Come ogni anno, è iniziato uno dei tormentoni nazionali, un carrozzone di cui ci si domanda da tempo il senso e l’opportunità, e che nondimeno sembra in qualche modo avere un pubblico. Com’è ovvio stiamo parlando del Festival della Canzone Italiana, Sanremo. Già il titolo appare chiaramente obsoleto vista l’omologazione delle canzoni e degli stili a livello mondiale. Ma transeat. Quello che desideriamo mettere in luce è la scandalosa violenza che viene quest’anno perpetrata su coloro che si sintonizzeranno sullo sciagurato evento.
In questa edizione infatti presenteranno un personaggio che si è caratterizzato per testi connotati da esplicita ed estrema porno-violenza.
Chi non lo conosce e desidera verificare l’asserzione è invitato a controllare di persona (se ne ha lo stomaco). Già in molti hanno denunciato l’inammissibilità di far cantare un tizio che proclama la violenza contro le donne, e l’evidente assurdità di dare spazio a chi contraddice gli sforzi messi in campo da anni per limitare questo triste fenomeno.
Ma qui desideriamo esprimere due altre considerazioni.
Innanzitutto dobbiamo pensare che questo spettacolo è proposto in prima serata, cioè entra nelle case, direttamente in famiglia, e colpisce indifferentemente bambini piccoli, adolescenti, adulti e anziani.
Un getto di liquido fognario, tossico, schizzato in faccia e nelle orecchie del disgraziato teleutente e della sua famiglia.
Ma come può essere tollerato un comportamento siffatto nei confronti dei bambini?
Per quale motivo l’unica competizione tra i canali televisivi è quella verso livelli sempre peggiori di degrado?
E tutto questo naturalmente a nostre spese?
A nostre spese?
Tenere spenta la tv o cambiare canale ci sembra certo la scelta di gran lunga più sana, ma sarebbe anche molto opportuno far sentire una vibrante protesta.
Se non difendiamo noi le nostre famiglie e i più piccoli, chi mai li difenderà?
Osiamo anche formulare un’ulteriore osservazione. Siamo in tempi in cui il controllo del linguaggio si è fatto ossessivo e fiscale.
La libertà di parola, di espressione del pensiero e di stampa è ormai compressa e compromessa da leggi, normative e regolamenti.
Le liste delle parole politicamente scorrette si allunga sempre di più producendo effetti lessicali sempre più ridicoli.
Ma tutto questo non vale affatto per alcune categorie di personaggi, tra i quali i cantanti, ai quali al contrario si permette tutto, proprio in nome di quella libertà che, al contrario, è sempre più negata alla gente normale.
In più, dov’è la libertà di non essere investiti da simili avanzi di cloaca che il teleschermo ci vomita addosso?
di Anita Molino
Editore Il leone verde