Dopo mesi di lotta silenziosa e dolore, l’ultimo guizzo, l’ultimo disperato appello voglio lanciarlo ai genitori consapevoli, affinché si uniscano in un solo coro per dire no al tipo di scuola che vogliono creare per i nostri figli.
L’emergenza ha imposto, secondo diverse modalità più o meno condivisibili, una didattica digitale che, pur avendo avuto la sua ragione di esistere, non può e non deve essere adottata ancora in quanto danneggia i nostri figli.
Gli esperti ci dicono che dopo solo due ore di connessione l’attività cerebrale viene alterata, il cervello, soprattutto dei piccoli, riprogrammato. Il sovraccarico di informazioni cattura e disperde l’attenzione ostacolando il passaggio di informazioni dalla memoria a breve termine a quella a lungo termine, con conseguenze sulla concentrazione e sull’apprendimento.
Sappiamo che la connessione – iperconnessione in questi mesi – incoraggia la distrazione digitale ai danni della messa a fuoco dell’obiettivo.
Sappiamo che l’interazione con uno schermo depriva il bambino di esperienze sociali concrete e, nel caso della didattica, della relazione con i compagni e i docenti, del movimento fisico, offrendo un’esperienza limitata.
Sappiamo che l’iperconnessione provoca dipendenza, a sua volta correlata a tanti comportamenti disfunzionali (privazione del sonno, stress, ansia, senso di isolamento).
E poi le onde elettromagnetiche che danneggiano soprattutto i bambini e ragazzi provocando disturbi dell’attenzione, modificazioni cellulari, danni al metabolismo, al sistema immunitario, cancro…
L’uso precoce dei media digitali può compromettere fortemente abilità cognitive e sociali.
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Ebbene! In pochi mesi tutte queste verità sono state spazzate via, messe da parte in nome dell’emergenza sanitaria.
Assistiamo quotidianamente a proposte relative alla ripresa della scuola a settembre che poi vengono smentite o ribaltate.
Risultato: una gran confusione e un senso di precarietà. Non sappiamo come sarà. Uno dei punti fondamentali di riferimento delle nostre vite e della società crolla.
Dapprima ci era stata profilata l’ipotesi di una didattica mista, con metà classe in presenza e metà a distanza.
Avremmo dovuto accettare che i nostri figli fossero ancora chiusi e connessi per tante ore? Io, da madre, non avrei potuto. Non posso ignorare o dimenticare lo sguardo di mia figlia dopo una videolezione, il suo entusiasmo spento in questi mesi. Nè lo avrei accettato come docente, non riconoscendomi più in questo ruolo.
Sembra che questa ipotesi sia stata scartata, per fortuna. Almeno per ora.
Didattica in presenza, ma a condizioni veramente discutibili.
Si pensa alle mascherine per ore, ai braccialetti elettronici da carcerati, al plexiglass, alle visiere… Quali saranno gli altri assurdi scenari delineati fino a settembre? Tremo al pensiero!
Come possiamo pensare a una scuola, che è luogo di socialità, di relazioni, di emozioni, di vita, con cabine di plexiglass che dividano gli studenti?
Come possiamo pensare a un bambino costretto a indossare per ore una mascherina, all’interno di una classe affollata, con i termosifoni accessi e l’aria viziata?
Tante pseudo-soluzioni arrivano dall’alto per una situazione ingarbugliata che è quella che vive la nostra scuola, martoriata e massacrata da anni di politiche sbagliate.
Il vero problema, anzi, uno dei tanti della nostra povera scuola, è la presenza di classi numerose che rendono impossibile il ritorno a scuola in sicurezza.
A prescindere dal virus, una classe di oltre trenta alunni non offre alcuna garanzia di sicurezza, in tutti i sensi. Ma siamo andati avanti così! Perché così funziona in questo nostro Paese.
Come si potrebbe fare?
Per garantire il distanziamento e le misure di sicurezza, è fondamentale ridurre il numero di alunni per classe e distribuire i gruppi in nuovi spazi.
Costruire, dunque, prefabbricati, casette in legno, tendo-strutture negli spazi che ogni singola città o paese ha a disposizione: parchi, campi sportivi, cortili.
Riorganizzare gli spazi, assumere personale, stanziare denaro per questo (il ritornello dei soldi che scarseggiano però non si è sentito quando si è trattato di favorire e incrementare la Dad).
Allora forza! Sono passati già quattro mesi da questa catastrofe e ancora piovono scenari assurdi come possibili soluzioni, ma di proposte serie e sane per i nostri figli, neanche l’ombra.
Il mio è un sogno? Un’utopia? Ingenuità? Forse! O forse no! Si tratta di un’impresa certo non semplice, con tutta una serie di implicazioni organizzative (orari, trasporti, ecc).
Eppure sono certa che se si vuole, si può. Sono stati allestiti in pochi giorni ospedali poi inutilizzati, se si vuole, si possono costruire aule.
I bambini e i ragazzi hanno bisogno di riprendere a vivere e noi non possiamo accettare le misure anti-evolutive che ogni giorno vengono scaraventate.
Stiamo parlando dei nostri figli. Si stanno creando le premesse per danni psicologici enormi. Possibile che nessuno fermi e illumini questi nostri politici che, con superficialità e spesso incompetenza, prendono decisioni sulla loro pelle?
Il senso di impotenza contro questo sistema, che segue probabilmente altre logiche da quelle che dovrebbero avere a cuore la salute dei nostri figli, è enorme.
La mia penna in questi mesi ha scritto, scritto, scritto senza sosta, al Ministro, a qualche Dirigente scolastico, a psicologi, pediatri, senza ahimè muovere granchè.
Tutti insieme possiamo farcela! Il mio ultimo, disperato appello è ai genitori, a quei genitori consapevoli che, prima di mettere i loro figli davanti agli schermi, si pongono domande.
A quei genitori che non si fanno abbagliare dalle promesse miracolose della tecnologia, la cui utilità non viene certo negata.
A quelli che riescono a guardare oltre, che rispettano la scuola e ne riconoscono la centralità.
A quelli che hanno a cuore il benessere psico-fisico dei loro figli.
Genitori consapevoli uniamoci e diciamo no al tipo di scuola che vogliono dare ai nostri figli.
Chiediamo politiche serie, soluzioni studiate e valutate in ogni conseguenza o implicazione, e che abbiano un solo grande obiettivo: i nostri figli, il futuro di questa società!
di Mena Senatore
Docente e autrice di Bambini digitali.