Le donne in attesa espandono i loro corpi, i loro cuori e le loro anime per il bene dei loro nuovi bambini. Dare alla luce è la dimostrazione d’amore più altruista e spesso richiede alcuni sacrifici. Il Rebozo, applicato dalle mani amorevoli dei compagni, delle doule, delle ostetriche e delle altre persone che si prendono cura della mamma, aiuta la donna e il bambino dentro di lei, offrendo loro supporto, adattamento, un sollievo calmante e, nel periodo post parto, un ritorno allo stato pre gravidanza di totale benessere e integrità.
Naoli Vinaver
Negli ultimi mesi, nel mio cuore si è riaccesa una passione antica, di cui già vi narravo diversi anni fa (se vi interessa, potete leggere i miei articoli del 2013 in merito): l’uso del Rebozo per l’accompagnamento del percorso nascita. Ho sentito la necessità di ritornare alle mie origini, all’uso di uno strumento semplice ed efficace, che potesse trasmettere un messaggio anche senza dover per forza “mettere le mani”, che potesse lenire senza dover fisicamente toccare. Un’esigenza riscoperta prima di tutto nel mio corpo, quella di essere contenuta in un abbraccio che mi ridesse una forma, in un momento in cui mi sentivo tanto fragile che, se qualcuno mi avesse toccata, sarei andata in mille pezzi, ne ero sicura.
A volte, il segreto è essere in ricerca, aperti all’arrivo di qualcosa che può guidarti, senza sapere ancora di cosa hai veramente bisogno. Così il Rebozo è ritornato da me, saltato fuori dal mio armadio, quasi protestando perché ultimamente non lo stavo usando al pieno delle sue potenzialità.
Che cos’è il Rebozo?
Il Rebozo è uno scialle di origine Mesoamericana (Messico, Guatemala) usato per molti differenti scopi.
In particolare, ne è conosciuto l’utilizzo in gravidanza e durante il parto poiché le parteras (levatrici) lo usano per effettuare massaggi che aiutano ad alleviare i dolori, a favorire l’apertura e a far ruotare i bimbi che presentano malposizioni.
Pochi sanno che il rebozo è usato anche per rituali e massaggi che accompagnano tutta la vita e la ciclicità della donna, per aumentare la fertilità, per favorire la sensazione di chiusura fisica ed emotiva dopo il parto o in caso di perdita, e che viene combinato ad altre tecniche ostetriche e con l’uso di erbe, tisane, vapori.
In Mesoamerica, viene usato dalla donna per differenti motivi, come indumento che segnala lo status sociale, per portare i bimbi, per trasportare i pesi, o anche solo per coprirsi le spalle e avvertire su di sé l’abbraccio delle donne che sono venute prima e della comunità femminile.
In Europa, l’uso del Rebozo è stato diffuso progressivamente e la sua conoscenza si deve soprattutto a Angelina Miranda Martinez e Naoli Vinaver, parteras tradizionali che, invece di mantenere segreta la ritualità appartenente alle loro origini culturali, hanno iniziato a insegnare la filosofia sottostante la pratica, arrivando ad abbracciare sempre più persone. Un costante esempio di Rebozo come indumento è visibile nelle tante immagini attraverso cui abbiamo conosciuto Frida Kahlo, che lo portava sempre sulle spalle.
Una delle cose che più mi incantano del Rebozo è il racconto che ne fa Ester Botteri, una delle maggiori esperte italiane della cultura delle parteras mesoamericane, come di un “tessuto intenzionato”. Questo perché le donne locali si impegnano direttamente e fisicamente nella tessitura a mano dei Rebozos con dei telai a tensione, la cui estremità inferiore è collegata al corpo da una cintura.
Il bacino della donna, sede dell’Utero, è il centro della sua energia, convogliata dalla Terra e ridonata attraverso il lavorio quotidiano nell’ombra, tramite il continuo gioco tra contenere e lasciare andare.
L’intensa connessione del telaio con il corpo delle donne e, in principal modo, con il bacino, già fornisce una guida percettiva delle energie che possono essere intrecciate da mani sapienti tra i fili di trama e ordito. “Intenzionare un Rebozo” significa riempirlo di pensieri buoni, di energia, di forza, di amore: tutto quello che traspare nel momento in cui questo telo ti abbraccia. È come se mille mani ti avvolgessero, coccolando il tuo sentire e lasciando libere le lacrime di scorrere, è come se ti confortassero e ti contenessero, plasmandoti nuovamente per rimetterti al mondo.
È allora che una manteada (un massaggio con Manta o Rebozo che alterna movimenti oscillatori) può lenire i dolori della zona lombare in una donna che sostiene il peso del bimbo nel suo grembo, come se mille mani stessero massaggiando quell’area così sollecitata e affaticata. Oppure che, con presenza avvolgente e chiaro messaggio, può accompagnare un bambino podalico a girarsi, sostenendo la mamma nell’invitare il piccolo a cercare la via.
È allora che un massaggio di apertura, molto attivante, può riscaldare tutto il corpo e accenderlo, rendere le mestruazioni più abbondanti, la donna più fertile e disponibile a ricevere il dono della vita, come se cento donne ballassero intorno a te battendo i tamburi e iniziandoti a un nuovo fuoco.
Allo stesso modo, un massaggio di chiusura può ridare forma a un corpo che ha partorito, o che ha ospitato la vita anche solo per poco, e lenire l’anima più di mille balsami, farti sentire contenuta più dell’abbraccio della nonna, o di tutte le antenate della tua famiglia.
Il sapere delle parteras, così magnanimamente condiviso da quelle di loro che insegnano anche a noi donne europee, è antichissimo (deriva dalle tradizioni dei popoli indigeni e precolombiani del Messico, tra cui quello dei maya) e profondo, è radicato nella conoscenza dell’ambiente circostante, della natura e dei suoi ritmi, ma si completa nella conoscenza e nell’osservazione dei processi naturali della corporeità femminile.
Riconoscere e onorare la loro medicina tradizionale significa preservare una cultura, un sapere e un saper fare connaturato a un’area geografica e a diverse popolazioni, oltre che preservare la salute e la vita della donna. Per questo motivo, ogni volta che usiamo un Rebozo, dovremmo mandare un ringraziamento a chi ci ha permesso di farlo, oltre che a chi ha donato la sua energia per crearlo.
di Nicoletta Bressan
Educatrice perinatale e insegnante di massaggio infantile AIMI.
La citazione è tratta da: M. De Keijzer, T. Van Tuyl, N. Vinaver, Das Übungsbuch Auf Tuchfühlung mit der Rebozotechnik, 2015.