Sono una persona che fa dell’alimentazione una priorità: considero il cibo uno strumento formidabile per mantenerci in salute, darci forza, energia e concentrazione. Credo davvero che sia lo strumento di prevenzione per eccellenza.
Quando mio figlio ha iniziato a frequentare l’asilo, ho cercato di concordare un menu un po’ più in linea con quelle che erano le nostre esigenze (ovvero pasti tendenzialmente vegani), facendo attenzione a mantenere una certa flessibilità nel caso il bambino avesse manifestato il desiderio di assaggiare altri alimenti. La cucina era interna alla struttura e i pasti, benché molto lontani da quelli che proponiamo in casa (cereali integrali, verdure e legumi), erano composti con alimenti freschi e preparati con amore dalla cuoca Cristina.
Poi siamo approdati alla scuola elementare e qui ho capito che non c’era margine di trattativa: potevo sì scegliere un menu vegano o vegetariano, ma per me non era tanto quello il punto. Sono rimasta impressionata dalla scarsissima varietà dei cibi (fagiolini, insalata e zucchine sembrano le uniche verdure contemplate) e dalla totale assenza di cibo integrale e attenzione alla stagionalità. Sulla qualità del cibo non saprei dire perché non l’ho assaggiato, ma arriva da catering esterni, quindi la sua appetibilità è chiaramente compromessa.
Cosa fare?
Battersi per una mensa migliore è sicuramente una istanza da portare avanti, ma ammetto di essere piuttosto rassegnata su questo punto. E benché l’alimentazione sia per me qualcosa di fondamentale ho deciso di non farne assolutamente una malattia.
Ho adottato una strategia che si articola in tre mosse:
- scegliere un menu scolastico che rappresenti il “male minore”;
- educare mio figlio al consumo consapevole di cibi (parlando di stagionalità e rispetto degli animali), ma aiutandolo anche a percepire e soddisfare la sua curiosità verso altri alimenti che in casa non siamo soliti consumare (riconoscendone, magari, la scarsa qualità);
- considerare il pasto scolastico un “non-pasto” e recuperare a casa con la colazione e la cena.
Nessuno, per esempio, pensa alla colazione come a un vero e proprio pasto, che nutre e dà energia anche più di un pranzo. In queste due occasioni consumiamo cibo di qualità che nutre realmente, come un vero pasto dovrebbe fare, e andiamo a compensare le eventuali carenze del pranzo.
Una mensa migliore sarebbe chiaramente possibile e auspicabile, ma nell’attesa mi avvalgo di questa strategia per mantenere una certa serenità su questo tema.
L’esperienza di Monica e le sue riflessioni in proposito ricalcano esattamente la mia esperienza in famiglia e quello che da mamma mi sono ritrovata a pensare della mensa scolastica di mio figlio: l’attenzione al cibo in casa, la magnifica esperienza alla scuola dell’infanzia, la delusione alla primaria che, anno dopo anno, trova inesorabile conferma.
Il menu della mensa scolastica di mio figlio è arrivato a due settimane dall’inizio della scuola ed è esattamente come me l’aspettavo.
In questo articolo rifletto sui ruoli e sulle responsabilità della famiglia e della scuola quando si parla di educazione alimentare e provo a suggerire qualche strategia per sopperire alle mancanze della mensa scolastica.
I termini maschili che ho usato nel testo sono da intendersi per persone di genere femminile e maschile.
La mensa scolastica, luogo di crescita ed educazione troppo spesso sottovalutato
La mensa scolastica ha un potenziale educativo grandissimo: è il luogo in cui l’educazione alimentare potrebbe essere fatta in modo molto efficace per tanti bambini che si ritrovano tutti insieme a mangiare, svincolati dalle personali dinamiche familiari di stare a tavola, il tutto sotto la supervisione dell’Azienda di Ristorazione e del Servizio di Igiene ed Alimenti dell’ATS che, competenti in fatto di alimentazione, dovrebbero proporre, confezionare e approvare pranzi nutrizionalmente equilibrati e completi. Invece non avviene.
Intendiamoci: non è così ovunque; ci sono delle realtà scolastiche, pubbliche e private, in cui ai bambini viene offerta una proposta alimentare valida, nutrizionalmente varia, e che tiene conto della vastissima conoscenza che a oggi si ha in materia alimentare, anche in termini di sostenibilità ambientale. E i bambini mangiano: non rifiutano le zuppe, le polpette di verdure e legumi e neppure la frutta.
Volendo portare un esempio reale, nella mensa scolastica di mio figlio:
- la carne e il formaggio vengono proposti quasi tutti i giorni della settimana; una volta a settimana il pesce;
- i legumi, solo i piselli, vengono offerti in sostituzione alle verdure e per due volte al mese (i piselli sono legumi, non certo verdure, e due volte su quattro settimane è davvero una proposta ben misera); altri legumi non vengono contemplati e il piatto unico non esiste, se non in forma di lasagne. Naturalmente di carne;
- le uova sono offerte solo come uova sode, il che equivale a dire che molti bambini le rifiutano;
- insieme alla pizza viene dato il mais, da mangiare come verdura. Ma le linee guida parlano chiaro: le patate e il mais non devono essere proposte come verdura, ma in sostituzione al pane o, in caso in minestre e minestroni, rientrando così nella conta della pastina del primo piatto in brodo;
- due delle quattro assunzioni mensili di pesce prevedono pesce lavorato in forma di bastoncini o crocchette, dove sospetto che la quantità di pesce realmente presente sia poca;
- le farine integrali non vengono mai contemplate, se non come panino integrale, in alternativa a quello bianco; non la pasta, non il riso, nient’altro (anche perché, oltre la pasta e il riso, altri cereali non sono previsti);
- una volta al mese viene offerto lo yogurt al posto della frutta: succede una volta sola, lo so, ma da un punto di vista educativo è uno sbaglio grande e grossolano sostituire la frutta con un derivato del latte;
- non mi soffermo sulle varietà di verdure, sempre le solite, anche fuori stagione: insalata, fagiolini e zucchine. E siamo in autunno.
La situazione è diffusamente così: nelle mense scolastiche vengono proposti menu che non hanno nulla a che vedere con le linee guida per una buona e sana alimentazione né con la normativa nazionale prevista per la ristorazione scolastica.
I menu confezionati sono invece poveri e un po’ sciatti, e lasciano molto a desiderare. Nel documento ministeriale ci si sofferma sulla stagionalità e la varietà delle verdure e della frutta, sulla scelta dei cereali integrali, sulla necessità di introdurre i legumi settimanalmente e in sostituzione della carne, sull’importanza dello spazio della mensa scolastica come momento fondante di educazione alimentare.
Come ancora in Italia, oggi, sia possibile proporre dei pasti scolastici tanto malfatti non lo so proprio, e dove sia la responsabilità, mi tocca ammetterlo, neppure.
Ma che bontà!
32 carte illustrate con storie, filastrocche, indovinelli e sfide per favorire il momento del pasto e un’alimentazione sana e varia.
Chi ha la responsabilità di educare i bambini a una sana alimentazione?
Un paio di anni fa, in merito a questa cosa, mi sono ritrovata a parlare con una delle dietiste del Servizio Igiene e Alimenti dell’ATS (Agenzia di Tutela della Salute) locale; quest’anno ho contattato direttamente l’azienda di ristorazione che si occupa di rifornire la scuola di mio figlio: da entrambe le parti mi sono sentita dire che la responsabilità per la scelta alimentare scolastica sta ai genitori.
I bambini mangiano a scuola come mangiano in famiglia: male.
A scuola non vengono proposti legumi, cereali integrali, verdure più difficili da accettare, come le crucifere (cavolfiore, broccoletto, verza), perchè nulla di questo verrebbe mangiato. I bambini tornerebbero a casa a pancia vuota, i genitori si lamenterebbero con la scuola, la scuola con il servizio di ristorazione che, a detta sia dell’azienda di ristorazione che dell’ATS, non avrebbe altra scelta se non quella di adeguare il menu alle richieste dei loro utenti.
Tanto vale proporre gelato tutti i giorni: renderebbero i bambini ancora più accondiscendenti.
Ma le aziende di ristorazione e l’ATS sanno che quella della mensa scolastica è una grande opportunità per i bambini?
Lo sanno le famiglie?
Sanno che l’educazione alimentare passa per un’offerta ripetuta di alimenti buoni e sani?
Sanno che se alcuni di questi non vengono accolti volentieri dai bambini è corretto comunque che siano riproposti, ciclicamente?
Il bambino non verrà obbligato a mangiare ciò che non vuole, ma, con il tempo, per imitazione di chi lo circonda (i compagni, le maestre) per la sua naturale curiosità o anche soltanto per soddisfare l’appetito accumulato nelle ore di scuola, proverà tutto, imparerà quindi a conoscere e poi anche ad apprezzare il gusto di quegli alimenti che prima non osava neppure assaggiare.
Questo è un atteggiamento educativo fondamentale, una strategia educativa che non può essere abbandonata solo perché fa comodo che il bambino mangi tutto e subito.
L’Italia ha da anni il triste primato di essere tra i Paesi al mondo con il più alto tasso di obesità pediatrica, il che fa ben concludere che le famiglie italiane sappiano davvero poco di alimentazione o, se così non è, hanno preferito abdicare al loro ruolo di educatori. Lo stesso hanno evidentemente fatto però anche le aziende di ristorazione e le ATS. Perché alla sana alimentazione ci si educa, mica si è naturalmente portati.
Ma allora chi educa i bambini a mangiare bene, se non le famiglie e le scuole?
Di anno in anno, queste riflessioni mi hanno un po’ consumata, non solo perché mi trovavo costretta a ingoiare il rospo e ad accettare che nella mensa della sua scuola mio figlio mangiasse cibo sbilanciato e poco sano, ma anche perché lo trovavo ingiusto nei confronti dei bambini che si affidano agli adulti per crescere e star bene: mi è sempre sembrata, insomma, una scelta ignorante e di comodo da parte di noi adulti, non all’altezza delle risorse dei bambini.
Quest’anno però, ho deciso anch’io come Monica di lasciare andare.
Ho abbandonato il campo di battaglia, farà a meno di me, mi son detta, e ho scelto di aggiustare il tiro a casa, concentrandomi su quello che avrei potuto fare io per bilancare la restante parte dei pasti che mio figlio fa nella giornata.
Perché se in fondo il pranzo in mensa non vale, la colazione, le merende e la cena possono valere molto. Ed ecco alcune idee che mi sono venute in mente.
Come bilanciare a casa i menu della mensa scolastica
Centrale secondo me è alleggerire il carico di proteine e grassi di derivazione animale, fornendo cibi più leggeri in termini di calorie, proteine e sale, ma più ricchi in acqua, fibre e fitonutrienti (vitamine, sali minerali, antiossidanti).
La colazione
Al mattino si potrebbe iniziare con latte vegetale di avena, riso o mandorla mescolato al kefir. Seppure il kefir sia in genere a base di latte di mucca, fonte di proteine, per giunta animali, penso che per la sua natura fermentata sia un alimento pregiato e validissimo da mantenere nella dieta di un bambino, e che, se consumato ogni giorno supporti il benessere della flora batterica intestinale (microbiota intestinale) che partecipa ampiamente alla salute immunitaria e sistemica del nostro corpo.
Al mix di latte e kefir si possono aggiungere cereali semplici, possibilmente del tipo muesli, cioè non lavorati e a base di avena, orzo, frumento o mais integrali, semi e frutta disidratata. Eviterei i cereali arricchiti di cioccolato, zucchero, grassi di vario genere che rendono i chicchi più croccanti e gustosi, ma meno salutari. La colazione non deve essere un dessert.
La merenda a scuola
Per la merenda a scuola: frutta, fresca o disidratata, semi come mandorle, nocciole, noci; barrette di cereali (se possibile fatte in casa) realizzate con cereali integrali, olio di semi di girasole, miele e quanto tra frutta disidratata e semi oleosi piacciono al bambino (cocco, frutti di bosco, mela, nocciole, pistacchi, mandorle, fichi secchi, datteri).
In caso di frutta disidratata e semi, si può far accompagnare il tutto da un succo 100% frutta, senza zuccheri aggiunti, senza conservanti, aromi, coloranti e non da concentrato.
La merenda del pomeriggio
Per la merenda del pomeriggio, se fatta in casa e se avete un po’ di tempo da dedicarci, potreste optare per un piatto composto:
- ancora una volta frutta fresca o disidratata, semi oleosi, da scegliere possibilmente tra quelli che non sono stati mangiati in giornata;
- stick di verdure presentate in pinzimonio, scelta questa più attraente per alcuni bambini, in confronto alla carota o al cetriolo dati per intero;
- una fetta di pane integrale con olio, pomodori freschi tagliati a cubetti e aggiunti in abbondanza, e qualunque altro ingrediente che possa mantenere il piatto equilibrato rendendolo però più appetitoso agli occhi del bambino, secondo i suoi gusti (olive, cetriolini a fette, origano, capperi), facendo attenzione a non scegliere tra formaggi o affettati.
Con l’autunno, i pomodori andranno a finire; in sostituzione a questi potreste scegliere carote tritate e condite con olio e limone; cimette di cavolfiore tagliate a pezzetti e condite anch’esse con aceto di mele e olio; finocchi con olio e sale o ancora un’insalata di avocado (seppure, dalle nostre parti, questo non sia un frutto a km 0), tutto cercando di assecondare i gusti di vostro figlio.
Proporre un piatto ben composto, nella varietà e nell’aspetto, può invogliare il bambino ad assaggiarlo e ad andare avanti a mangiarlo: certo tutto dipende dall’avere il tempo di prepararlo…
L’idea però è quella di una merenda pomeridiana che possa veicolare la verdura, oltre che la frutta, e grazie alla quale, se riusciamo a presentare un piatto che non sia la verdura lavata, pulita e offerta alla solita maniera, riusciremo, poco alla volta, a condurre il bambino verso un pasto sano e che lui ha piacere di fare.
La cena
A cena si riunisce la famiglia e trovare la quadratura del cerchio per tutti è più difficile: c’è chi a pranzo ha mangiato in mensa, chi in ufficio portandosi qualcosa da casa, chi un panino al volo, chi ha potuto mangiare a casa propria.
Sicuramente sono da privilegiare le verdure, i cereali integrali e i legumi; anche il pesce, se lo volete, soprattutto quello più ricco in acidi grassi essenziali (salmone selvaggio, pesce azzurro) privilegiando quello certificato, cioè pescato con metodi di pesca sostenibile.
La cottura deve essere semplice e il pasto non elaborato così che sia ben digeribile per tutti, anche per i bambini: pur non avendo in genere problemi digestivi, ricordiamoci infatti che i bambini dovrebbero andare a dormire presto, di modo da riposare un numero sufficiente di ore e svegliarsi in orario per la scuola. Più la cena sarà leggera e digeribile più sarà probabile che andranno a letto con lo stomaco già svuotato e il sonno ne gioverà.
Su tutto poi, ai pasti e fuori dai pasti, acqua. Non attendiamo che siano loro a chiederla, offriamogliela proattivamente, i bambini ne hanno bisogno.
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Parlare del menu scolastico facendo scelte condivise con i bambini
Ancora una cosa, sperimentata con mio figlio e che non è detto valga per tutti, ma che magari può essere tentata con i bambini più grandi: provate a spiegare cosa secondo voi non va nel menu presentato nella mensa scolastica ed educateli a servirsi di quel menu al meglio.
Per esempio, sapendo che nella scuola di mio figlio il carico di proteine animali è eccessivo, io e lui ci siamo accordati su due punti:
- il bis di primo è libero, ugualmente quello di verdura o frutta, ma il bis di carne o formaggio è meglio evitarlo;
- la pizza offerta ai bambini può essere a scelta tra una pizza margherita e quella con il prosciutto: il nostro accordo prevede che tra le due sia preferibile che scelga la margherita, cosa che lui ha accettato volentieri perché è tra le sue preferite.
Due anni fa io e mio figlio avevamo fatto un accordo simile: gli avevo proposto di scegliere un menu che escludesse la carne e includesse alternative a base di uova, legumi e formaggi. In verità non ho mai capito quali fossero i cibi alternativi proposti in questi casi in mensa, penso che andassero molto il tonno in scatola e polpette di vaga composizione. Mio figlio inizialmente aveva accettato di buon grado la cosa, poi lentamente se ne era discostato manifestando il desiderio di non partecipare più alla mensa e di venire a casa a mangiare.
Il fatto era che non gli andava di non mangiare la carne, forse gli piaceva e non voleva privarsene, forse non voleva un menu diverso da quello dei suoi compagni, fatto sta che il nostro accordo stava producendo solo malessere in lui.
In seguito sono riuscita a capire cosa avevo combinato e, con quello, ho capito anche che era fondamentale motivare le scelte e arrivare ad un accordo che per lui fosse comprensibile e condiviso.
La scuola, includendo in questo anche la mensa, è una parte della vita dei bambini che è al di fuori della loro vita in famiglia, è un pezzo della loro vita a cui noi genitori apparteniamo solo per un pezzetto. Per questo è giusto entrarci sì, attenti, ma rispettosi dei loro spazi e dei loro desideri.
di Fabiana Pompei
Laureata in Medicina e Chirurgia e specializzata in Scienza dell’Alimentazione. Dopo anni passati in ambulatorio, ora scrive di ciò che più le interessa: nutrizione, educazione alimentare, pedagogia e genitorialità.