In quale momento e come parlare della morte ai nostri bambini?
Non ne parliamo facilmente tra adulti, ci sentiamo sempre disorientati a proposito e così il tema rimane un tabù; figuriamoci quando poi si tratta di affrontare l’argomento con i più piccoli: ci sentiamo particolarmente svantaggiati.
Dalla rivista francese Grandir autrement, un articolo di Victorine Meyers su una questione che soprattutto negli ultimi mesi molti di noi hanno dovuto affrontare.
Parlare della morte: un segreto che spaventa
Sappiamo che i bambini sono delle “spugne” che assorbono i nostri comportamenti e le nostre parole per integrarle e, in seguito, utilizzarle al momento opportuno.
Facendo della morte qualche cosa di segreto, di cui non parlare, bisbigliando a malapena per raccontare di una persona defunta quando sono presenti dei bambini, rispondere alle loro domande che “sono cose da grandi”, si crea dell’inquietudine, o addirittura dell’angoscia, e il tema continua a essere un tabù.
Le religioni stesse hanno dei rituali che segnano il trapasso, con ogni probabilità necessari, che restano comunque riservati spesso ai soli adulti e infatti non siamo soliti vedere bambini durante i funerali.
Accettare il ciclo della vita
Possiamo approfittare dell’osservazione della natura per avviare una riflessione sul ciclo della vita.
Alcune domande fatte dai più piccoli possono essere dei buoni punti di partenza.
Perché le foglie cadono in autunno? Il ciclo delle stagioni, la natura che va in letargo con il freddo e poi rinasce in primavera, è di grande aiuto.
Questa stessa osservazione può condurli a interrogarsi, per esempio, su un insetto o un uccello trovati morti.
Perché non si muove più? Ma che cosa vuol dire essere morto? Significa che non volerà più, che non canterà più.
Certo, è triste, ma permette al bambino di esprimere l’emozione: dire a parole ciò che sente gli permette di appropriarsi poco a poco del ciclo della vita.
Certi adulti si ricorderanno bene le incomprensioni che ci sono state quando hanno vissuto la perdita di un animale domestico a cui erano affezionati.
Christiane mi racconta della sparizione di Myrsa: “Non capivo perché non mi aspettasse più al ritorno da scuola e mia mamma mi aveva detto che era partita. Partita? Ma dove? Perché? Mi sentivo abbandonata e tradita, ho pianto. Probabilmente sapere che invece era morta, cosa che ho capito ben più tardi, non mi avrebbe tolto la tristezza, ma non avrei provato quel sentimento di abbandono e di incomprensione”.
Non risparmiarsi il dolore
Parlare della morte ai bambini ci pare essere davvero difficile. Vogliamo risparmiare loro il dolore della perdita? Eppure, la perdita è reale, dire qualche parola sul dolore che si prova non lo addolcisce di certo, ma può aiutare a conservare il ricordo e ad andare avanti verso il domani.
Nel corso della sua vita il bambino dovrà necessariamente, un giorno o l’altro, confrontarsi con la morte di una persona, un membro della famiglia o un amico. Se abbiamo potuto parlare di ciò con nostro figlio, quando arriva il momento di affrontare la morte di una persona di sua conoscenza, saprà già che cosa sta succedendo, avrà capito che la persona non ritornerà più.
La difficoltà di parlarne può avere origine anche dalle nostre tristezze vissute: ci sentiamo un nodo alla gola, ci vengono le lacrime agli occhi, ma un senso di pudore ci impedisce di mostrare il nostro dolore. Questo significa parlare di noi, delle nostre emozioni.
La paura della morte
Molti hanno paura della morte. La paura può avere diverse origini: possiamo avere paura della morte in sé, paura di soffrire o di ciò che ci attende dopo; ma anche paura perché temiamo di abbandonare i nostri figli, di infliggere loro un dolore insormontabile, o ancora possiamo avere paura di perdere un figlio al punto di diventare troppo protettivi.
In base all’età dei nostri bambini, possiamo imparare a parlare delle nostre paure, a mostrare la nostra tristezza. Lasciamo intendere, così, che questa emozione è del tutto normale, che possiamo imparare a superare le nostre inquietudini e a conviverci.
Può accadere di sentirci impreparati, di non saper cosa rispondere, per esempio, quando si tratta della morte di un bambino o di un neonato e proviamo a risolverla con un “tranquillo, non è la normalità”.
Invece, esprimere il nostro smarrimento di fronte alla situazione resta l’unica cosa da fare: dire che sì, non è una cosa normale, ma che talvolta capita anche se non pensavamo che potesse accadere.
Parlare della morte, parlare dei riti
Parlare della morte con i nostri figli significa anche parlare dei differenti riti che la accompagnano che ci permettono di legarci con la persona amata e scomparsa.
Nonna è morta, ma resta la tua nonna che continua ad amarti e anche tu la ami, è normale.
Andiamo a dirgli arrivederci insieme, se tu lo desideri.
Possiamo parlare dei rituali che noi pratichiamo, raccontando che altre persone hanno invece riti diversi ma seguono uno stesso obiettivo: salutare la persona morta e esprimere la propria tristezza.
Ma…dove sta andando? è una domanda che viene sovente posta dai bambini in seguito alla perdita di qualcuno. Ciascuno con le proprie credenze risponderà come si sente, ma può essere importante, con i bambini molto piccoli, evitare di dire che non vanno da nessuna parte e che non c’è niente dopo la morte. Possiamo solo dire che nonna resta viva nel nostro cuore, per esempio, e che continueremo a parlare di lei, che rivedremo le foto per ricordarci dei bei momenti passati insieme.
Se il bambino vuole sapere dove si trova la nonna, o dov’è il suo corpo, possiamo spiegargli il processo di decomposizione o di cremazione a partire da una certa età (e anche qui riferirsi alla natura può aiutare). Tuttavia, evitiamo di anticipare le spiegazioni, queste arriveranno quando il bambino porrà la domanda e sarà, allora, pronto a saperne di più.
Quando arriva il momento di dire addio a una persona cara, è importante dare la possibilità al bambino di accompagnarci.
La vista di un morto non è traumatizzante, è non parlarne che può esserlo! Dobbiamo però spiegargli ciò che accadrà: nonna sarà come addormentata, ma non si risveglierà più. E possiamo lasciargli la possibilità di cambiare parere fino alla fine.
Naturalmente, se il bambino ci accompagna alla sepoltura, fidiamoci di lui: se vuole abbracciare la nonna, lasciamoglielo fare e se vuole uscire da lì, accompagniamolo.
Se non mostra emozioni e gioca vicino alla bara o al letto, permettiamogli di vivere questo momento come preferisce. Le nostre reazioni negative non sono benvenute e possono interferire nel suo modo di vivere quella situazione.
Esserci anche dopo
Dopo aver vissuto la morte di una persona cara, può essere opportuno parlarne con il bambino e soprattutto ascoltarlo, osservarlo, cercare di porgli qualche domanda senza diventare invadenti.
Può essere che ripenserà con i suoi giocattoli a quel momento difficile, all’annuncio della morte, all’addio ecc. Possiamo allora proporci di giocare con lui, o parlare di quello che sentiamo: Nonna mi manca molto, e a te?
Lasciate scivolare le vostre lacrime, piangete insieme. Se la tristezza c’è, parlarne, esprimerla vi darà sollievo.
Due genitori mi hanno raccontato che, dopo aver passato un lutto in famiglia, loro figlio maltrattava gli insetti per vedere se sarebbero morti.
È importante reagire e parlarne con il bambino, spiegargli quanto sia preziosa la vita e che nessuno ha il diritto di abbreviare quella di un altro essere vivente.
Infine, dopo il decesso di una persona, alcuni bambini possono voler prendere in mano la situazione, quando si tratta della morte di un animale, per esempio, e creare loro stessi un proprio rituale.
Accompagniamoli e diamo loro fiducia, rispettiamo le scelte che faranno, che vogliano seppellirlo o cremarlo, cantare o pregare.
Ho un ricordo emozionante da condividere con voi. Avevo circa 12 anni quando il fratello di una mia amica è morto. Il giorno della sua sepoltura, i suoi amici hanno suonato musica rock davanti alla sua tomba e tutti hanno ballato, è stato un momento triste, emozionante e bello allo stesso tempo. Gli hanno detto addio a loro modo e gli hanno reso omaggio.
Molti anziani sono rimasti sconvolti e ne hanno parlato per molto tempo dopo il funerale. Io l’avevo trovata una cosa solo magnifica.
Dalla rivista e blog Grandir Autrement, articolo di Victorine Meyers
Traduzione di Elisa Gregorio