In homeschooling gli esami annuali sono un tema che da sempre anima il dibattito interno, carica di timori le scelte delle famiglie e accende tensioni nei rapporti con le istituzioni scolastiche.
Questa situazione esisteva anche prima del Decreto legislativo 62 del 2017 (che, a una lettura superficiale, parrebbe dare per assodato lo svolgimento di un esame annuale per chi si avvale dell’istruzione parentale), prova ne sono le denunce a carico di famiglie homeschooler, anteriori al 2017, e le sentenze a loro favore.
Dal 2018 il confronto e la discussione si sono fatti più serrati, a discapito della libertà di istruzione, della pluralità dei percorsi di apprendimento e a vantaggio di una sempre maggiore monopolizzazione della trasmissione delle conoscenze da parte della scuola.
Nunzia Vezzola, docente e mamma homeschooler, spiega quanti e quali esami in homeschooling siano veramente necessari e presenta altre forme di accertamento del dovere di istruzione altrettanto attuabili e riconosciute.
Perché gli esami?
Lo Stato ha il dovere di garantire che tutti i giovani abbiano pari opportunità di accesso all’istruzione per almeno dieci anni. Da qui deriva la necessità di ridurre il più possibile la cosiddetta “dispersione scolastica”, o evasione, ed è certamente interesse di tutti e di ciascuno che si attivino delle forme di accertamento efficaci e coerenti del dovere genitoriale di mantenere, istruire ed educare i figli.
Per chi è iscritto a scuola, tale accertamento si risolve con la verifica della frequenza delle lezioni.
Per chi si avvale dell’istruzione parentale, la cosa è un po’ più complicata: come monitorare un percorso di apprendimento che avviene al di fuori dei canali ufficiali?
La frequenza non è un dato rilevabile.
Le cosiddette “capacità tecniche o economiche” dei genitori (che peraltro non sono mai state definite nel dettaglio) non informano sulla reale esistenza di un processo di apprendimento di cui il giovane è protagonista.
Il passaggio all’idea di un esame come forma di verifica (effettuata sui bambini) del dovere genitoriale di educare e istruire i propri figli è giustificato in un’ottica puramente scolastica, ma rappresenta un salto analogico coraggioso e poco sostenibile sul piano logico-pedagogico.
Può funzionare il binomio “homeschooling esami”?
Certamente non funziona come forma di controllo dell’evasione dal dovere di istruire la prole: «La valutazione ha per oggetto il processo formativo e i risultati di apprendimento […], ha finalità formativa ed educativa e concorre al miglioramento degli apprendimenti e al successo formativo degli stessi, documenta lo sviluppo dell’identità personale e promuove la autovalutazione di ciascuno» si legge nel Decreto legge 62/2017, art 1.
L’esame di idoneità, in particolare, è finalizzato al rilevamento dei prerequisiti di base necessari per accedere alla classe a cui un allievo desidera essere iscritto.
In nessun caso, un esame (di idoneità o di altro genere) può essere una forma efficace di verifica dell’assolvimento del dovere di istruzione; anche perché tramite l’esame, di fatto, si trasferisce sul ragazzino l’accertamento di un dovere dei genitori.
Gli insegnanti sanno bene che in un test è necessaria la massima coerenza fra l’oggetto della verifica da un lato e, dall’altro, la forma, la tempistica, l’argomento, la modalità di somministrazione della prova: se ciò viene a mancare, si rischia di fallire l’obiettivo.
L’accertamento, quindi, dovrebbe avvenire sui responsabili dell’istruzione; il bambino è l’anello debole della catena e va tutelato in ogni modo.
I genitori dovrebbero essere messi nella condizione di poter dimostrare la coerenza fra le scelte da loro operate e le caratteristiche del proprio figlio da un lato e le Indicazioni nazionali dall’altro, come da dettato costituzionale.
L’esistenza di un percorso di educazione e di istruzione e la sua personalizzazione sono i punti cruciali di cui i genitori dovrebbero saper rispondere, in quanto “respons-abili”, cioè in grado di rispondere.
Oltre la scuola e l’homeschooling
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Una proposta di intervento educativo da realizzare nel contesto dell’istruzione parentale per gli allievi della scuola secondaria inferiore e superiore, ispirata al modello umanistico dell’educazione integrale (che coinvolge corpo, mente, anima e spirito), con il proposito di formare anime libere e capaci di sentire e di pensare.
Quanti e quali esami in homeschooling
In homeschooling eventuali esami possono avere una ripercussione decisamente negativa sulla serena e piena attuazione di un percorso di apprendimento. Essi infatti mettono in primo piano una serie di traguardi estranei al percorso personale del bambino e della sua famiglia, quindi creano dei condizionamenti (e delle tensioni) che inevitabilmente nuocciono al sistema familiare.
È importante aver sempre presente che fare homeschooling non significa semplicemente portarsi la scuola a casa, o fare didattica a distanza, ma vuol dire molto spesso intraprendere nuovi percorsi, stili, approcci. L’homeschooler impara vivendo la complessità del reale, apprende attraverso il fare (learning by doing), studia e riflette su tematiche trasversali alle discipline scolastiche.
Questa complessità rende estremamente difficile la valutazione dei ragazzini in istruzione parentale e richiede un approccio inclusivo.
Invece, gli esami vengono spesso intesi dalle scuole (consigli di classe, Dirigenti, singoli docenti) come una verifica degli apprendimenti sulla base dei “programmi” svolti dalla classe alla quale il giovane homeschooler non ha partecipato. Perciò si prevedono prove scritte in diverse materie e prove orali che di “colloquio” hanno solo il nome. Ciò equivale a limitare pesantemente la libertà di scelta delle famiglie, l’autonomia di apprendimento dei bambini, a ridurre la pluralità dei percorsi.
Un esame annuale è oltretutto in contrasto con le linee guida espresse nelle Indicazioni nazionali per il curricolo del 2012/2018, laddove si sottolinea la necessità di rispettare i tempi di apprendimento di ciascuno (la personalizzazione dei percorsi) e soprattutto di ragionare per “tempi lunghi”: tutto il quinquennio della scuola primaria e il triennio della scuola secondaria di primo grado.
Un esame che non sia quello di fine ciclo, previsto per tutti i giovani in obbligo di istruzione, risulta oltretutto discriminante e contrario a ogni discorso di inclusività.
Altre forme di accertamento legali e praticabili
È possibile verificare l’esistenza di un processo di apprendimento a favore di un bambino homeschooler in diversi modi, tutti alternativi all’esame di idoneità (prova standard) e rispettosi della giovane persona in evoluzione.
Alcuni di questi tengono conto della pluralità degli approcci all’istruzione e dei ruoli effettivi degli istituti in campo: l’esibizione di un progetto famigliare (preventivo) e/o di un portfolio delle competenze (consuntivo) da parte dell’istituto famiglia, dei colloqui più o meno informali fra il Dirigente (o un suo delegato) e i genitori. In questo caso i genitori, unici responsabili per legge del processo di istruzione, aprono una piattaforma di dialogo con l’istituto scuola, preposto alla vigilanza, durante il quale vengono evidenziati i momenti salienti del percorso del figlio, che sarà necessariamente diverso da quello dei suoi coetanei che frequentano la scuola.
Altre modalità di accertamento caricano il bambino di maggiori responsabilità, ma sono sempre più inclusive e rispettose dell’esame standard: per esempio, il colloquio sulla base del suo percorso personale di apprendimento, oppure una serie di incontri informali con il Dirigente scolastico.
Certamente, il rapporto homeschooling esami deve essere oggetto di una riflessione attenta, informata e circostanziata, al fine di renderlo il più efficace e rispettoso possibile, nell’ottica dell’inclusività e della pluralità.
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di Nunzia Vezzola
Autrice, docente di scuola superiore e socia fondatrice di LAIF Associazione Istruzione Famigliare.