Perché chiediamo «che colore è questo?» o altre domande simili? È per testare il nostro bambino?
Un altro articolo dal blog The Montessori Notebook di Simone Davies,
autrice di Il bambino piccolo Montessori.
Oggi mi sono chiesta: perché mettiamo alla prova i nostri bambini? Continuiamo a chiedere cose tipo «Che colore è questo?» e domande simili.
L’ho fatto anche io. Prima di conoscere l’approccio Montessorile, mettevo costantemente e inconsciamente alla prova mio figlio.
«Fai vedere alla nonna come sei bravo ad applaudire?».
«Come fa la mucca?».
«Questo cos’è? E questo? E questo?».
Non so neanche perché gli chiedessi queste cose. Gli chiedevo di mostrarmi nuove abilità a comando, forse perché vedere che mio figlio aveva imparato una cosa nuova mi faceva sentire una brava mamma. In un certo senso, mi vantavo.
E spesso la risposta era il nulla. Non faceva o diceva niente. Immagino fosse il suo modo per dirmi: «Non mi esibisco a comando. Applaudo e saluto e faccio muuu quando lo voglio io».
Ora ho capito che questo genere di domande servono per mettere alla prova i nostri bambini. E di solito c’è una sola risposta corretta.
Quindi se ci danno quella sbagliata, non abbiamo altra scelta se non dire: «No, quel fiore è giallo, non blu». (E aggiungere una musichetta da quiz televisivo: wa wa waaaa)
Non è proprio il massimo per rafforzare la sua autostima.
Il metodo Montessori cosa prevede?
Ho imparato presto che ai maestri Montessori non piace mettere alla prova. Meglio, preferiscono osservare e vedere cosa ha in mente il bambino, in cosa si sta allenando e che cosa ha già imparato.
È interessante che l’osservazione va ben oltre il semplice vedere che cosa sa un bambino (sviluppo cognitivo), ma prevede di indagare anche il suo sviluppo sociale ed emotivo. Qui potete trovare una lista di cose che l’adulto può osservare.
Pertanto, lo scopo delle domande, poste per dimostrare che cosa sa il bambino, diventa obsoleto.
Allora quando possiamo avanzare queste richieste?
Noi maestri Montessori di solito non testiamo il bambino sotto i tre anni. Aspettiamo finché non inizia la fase dell’apprendimento consapevole, appunto intorno ai tre anni. A quest’età è molto eccitato se riesce a fare qualcosa ed è felice di mostrarcelo.
Ad esempio, se vedo che un bambino sta lavorando sul colore blu e nomina correttamente tutte le cose che hanno il colore blu, allora potrei indicargli una maglietta blu e chiedergli di che colore è, e lui griderà contento «blu!».
Con i miei figli, che ormai sono alle superiori (non Montessori), dove le verifiche sono la norma, discutiamo sull’effettiva utilità di queste verifiche. Dalle nostre conversazioni (non scientifiche) emerge che le verifiche sono positive se conosci tutte le risposte perché ti fanno sentire bene con te stesso (proprio come il bambino di tre anni è contento di gridare «blu») o se sono utilizzate per vedere cosa non è stato assimilato bene e deve quindi essere rispiegato. Purtroppo, però, non va quasi mai così!
Cosa si può fare invece?
Invece di mettere alla prova il bambino, io consiglio di:
1. Osservare (vale a dire, vedere a che punto sono).
2. Inventare giochi (vale a dire, attività per fare pratica).
3. Insegnare (ad esempio, elencare le diverse razze di cani, le specie di alberi o di fiori).
Il nostro motto è “Insegna insegnando, non correggendo”. Se un bambino commette un errore, invece che correggerlo, fatevi una nota mentale (o fisica) e successivamente trovate un modo per mostrargli la risposta.
Questo articolo non deve farvi sentire in colpa, o farvi pensare che avete danneggiato vostro figlio. Ma forse può essere un modo per farvi riflettere su quanto spesso testate inconsciamente il vostro piccolo. E magari potreste iniziare a chiedervi perché lo fate e se sia effettivamente utile.
Fatemi sapere cosa ne pensate!
Leggi l’articolo originale: Montessori and testing: why do we keep asking “What colour is this?” and other questions to test our child?
Traduzione di Arianna Rossignoli
Revisione di Francesca Pamina Ros