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bambino non dorme

Il bambino non dorme, ecco un luogo comune per chi sta per diventare genitore: sapere che durante i primi mesi di vita del proprio bambino si dormirà troppo poco.
Sicuramente la nanna è una delle “sfide” più impegnative che i neogenitori dovranno affrontare, ma è anche vero che ben presto le cose miglioreranno, non appena la routine familiare subirà un assestamento e di conseguenza porterà una sorta di prevedibilità che produrrà dei benefici anche per quanto riguarda il sonno del bambino.
Ne parliamo con Silvana Parisi, puericultrice e sleep consultant certificata, che si occupa di mamme e bambini dal 1989.

Come “insegnare a dormire” al bambino?

Innanzitutto il sonno del neonato è diverso da quello di un adulto.
Dormire è essenziale per lo sviluppo psicofisico e subisce una trasformazione man mano che il bambino cresce poiché il suo organismo attiva  processi di maturazione sia a livello fisico che cerebrale, ponendo le basi per l’apprendimento che avverrà nei giorni successivi.
La realizzazione di ritmi sonno-veglia regolari è resa difficile, spesso, dalle molte pressioni a cui sono sottoposti i genitori che devono poter conciliare l’attività lavorativa con la routine quotidiana a casa. Per mamma e papà, poi, “insegnare a dormire” al proprio bambino implica un coinvolgimento non soltanto fisico, ma soprattutto psicoemotivo, perché significa aiutare il bambino stesso ad affrontare il processo graduale di separazione fisica dalla figura di riferimento.
Infine, ci sono genitori che faticano a lasciare il proprio bambino perchè temono che smetta di respirare durante la notte per esempio, o per altre motivazioni che spesso nascono da altre paure (bambini che hanno subito ricoveri o che hanno vissuto la terapia intensiva in fase neonatale).
La nanna è quindi una delle “sfide” più impegnative che i neogenitori dovranno affrontare, ma è anche vero che ben presto le cose miglioreranno, non appena la routine familiare subirà un assestamento e di conseguenza porterà una sorta di prevedibilità che produrrà dei benefici anche per quanto riguarda il sonno del bambino.
Quindi, come “insegnare a dormire” al bambino?
La domanda è provocatoria perché il sonno del neonato è diverso da quello di un adulto e a dormire non si “impara”. Tuttavia esistono degli accorgimenti per favorire il più possibile il sonno del bambino. Sono gli “ingredienti base” che di solito chiamo le “tre P”: Pazienza, Partecipazione e Perseveranza.
Se manca uno di questi tre ingredienti, difficilmente si potrà trasmettere quel senso di sicurezza di cui necessita il neonato che si accinge a conoscere il mondo e il suo funzionamento attraverso i nostri occhi e il nostro corpo.
Abbiamo a che fare con bambini piccoli e non dobbiamo dimenticare che il loro bisogno primario è di nutrimento: non parlo solo di latte, ma di nutrimento affettivo che forse, per certi aspetti, supera il nutrimento del corpo.

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Il bambino non dorme: disturbi del sonno o caratteristiche?

Troppo spesso, quando si parla di sonno del bambino, si fa rimerimento al termine “disturbo” per catalogare i motivi per cui questo non avviene o si verifica con difficoltà, dimenticandosi che, in realtà, si tratta di caratteristiche proprie dei ritmi dei neonati.
I ritmi sonno-veglia di un bambino piccolo sono abbastanza imprevedibili.
In particolare, lo sono durante la fase di adattamento neonatale, periodo nel quale il bambino deve abituarsi a una modalità di vita diametralmente opposta a quella fetale, durante la quale non doveva certo preoccuparsi di nutrirsi, di regolare la temperatura del corpo, di respirare , di fare cacca e pipì ecc. Ecco che pretendere di fornirgli una routine appena nato, oltre a essere assurdo, è controproducente, se non addirittura dannoso.
Durante le prime settimane di vita il neonato esplora il mondo circostante attraverso la bocca, prima forma di comunicazione, e con essa si nutre, si calma, percepisce tutto.
Per questo motivo la richiesta di suzione al seno diventa molto molto attiva: non gli occorre solo per nutrirsi, ma serve per stimolare il seno alla produzione adeguata, a ritrovare tranquillità, a sentire il sapore della sua mamma. Lo spesso discorso vale per i bambini che, per svariate e sempre valide motivazioni, non vengono allattati al seno: il bisogno di contatto e delle tre P rimane lo stesso.
Il dottor Barry Brazelton, noto pediatra americano recentemente scomparso, aveva individuato tre differenti tipologie  di temperamento neonatale creando la “scala di valutazione del comportamento del neonato”, meglio conosciuta come NBAS.
Le tipologie sono le seguenti:

  • il  neonato attivo
  • il neonato a metà strada
  • il neonato tranquillo

Tutte e e tre sono da considerarsi “normali” e pertanto vanno approcciate di conseguenza, nel rispetto dei bisogni e della sensibilità di ogni bambino, ma individuarne il tipo permetterebbe di inquadrare al meglio le accortezze (il tocco, il cambio, le cure igieniche, l’ambiente in cui vive) da adottare per il nostro piccolo.

Le 6 fasi del sonno

Il sonno del bambino è caratterizzato da 6 stati di sonno e veglia facilmente identificabili:

  • sonno profondo
  • sonno leggero (rem)
  • dormiveglia
  • veglia
  • agitazione
  • pianto

Nella prima fase il bambino tende a escludere qualsiasi stimolo proveniente dall’esterno, la fase culminante è invece caratterizzata dal risveglio totale e dall’attivazione di tutti i sensi.
Man mano che la maturazione cerebrale si struttura, il bambino impara a passare dal sonno alla veglia e poi ancora al sonno per proteggersi dagli stimoli esterni.
È di fondamentale importanza sottolineare che queste competenze, seppur determinate dalla natura, implicano un coinvolgimento totale da parte dei genitori che devono fornire quel nutrimento affettivo, tonico emozionale di cui parlavamo sopra: senza una forte forma di rassicurazione profonda nessun bambino sarà in grado di attingere alle proprie risorse interiori  e farne tesoro al momento opportuno.

Suggerimenti e accorgimenti se il bambino non dorme

Piccole “strategie” possono favorire un adattamento neonatale il più sereno possibile.
Adottare modalità di contenimento simili alla postura che il bambino assumeva durante la vita fetale è importantissimo: nei primi mesi di vita (ma anche dopo) i  bambini necessitano di essere contenuti molto tra le braccia di mamma e papà.
Man mano che passano i mesi, poi, queste modalità di contenimento potranno essere intervallate con attività motorie autonome sul tappeto, movimenti che, apparentemente scollegati dal sonno, in realtà gettano le basi per affrontare un buon sonno notturno .
Per concludere, ciò su cui è importante ritornare è l’ascolto del proprio bambino, dei suoi bisogni e delle sue esigenze di comunicazione con il mondo adulto .
La natura ci ha dato il compito di comprendere il linguaggio del bambino che si esprime attraverso il pianto e il tono muscolare, la postura, lo sguardo: dobbiamo “sintonizzarci” con lui prima di aver la pretesa di volergli insegnare qualcosa.
Dobbiamo calarci in questo mondo fantastico che ci è appartenuto, che non deve spaventarci, ma, al contrario, riconnetterci con quella parte infantile che risiede in noi e che ci consentirà di comprendere al meglio che cosa stia provando e di cosa ha bisogno il nostro bambino.
Solo allora tutta la fatica si trasformerà in profonda soddisfazione per aver ben compreso le loro reali necessità.
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di Silvana Parisi
Puericultrice, psicomotricista, naturopata e sleep consultant certificata. Fondatrice del progetto Puericultrici italiane Newborn & Family care e del sito www.puericultricesilvana.it, si occupa di mamme e bambini dal 1989.

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