare.

Talvolta questi genitori hanno la forza di rivedere o reinventare il proprio impegno professionale e la propria carriera, ridimensionare i propri bisogni e riorganizzare il budget familiare. Molto spesso si rendono disponibili a ripensare il loro modo di abitare, di viaggiare, di divertirsi, di stare insieme, di essere famiglia… Hanno accettato la scommessa di liberarsi dai luoghi comuni e hanno deciso di assumersi il rischio di percorrere una strada nuova (passando con i figli la maggior parte del proprio tempo, giocando con loro, ecc.), di provvedere personalmente alle varie “educazioni” che solitamente si delegano ad altri: l’educazione alimentare, quella stradale, o religiosa, o l’educazione all’affettività, alla legalità, ecc. Hanno deciso di informarsi e di leggere, di cercare libri e di farsi mettere in discussione, di confrontarsi…

Sono genitori che hanno superato la fase della lamentela, del borbottio, e hanno deciso di riappropriarsi del loro ruolo e di diventare protagonisti per amore.

L’inadeguatezza delle agenzie educative non è motivo sufficiente per sostenere l’opzione dell’apprendimento informale.

Vedere nell’homeschooling un semplice rifiuto o una protesta, significa non riconoscere la portata reale del fenomeno, la sua complessità e profondità.


di Nunzia Vezzola
Docente di scuola superiore e socia fondatrice dell’Associazione Istruzione Famigliare – www.laifitalia.it.

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