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come essere genitore rispettoso

Cosa significhi essere un genitore rispettoso?
Emily Hanson è blogger e mamma di una bambina che ha scelto di crescere secondo i principi della genitorialità rispettosa proposti da Janet Lansbury. Sulla rivista The Green Parent parla della sua esperienza, di cosa significhi essere un genitore rispettoso e riassume i concetti fondamentali di questo approccio educativo.

Chi è Janet Lansbury?

Mi ricordo com’ero prima, all’età di circa 23 anni, durante una cena a casa di amici. All’epoca loro avevano un solo figlio che quella sera si stava rifiutando di mangiare e, per rimediare, gli offrivano gentilmente delle alternative o gli dicevano che poteva semplicemente mangiare più tardi se avesse voluto. Io ero perplessa: perché gliela stavano dando vinta? Dov’erano la disciplina e le punizioni?
Ero un’insegnante molto inesperta che credeva di avere tutte le competenze necessarie nell’ambito della gestione dei comportamenti. Gli adulti dovrebbero essere superiori e sapere tutto, non è vero? Come faranno i bambini a imparare come comportarsi se gli adulti non prendono il comando?
Ora, con mia figlia di un anno in braccio e una pila di libri per genitori sulla mensola, capisco cosa vedessi all’epoca. Che i miei amici conoscessero o meno il lavoro di Janet Lansbury, stavano seguendo i fondamenti della genitorialità rispettosa. Dopo aver realizzato come ha funzionato bene per loro, anch’io ho scelto di seguire questo approccio e mi piacerebbe condividere la mia esperienza.
Ma chi è Janet Lansbury?
Prima di raccontarvi come ha guidato il mio viaggio da genitore fino a oggi, vi dico qualche cosa su di lei e su cosa insegna. Janet Lansbury è un “Genitore addestrato/Istruttrice di orientamento infantile”, formatasi con la leggendaria Magda Gerber di cui ripropone molti concetti fondamentali del metodo. Magda Gerber ha proposto un approccio chiamato “Risorse per gli educatori infantili” che prende avvio dalla nozione che i bambini siano persone complete, degni del nostro più profondo rispetto e che quindi dovrebbero essere trattati come tali.
A prima vista, questo assunto non sembra essere rivoluzionario: ovviamente i bambini sono persone! Ovvio che rispettiamo i nostri bambini! Una volta metabolizzato, però, questo approccio si dimostra essere una tecnica parentale controculturale.

Cosa significa rispetto?

Cosa vi viene in mente quando pensate alla parola “rispetto”?
Per me ha a che fare con il prendere nota e riconoscere pienamente i voleri e i desideri degli altri. Qualcuno di noi può veramente dire che questa sia la nostra naturale inclinazione nei confronti dei bambini? Di rispettare totalmente ciò che sentono senza cercare di cambiarlo (per esempio accettando la validità delle loro lacrime senza dire loro che va tutto bene e che non c’è bisogno di piangere)? Di riconoscere sempre l’importanza della loro autonomia fisica (per esempio, parlando loro di cosa sta succedendo mentre gli si cambia il pannolino)?
Questa è la base degli insegnamenti di Gerber e Lansbury: rispettare le volontà e i bisogni di un bambino come validi tanto quanto quelli di un adulto, entro i confini della sicurezza.
«Quando percepiamo i nostri figli come persone capaci, intelligenti, recettive, pronte a partecipare alla vita, iniziare attività, ricevere e restituire gli sforzi che facciamo per comunicare con loro, allora scopriamo che loro sono effettivamente tutte queste cose» spiega Lansbury. «Non sto suggerendo di trattare i bambini come piccoli adulti, hanno bisogno di una vita da bambino, ma anche dello stesso livello di rispetto umano che diamo agli adulti». E poi aggiunge che se chiedeste ai bambini qualche esempio di cura, loro vi risponderebbero. Ecco quali consigli potrebbero offrirvi:

  • Dimmi cosa sta succedendo
  • Dammi attenzioni
  • Ascoltami, non cercare solo di curarmi
  • Lasciami creare e iniziare le mie attività
  • Fidati di me al punto di dirmi la verità

Avendo realizzato con quanta efficacia questo approccio abbia funzionato per i miei amici, e vedendo quanta passione Lansbury metta nel suo lavoro, ho deciso di seguire il suo esempio.

Come parlo a mia figlia

Crescendo negli anni ‘90 e nei primi Duemila, la massima più comune in risposta alle mie lacrime era “va tutto bene”. È una risposta che viene da un amore enorme, ma io cerco di evitarla.
Se un vostro amico fosse in lacrime, vi verrebbe naturale dirgli che, in realtà, il motivo per cui è sconvolto non è così importante e che va tutto bene? Non avrebbe bisogno di piangere? È inverosimile. Molto più probabilmente legittimereste la sua esperienza, gli fareste una tazza di tè e gli offrireste conforto. Questo è l’obiettivo che cerco di raggiungere con mia figlia. Valido i suoi sentimenti quanto più possibile, per quanto ricordo.
Invece di dire “è tutto ok”, si potrebbe dire “ahia, sembri triste!” dopo un ginocchio sbucciato. Come dice Lansbury, «Ascoltami, non cercare solo di curarmi».
Questo atteggiamento si estende anche alle sensazioni di frustrazione. Se mia figlia è arrabbiata, non mi aspetto che lo nasconda. Lansbury consiglia di fare una “cronaca” delle emozioni importanti, invece di cercare di risolverle: racconto ad alta voce cosa vedo e legittimo quel sentire per insegnare a mia figlia che va bene ed è normale, ma intervengo per prevenire qualunque manifestazione fisica di quella rabbia.

Mettere paletti con rispetto

La paura con cui vengo spesso a contatto parlando del modo in cui noi facciamo i genitori, è la mancanza di paletti.
Apparentemente potrebbe sembrare che rispettare i desideri dei nostri bambini sia uguale a non avere dei limiti riguardo a cosa sia accettabile e cosa no; niente di più lontano dalla verità. Infatti, la chiave per rispettare i sentimenti di un bambino, tanto quanto quelli di un adulto, è mettere dei limiti ben precisi e comunicarli.
I limiti potrebbero essere quelli della sicurezza o della praticabilità, e il focus, in tutto ciò, resta sempre legittimare i sentimenti che questi limiti potrebbero suscitare. Se, per esempio, stessimo andando da qualche parte e mia figlia non volesse venire, le spiegherei rispettosamente perché ci stiamo andando e la prenderei in braccio per portarcela. Legittimerei il fatto che sia arrabbiata, se lo è, e non mi aspetterei che cambiasse il modo in cui si sente.

I 5 principi della genitorialità rispettosa

  • Dimmi cosa sta succedendo
    Si dovrebbe parlare con i propri figli di quello che succedendo nelle loro vite. Potrebbe voler dire fare la “cronaca” delle loro frustrazioni o spiegare cosa si farà al supermercato.
  • Ascoltami, non cercare solo di curarmi
    Lansbury condivide l’importanza di ascoltare il bambino senza cercare di cambiare le sue emozioni o risolvere i suoi problemi senza dargli l’opportunità di farlo da solo.
  • Fidati di me al punto di dirmi la verità
    Dire la verità a nostro figlio, in un modo che sia appropriato alla sua età.
  • Dammi attenzioni
    Lansbury condivide l’importanza di comunicare con il bambino ascoltando attivamente i suoi pensieri e le sue idee.
  • Lasciami creare e iniziare le mie attività
    I bambini hanno la capacità di creare meravigliose opportunità di gioco e esperienze di apprendimento senza la costante vigilanza di un adulto che li guidi.

Dalla rivista The Green Parent, articolo di Emily Hanson

Traduzione di Francesca Fornero

Un commento

    • Annetta

    • 7 mesi fa

    perché un bambino dovrebbe essere obbligato ad andare in dei posti decisi da altri? tua figlia viene coinvolta nella scelta di dove andare?

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